Dopo aver sottoposto il corpo a un intervento di protesi all’anca o al ginocchio, può essere difficile affrontare alcune attività quotidiane, come andare in bagno e utilizzare il gabinetto. Tuttavia, ci sono alcuni accorgimenti che è possibile adottare per rendere questo processo più agevole e sicuro. In questo articolo, scopriremo come sedersi e alzarsi dal gabinetto in modo corretto dopo un intervento di protesi.
Preparazione e supporto
Prima di esplorare le tecniche corrette per sedersi e alzarsi dal gabinetto, è importante assicurarsi di avere un ambiente sicuro e supporti adeguati. Un buon porta-asciugamani o degli appoggi stabili vicino al gabinetto possono essere di grande aiuto in questa fase. Inoltre, verificare se la casa dispone di sedie con braccioli, che possono facilitare il processo di seduta e alzata.
Sedersi sul gabinetto
Il metodo per sedersi sul gabinetto dopo un intervento di protesi è simile a quello utilizzato per sedersi su una sedia. Seguire attentamente questi passaggi:
Portare avanti la gamba operata: Quando ci si prepara a sedersi, assicurarsi di spostare la gamba operata in avanti, mentre la gamba sana viene piegata per facilitare la seduta. Questo evita di sovraccaricare l’articolazione operata e offre supporto alla stessa.
Piegarsi con cautela: Piegatevi in modo controllato verso il gabinetto, assicurandovi di mantenere la schiena dritta per ridurre lo stress sulla protesi.
Utilizzare un appoggio se necessario: Se il vostro gabinetto è molto basso o avete una corporatura alta, potrebbe essere utile utilizzare un alza-water, una struttura in plastica che solleva la seduta del gabinetto. Questo riduce la pressione sulle articolazioni durante la seduta e l’alzata.
Alzarsi dal gabinetto
Per alzarsi dal gabinetto dopo un intervento di protesi, seguire questi suggerimenti:
Portare avanti la gamba operata: Come fatto precedentemente, spingere la gamba operata in avanti mentre ci si prepara ad alzarsi. Utilizzare la gamba sana come supporto durante il movimento.
Spingere con cautela: Spingere con forza sulla gamba sana per alzarsi dal gabinetto in modo controllato e sicuro.
Ulteriori risorse
Ricordate che un recupero efficace dopo un intervento di protesi richiede tempo, pazienza e corretta pratica. Per ottenere ulteriori consigli e istruzioni dettagliate, potete fare riferimento al canale YouTube Chirurgiarticolare dell’autore di questo articolo, dove troverete tutorial, esercizi e informazioni utili sul recupero post-operatorio.
Conclusione
In conclusione, imparare a utilizzare correttamente il gabinetto dopo un intervento di protesi può contribuire a rendere il processo di andare in bagno più sicuro e confortevole. Ricordate di adottare accorgimenti come portare avanti la gamba operata, utilizzare supporti adeguati e, se necessario, ricorrere a dispositivi di sollevamento come l’alza-water. Non esitate a consultare risorse aggiuntive, come il canale YouTube consigliato, per ulteriori indicazioni e istruzioni dettagliate. Mantenete sempre la sicurezza al primo posto durante il vostro percorso di recupero post-operatorio.
Il giorno dell’intervento e il recupero in reparto
Il giorno dell’intervento, dopo essere rientrati in reparto, si entra nella fase che comunemente chiamiamo “giorno zero”. Questa giornata segna l’esecuzione dell’intervento chirurgico e si concentra principalmente sul recupero delle funzioni corporee e sull’eliminazione dell’effetto dell’anestesia, specialmente per gli arti inferiori, come anca e ginocchio.
Il recupero delle funzioni e l’eliminazione dell’anestesia
Ebbene, tutta la prima fase è dedicata al recupero delle funzioni e al passaggio dell’anestesia, specialmente per l’arto inferiore. Il fisioterapista vi farà alzare dal letto, mettendovi prima seduti a bordo letto e successivamente alzandovi in piedi con l’ausilio delle stampelle. Vi insegnerà anche come rimettervi a letto. Questi semplici movimenti rappresentano il primo passo verso il ritorno alla normalità e il recupero dopo l’operazione.
La prima seduta di fisioterapia e l’utilizzo della macchina del ghiaccio
La prima seduta di fisioterapia consiste nell’apprendere i movimenti basilari. Inoltre, vi verrà applicata una macchina del ghiaccio che produce freddo e compressione nell’area dell’articolazione interessata, particolarmente per i pazienti con arti inferiori. Questa compressione a freddo riduce notevolmente gli edemi e il gonfiore della gamba, facilitando il processo di guarigione e l’esecuzione degli esercizi nei giorni successivi.
Opzione di noleggio della macchina del freddo per la terapia domiciliare
È possibile anche noleggiare una macchina del freddo da portare a casa per continuare la terapia fisica con il freddo. Per maggiori informazioni su come ottenere questa macchina, potete rivolgervi alla mia segretaria, che vi fornirà tutti i contatti necessari.
Gli obiettivi del giorno zero
Alla fine del primo giorno, gli obiettivi principali da raggiungere sono: essere in grado di alimentarsi autonomamente, utilizzare il bagno in modo indipendente e acquisire autonomia nei trasferimenti dal letto alla sedia, dalla sedia in piedi, in piedi alla sedia e dalla sedia al letto. Questi sono gli obiettivi da raggiungere. Durante il primo giorno, ovviamente, non si percorrono distanze superiori a 10-15 metri, poiché l’obiettivo è evitare di infiammare l’articolazione. Tuttavia, la verticalizzazione è estremamente importante poiché aiuta a riacquistare fiducia e forza nell’articolazione, facendovi sentire che già dal primo giorno è in grado di sosten
ere il peso del corpo.
Preparazione a casa e esercizi nel recupero post-operatorio
Nei video successivi, vedremo come eseguire gli esercizi e come prepararci a casa per sapere in anticipo cosa fare durante i giorni di recupero post-operatorio.
La riattivazione della pompa muscolare dopo un intervento di protesi
Introduzione
La prima cosa che vi verrà richiesta in reparto è di cominciare ad attivare la vostra pompa muscolare, cioè ricominciare a muovere il quadricipite. Questo è il primo esercizio più semplice per tornare di nuovo proprietari della propria articolazione dopo gli interventi di protesi di anca e di ginocchio.
Esercizio di movimento del quadricipite
Nello specifico, il paziente è sdraiato e gli viene chiesto di muovere su e giù il piede e le caviglie. Questo movimento, simile a schiacciare e mollare il pedale di un freno dell’acceleratore, riattiva il muscolo del polpaccio e favorisce la circolazione del sangue verso il centro.
Benefici dell’esercizio
Questo esercizio può sembrare banale e molto semplice, ma è veramente importante. Riattiva l’intera circolazione sanguigna e aiuta a prevenire il rischio di trombosi delle vene profonde, che è uno dei rischi dopo un intervento di protesi. L’esercizio favorisce il movimento del sangue, evitando la stasi e riducendo significativamente il rischio per i pazienti.
Recupero dopo protesi di anca e di ginocchio: la contrazione isometrica del quadricipite
Esercizio fondamentale per recuperare la forza nell’articolazione e riattivare il muscolo
Questo è un esercizio fondamentale per recuperare la forza nell’articolazione e per riattivare il muscolo che è uno tra i primi responsabili della funzione della nostra gamba per il cammino.
Prima si piega la gamba sana e con questo movimento si stabilizza il bacino poi si mette il piede a martello, si tira a 90 gradi il piede su, si schiaccia il ginocchio contro il letto, quindi si fa scomparire lo spazio che c’è tra il ginocchio e il letto, e si mantiene contratto per 3-4 secondi il muscolo. Questa è la prima fase è una fase propedeutica poi si può rilasciare per riposarsi e poi di nuovo si può ripetere l’esercizio: piede a martello, schiacciare indietro, tenere contratto il muscolo.
Questa è la prima fase propedeutica per qualsiasi altro esercizio alzarsi dal letto richiederà questo tipo di sforzo, fare gli esercizi per stendere il ginocchio e recuperare il movimento richiederà questo tipo di sforzo, quindi già dal giorno zero appena tornati in reparto questo sarà un esercizio che potete fare senza problemi per riattivare la vostra muscolatura. Sembra una cosa piccola però dalle cose piccole poi giorno per giorno costruiremo quello che è il nostro protocollo di recupero rapido.
Scendere dal letto dopo un intervento di protesi
Gestire la manovra in sicurezza con alcuni consigli
Scendere dal letto dopo un intervento di protesi sembra una cosa banale, ma appena operati diventerà difficile anche quello che all’inizio poteva sembrare semplice. Scendere dal letto con alcuni consigli è una manovra che possiamo gestire in sicurezza e che nel nostro reparto dove seguiamo un protocollo di recupero rapido avviene già il giorno stesso dell’intervento e fa parte degli esercizi di base di quello che chiamiamo il giorno zero, il giorno dell’intervento.
E va bene vediamo allora come si fa a fare in sicurezza questa cosa. Per scendere dal letto la prima cosa da fare è portare il piede della gamba sana sotto il piede della gamba operata, in questo modo la gamba operata è sostenuta vedete da una visione frontale come si fa si entra sottopiede, a questo punto la gamba è sostenuta e si può gradualmente sollevare la gamba facendo forza con quella sana e fare un movimento di rotazione del busto per portare entrambe le gambe fuori dal letto.
E a questo punto il gioco è fatto, si accompagna la discesa della gamba operata aiutandosi con quella sana e la posizione seduta è stata raggiunta. Quindi questo è un movimento base che sarà il primo che il fisioterapista vi insegnerà in reparto. Esercitatevi a casa anche senza aver fatto la protesi in modo da capire bene in che modo facilmente potete aiutarvi e aiutare chi vi sta intorno per passare dallo sdraiato alla posizione seduta a bordo letto.
E ora vediamo come salire sul letto dopo un intervento di protesi
Tutti i movimenti dopo l’intervento
Tutti i movimenti che prima di operarsi ci sembravano normali, dopo essere operati nelle prime fasi possono essere difficoltosi. Questa è la strategia migliore per riuscire a risalire nel letto dalla posizione seduta dopo un intervento di protesi.
La posizione iniziale
Il paziente è seduto a bordo letto con le gambe giù dal letto per salire. Come prima cosa, si prende con il piede sano il tallone della gamba operata per aiutare la gamba operata a sollevarsi, applicando la forza con la gamba sana. Con una rotazione del busto, si portano entrambe le gambe sul letto.
La posizione sdraiata
A questo punto, si può ritrarre il piede da sotto la gamba operata e la posizione raggiunta è quella sdraiata. In queste fasi spezzettate del movimento, si riesce a ottenere quello che è un movimento naturale, anche appena dopo l’intervento. Questo raggiungerete il giorno stesso dell’intervento in reparto, grazie al nostro fisioterapista e al nostro protocollo di recupero rapido.
Camminare con le stampelle dopo l’intervento
Importanza del primo giorno post-operatorio
È molto importante camminare con le stampelle già dal primo giorno post-operatorio. Anche se i passi potrebbero essere piccoli e potreste aver bisogno di un deambulatore, le stampelle sono un esercizio fondamentale per non inciampare, non infiammare il ginocchio e per diventare autonomi nelle attività quotidiane.
Come camminare con le stampelle
Il paziente utilizza due bastoni canadesi, uno da ciascun lato. Porta avanti entrambe le stampelle, poi porta avanti la gamba operata appoggiando bene il tallone. Il piede viene sollevato con la punta sollevata, e poi viene portata in pari la seconda gamba.
Tecnica corretta
È importante che le stampelle vadano avanti per prime. Il passo non deve essere troppo lungo, e il tallone del piede operato deve toccare il suolo come prima cosa. Non cercate di andare di punta a toccare il pavimento. Successivamente, si scende di punta con l’altro piede e si porta in pari. Ripetere il movimento con entrambe le gambe.
Se imparate a fare questo movimento correttamente anche prima dell’intervento, sarete autonomi molto più velocemente. Questo è l’esercizio madre di tutti gli esercizi che vi permetterà di avere il recupero rapido che meritate.
Quanto tempo e come utilizzare le stampelle dopo un intervento di protesi
L’utilizzo delle stampelle dopo un intervento di protesi
Dopo aver completato l’intervento di protesi, è necessario decidere per quanto tempo si dovranno utilizzare le stampelle. In generale, il periodo consigliato è di 4-6 settimane, a seconda delle circostanze specifiche.
Motivi per l’utilizzo delle stampelle
Contrariamente a quanto si potrebbe pensare, le stampelle non vengono utilizzate principalmente perché la protesi non è in grado di sostenere immediatamente il peso del corpo. Infatti, già il giorno stesso dell’intervento, vi verrà chiesto di camminare per testare la solidità della protesi. Il motivo principale per l’utilizzo delle stampelle è la necessità di proteggere i tessuti circostanti.
Riduzione del carico e prevenzione dell’infiammazione
L’utilizzo delle stampelle riduce il carico di lavoro sulle articolazioni appena operate, prevenendo così l’infiammazione dei tessuti circostanti. Questo è particolarmente importante dopo un intervento di protesi, in cui i tessuti potrebbero essere sensibili e richiedere un periodo di guarigione adeguato.
Mantenere l’equilibrio e prevenire le cadute
Dopo un intervento di protesi, può essere difficile mantenere l’equilibrio e c’è un rischio aumentato di cadute, soprattutto se si è stati limitati nei movimenti a causa dell’artrosi. Le stampelle forniscono un supporto stabile e aiutano a prevenire cadute indesiderate, riducendo così il rischio di danni all’articolazione appena impiantata.
Progressivamente abbandonare le stampelle
Di solito, dopo circa tre-quattro settimane, una delle due stampelle può essere abbandonata. È importante notare che la stampella da abbandonare è quella del lato opposto a quello operato. Ad esempio, se è stata eseguita una protesi all’anca destra, la stampella sinistra sarà mantenuta per fornire un maggiore supporto all’articolazione operata. Successivamente, si può passare all’utilizzo di una sola stampella e, con il tempo, abbandonarla del tutto.
Uso delle stampelle in situazioni specifiche
Anche quando si cammina senza stampelle, potrebbe essere utile conservarne una per determinate situazioni. Ad esempio, se si affronta un terreno irregolare o si visita un ambiente affollato, la stampella può offrire un ulteriore sostegno e servire da segnale per gli altri, indicando che si è in fase di convalescenza dopo un intervento.
Tempi di recupero variabili
È importante comprendere che i tempi di recupero senza alcun ausilio, come le stampelle, possono variare considerevolmente da persona a persona. Fattori come la durata dell’immobilità pre-operatoria, l’età del paziente, lo stato dell’articolazione e i procedimenti aggiuntivi eseguiti durante l’intervento possono influire sulla capacità di camminare senza assistenza. È sempre meglio seguire le indicazioni del medico e del fisioterapista per un recupero sicuro ed efficace.
L’importanza dell’uso corretto delle stampelle
Infine, è fondamentale utilizzare le stampelle correttamente per massimizzare i benefici e garantire la sicurezza durante la riabilitazione. Un video dedicato illustra le modalità corrette di utilizzo delle stampelle nelle prime fasi del recupero dopo un intervento.
Conclusione:
Le stampelle sono un supporto indispensabile per l’arto inferiore dopo un intervento di protesi. Consentono di alleggerire il carico di peso sull’articolazione, prevenire l’infiammazione dei tessuti circostanti e mantenere l’equilibrio durante la deambulazione. Seguire le indicazioni del medico e del fisioterapista è fondamentale per determinare per quanto tempo utilizzare le stampelle e per imparare a utilizzarle correttamente. Gradualmente, si potrà abbandonare l’uso delle stampelle e riprendere le normali attività quotidiane, garantendo una corretta guarigione e un recupero ottimale.
Non ti fare operare alla spalla senza valutare attentamente il tuo caso: Un approccio personalizzato per le lesioni ai tendini
Lesioni tendinee della spalla: non sono tutte uguali
Hai mai sentito qualcuno dire di non voler farsi operare alla spalla perché ha sentito storie negative da amici o conoscenti? È importante smettere di generalizzare e capire che ogni caso di lesione ai tendini della spalla è unico. In questo articolo, esploreremo l’importanza di un approccio personalizzato per le lesioni ai tendini della spalla, considerando diverse variabili come l’estensione della lesione, l’età e le esigenze funzionali del paziente.
Valutare l’individualità delle lesioni tendinee
Prima di tutto, è importante comprendere che le lesioni ai tendini non sono tutte uguali. Potreste avere una piccola lesione localizzata, una lesione più ampia o una vecchia lesione che richiede attenzioni specifiche. Inoltre, il muscolo dietro al tendine può essere ancora in buone condizioni o completamente atrofizzato nel tempo. Ogni caso merita di essere affrontato singolarmente, senza generalizzazioni.
Considerare l’età e lo stile di vita del paziente
La seconda cosa da considerare è l’età della persona. Questa varia notevolmente da individuo a individuo. Ci sono anziani che hanno una vitalità sorprendente e conducono uno stile di vita attivo, praticando sport come l’arrampicata, il golf e giocando a tennis. La qualità della loro vita richiede una riparazione del tendine. Al contrario, ci sono anziani che conducono uno stile di vita più sedentario e magari non necessitano dello stesso tipo di intervento per una lesione simile.
Stato della cartilagine: c’è artrosi alla spalla?
Inoltre, non dobbiamo dimenticare che la spalla è costituita da un gruppo di articolazioni. Ci sono una serie di altre articolazioni e alterazioni che possono essere colpite. Ad esempio, la cartilagine può essere in buone o cattive condizioni e ciò influisce radicalmente sui risultati di un intervento di riparazione dei tendini della cuffia dei rotatori.
A volte la protesi di spalla può essere un’alternativa
Talvolta le lesioni tendinee possono essere così estese e gravi da richiedere l’impianto di una protesi di spalla. Questo passo va considerato attentamente nel caso in cui ci sia anche una grave artrosi con perdita della cartilagine della spalla. È importante valutare caso per caso e considerare l’approccio più adatto a ciascun paziente.
I transfer muscolo tendinei possono essere un’alternativa alla protesi
In quei pazienti in cui la perdita dei tendini comporti una grave riduzione della forza e dove non ci sia un danno cartilagineo rilevante, si può procedere a un trapianto di tendine prendendolo dalla schiena.
A questo livello esistono sia tranfer di gran dorsale sia transfer di trapezio inferiore: ho scritto un articolo che descrive esattamente queste tecniche di transfer muscolotendinei.
L’importanza dell’analisi personalizzata
Quindi, è chiaro che il discorso generalista che abbiamo fatto all’inizio non è molto intelligente. Bisogna approfondire la situazione e capire paziente per paziente cosa può essere utile o non utile fare. Consultare uno specialista qualificato, come un ortopedico o un fisioterapista, è essenziale per valutare la gravità della lesione, l’età del paziente, le condizioni della cartilagine e le possibili opzioni di trattamento. Ogni individuo merita un’analisi personalizzata per garantire il miglior risultato possibile nella riparazione dei tendini della spalla.
In conclusione, le lesioni tendinee della spalla richiedono un’approccio individuale e personalizzato. Non si può fare una generalizzazione basata su esperienze personali o opinioni altrui. È fondamentale consultare professionisti qualificati e valutare attentamente la situazione del paziente, tenendo conto di fattori come la gravità della lesione, l’età, lo stile di vita e le condizioni delle articolazioni circostanti. Solo attraverso un’analisi personalizzata si può prendere la decisione migliore per il trattamento delle lesioni tendinee della spalla e garantire il recupero ottimale del paziente.
Intervento di protesi d’anca: movimenti da evitare per una pronta guarigione
Introduzione
L’intervento di protesi d’anca è una procedura medica comune che può migliorare significativamente la qualità della vita delle persone affette da problemi articolari. Tuttavia, è importante prestare attenzione a certi movimenti durante il periodo post-operatorio per evitare complicanze come la lussazione. In questo post, esploreremo i movimenti da evitare e forniremo consigli per una pronta guarigione dopo l’intervento di protesi d’anca.
Movimenti da evitare per prevenire la lussazione
Dopo l’intervento di protesi d’anca, alcune posizioni e movimenti possono aumentare il rischio di lussazione. È fondamentale evitare di raggiungere il piede passando dall’esterno del ginocchio. Questo movimento può mettere la protesi in una posizione pericolosa. Ad esempio, quando si tagliano le unghie dei piedi, è importante raggiungere il piede passando dall’interno del ginocchio per mantenere la protesi stabile.
Prendere oggetti da terra
Quando si prendono oggetti da terra, evitate di piegare eccessivamente in avanti il tronco. Questo potrebbe mettere a rischio l’articolazione dell’anca. Invece, provate a portare indietro la gamba operata e prendere l’oggetto con la mano. Questo ridurrà l’angolo di movimento dell’anca, minimizzando il rischio di lussazione.
Sport a basso impatto
Dopo l’intervento di protesi d’anca, è importante prendersi cura durante la pratica di attività sportive. Mentre gli sport a basso impatto possono essere adatti, è consigliabile evitare quelli che comportano rischi maggiori quando si è soli. Ad esempio, lo windsurf o l’arrampicata in solitaria possono essere pericolosi in caso di incidente o lussazione, poiché potrebbe essere difficile ottenere assistenza immediata.
Prevenzione e attenzione quotidiana
Nonostante il rischio di lussazione sia relativamente basso, è importante prestare attenzione ai movimenti nella vita quotidiana. Evitate di compiere azioni che potrebbero esporre la protesi a un rischio di lussazione quando siete soli e senza l’assistenza di qualcuno.
Conclusione
L’intervento di protesi d’anca è una procedura sicura che può migliorare notevolmente la mobilità e la qualità della vita. Evitando alcuni movimenti specifici, come raggiungere il piede dall’esterno del ginocchio e piegarsi eccessivamente in avanti per prendere oggetti da terra, si può ridurre significativamente il rischio di lussazione. Inoltre, nell’attività fisica post-operatoria, è importante scegliere sport a basso impatto e assicurarsi di essere accompagnati da qualcuno quando si pratica in situazioni potenzialmente rischiose. Seguendo queste precauzioni, è possibile godere di una pronta guarigione e tornare a un’attiva e gratificante vita quotidiana dopo l’intervento di protesi d’anca.
La frontiera della riparazione tendinea? La biologia
Negli ultimi 15 anni la chirurgia della spalla ha visto un’evoluzione della tecnica e delle procedure come nessun’altra articolazione del corpo umano. Siamo passati da interventi a cielo aperto con il taglio, all’uso dell’artroscopia. Siamo evoluti da interventi di ore a ottime riparazioni eseguibili in 30-40 minuti di intervento mini invasivo. Abbiamo avuto dalle aziende materiali sempre migliori per le riparazioni dei tendini lesionati della cuffia dei rotatori. Eppure ancora oggi abbiamo dei fallimenti in questa complessa soluzione al problema della riparazione dei tendini della cuffia dei rotatori. Vediamo in questo articolo come è cambiato l’approccio alla riparazione delle lesioni della cuffia dei rotatori in epoca moderma.
Come sono cambiati i punti deboli della chirurgia
Il primo problema chirurgico che abbiamo affrontato negli anni 90 era riuscire a vedere bene con le telecamere dentro un’articolazione così complessa come la spalla. Si tratta di muoversi in spazi angusti che possono sanguinare durante la chirurgia. Nonostante tutto questo i sistemi di pompa artroscopica e l’evoluzione delle anestesie hanno consentito di controllare questo problema. Il punto si è dunque spostato su come legare i tendini rotti all’osso da cui si sono staccati.
Dalla mobilizzazione delle ancore alla rottura dei fili
Le ancore ossee sono state il primo problema. Essendo impossibile la tecnica ago e filo usata in chirurgia tradizionale il sistema si è evoluto sviluppando mini viti da inserire nell’osso per collegare i fili della riparazione. Il disegno si è evoluto cosi tanto nel tempo da portare ad ancore iper-resistenti di titanio, poi riassorbibili e ora virtualmente assenti mediante ancoraggi tutti di filo. Il problema è passato dunque ai fili che si strappavano sotto la tensione degli annodamenti. Anche questo è stato risolto mediante fili ad elevata resistenza che oggi equiparano la tenuta di un cavo d’acciaio. Inoltre l’aggressività del filo sul tendine è stata affrontando trasformando i fili in fettucce con scarsissimo effetto di taglio sul tendine riparato. Ad oggi possiamo dire che il mercato offre fissazioni per tutti i gusti che hanno superato tutti i più comuni problemi di riparazione dei tendini.
La biologia alla base della mancata guarigione
Eppure la letteratura scientifica riporta fallimenti dal 10 al 70% delle riparazioni eseguite con tecniche moderne. La grande variabilità dei risultati dipende certamente da quanto in fretta si opera una lesione e da quanto sia grande e degenerata la lesione che viene riparata. La motivazione del fallimento sembra legata principalmente alla capacità di guarigione biologica dei tessuti che se degenerati stentano a cicatrizzare favorendo nuove rotture. Il cardine del decennio 2020-2030 sarà quello di trovare un modo di aumentare la biologia e le capacità riparative del tendine sovraspinato lesionato per ottenere percentuali di guarigione superiori al 95% in tutte le categorie di pazienti. Vediamo quali siano ad oggi le tecniche più promettenti per migliorare il successo delle nostre riparazioni della cuffia dei rotatori.
Come migliorare la biologia per ottenere risultati migliori
Migliorare la biologia della cuffia dei rotatori rotta deve essere il pilastro di ogni procedura di riparazione tendinea. Ci sono accorgimenti semplici di tecnica che permettono già di ottimizzare il nostro risultato, ci sono poi aiuti biologici esterni che possono essere sfruttati a tutto vantaggio della guarigione tendinea.
La preparazione del tendine
Prima di tutto la preparazione dei tessuti. La cuffia dei rotatori lesionata perde vitalità nel tempo. La prima cosa più importante dunque consiste nel rivitalizzare i tessuti. Questo si può fare pulendo molto bene il tendine e il letto osseo per farlo sanguinare prima della riparazione. La chirurgia inoltre deve essere rapida e poco invasiva sui tessuti. Si è visto infatti che la borsa sottoacromiale contiene una grande quantità di cellule mesenchimali indifferenziate che favoriscono la guarigione. Se si esegue una borsectomia troppo radicale possiamo perdere il ruolo di questo tessuto nella guarigione biologica.
Uso di ancore bio-induttive
La scelta delle ancore può influenzare la guarigione del tendine della cuffia dei rotatori. Un’ancora che permette la fuoriuscita di cellule dal midollo osseo certamente favorirà una migliore guarigione. Esistono oggi ancore ampiamente traforate per consentire una perfetta integrazione con l’osso e la fuoriuscita delle cellule mesenchimali. Esistono anche ancore tutte di filo che minimizzano l’invasione dell’osso.
La procedura comporta un minimo aumento del tempo chirurgico e si è dimostrata sicura e riproducibile.
Lo stimolo con fattori di crescita
L’uso delle membrane permette inoltre di combinare ulteriori stimoli che si ottengono aggiungendo al di sotto del rinforzo di collagene il risultato di una estrazione di fattori di crescita dal sangue periferico in modo da stimolare la guarigione ulteriormente. In questo caso la membrana fa da spugna per trattenere e concentrare l’estratto piastrinico mantenendolo in continuità con la lesione riparata.
L’uso di cellule staminali
Un’ulteriore progressione che è tuttavia sperimentale potrebbe considerare di aggiungere alla riparazione anche un concentrato di cellule staminali per farle differenziare in tendine localmente in modo da migliorare anche la cellularità della riparazione trasformandola in una vera e propria rigenerazione tendinea.
Conclusioni per migliorare la guarigione dei tendini della cuffia dei rotatori
In conclusione le lesioni tendinee della cuffia dei rotatori con distacco del sovraspinato sono una sfida terapeutica non tanto per la riparazione in sé quanto per la vera capacità biologica riparativa del tendine che viene riparato. A oggi la ricerca sta continuando a proporre metodi per migliorare questo aspetto che sembrano tradursi in un vero vantaggio nelle ultime presentazioni scientifiche. Un obbligo del chirurgo è tenersi continuamente aggiornato per offrire il meglio dello stato attuale della ricerca ai propri pazienti per migliorare i risultati della chirurgia.
Quando ci si prepara per un intervento di protesi di anca molte sono le domande che il paziente si pone. Una tra tutte è la più comune: quando potrò riprendere a camminare dopo l’intervento? Il cammino è ciò che ci rende liberi e indipendenti, è una delle motivazioni fondamentali all’intervento per chi decide di operarsi. Ebbene la risposta è semplice: in un centro fast track il paziente che si opera di protesi all’anca non smette mai di camminare. Vediamo perché.
Riprendere a camminare dopo protesi anca: la pre-abilitazione
Uno degli aspetti fondamentali di chi soffre di un’artrosi all’anca è non lasciare che la malattia possa ridurre drasticamente la funzione articolare. Sembra un controsenso, ma il paziente è il primo artefice nell’ostacolare le conseguenze della malattia artrosica. Chi sa di soffrire di artrosi deve cominciare precocemente la sua battaglia contro la rigidità. L’artrosi infatti, a causa dell’infiammazione e della formazione di osteofiti, tende a ridurre giorno per giorno l’elasticità del movimento.
Allungare i tessuti con lo stretching e rinforzare la muscolatura
I tessuti però possono essere allungati con lo stretching. Con la stessa motivazione di un atleta il paziente può continuare a mantenere l’elasticità dei tessuti con esercizi di allungamento in palestra o a casa. Se il movimento è preservato, la ripresa delle attività e il ritorno al cammino saranno molto facilitate. La serie di esercizi per mantenere l’elasticità si affiancano agli esercizi per la forza. Sulla forza bisogna essere più attenti, perché gli esercizi di rinforzo possono infiammare l’articolazione rendendo vano lo sforzo. Generalmente gli esercizi in acqua, il nuoto e la bicicletta sono le attività ideali per rinforzare i muscoli e tornare a camminare dopo una protesi con maggiore facilità. Non dimentichiamoci poi degli altri muscoli. Quanto spesso trascuriamo il rinforzo dei muscoli addominali e dei muscoli posturali. Un core forte è la base per costruire il resto del movimento. Alzarsi dal letto e riprendere a camminare bene dopo una protesi all’anca sarà molto più facile se la parte centrale del corpo è tonica.
Riprendere a camminare dopo protesi anca: le tecniche chirurgiche
Non è il paziente da solo che è responsabile della ripresa del cammino dopo una protesi di anca. Anche le tecniche chirurgiche sono fondamentali. Da molti anni abbiamo applicato nel nostro reparto i principi del Fast Track, che prevedono di non fermare mai il cammino del paziente. Si tratta di mettere in piedi e far riprendere a camminare il paziente dopo una protesi di anca il giorno stesso dell’intervento. In realtà questo obiettivo fondamentale nel recupero del paziente è solo la conseguenza di una serie innumerevole di cambiamenti che abbiamo apportato alle tecniche chirurgiche. Mini invasività, ridotte perdite di sangue, interventi brevi – questi sono i cardini del recupero rapido e del cammino immediato per il paziente.
Riprendere a camminare dopo protesi anca: le attenzioni mediche
Non solo la chirurgia influenza il risultato. Anche la gestione medica è fondamentale. Per riprendere a camminare bisogna avere un ottimo compenso della funzione generale. Con l’attenzione alla preparazione medica del paziente si può:
controllare l’anemia pre-operatoria;
evitare le flebo e i cateteri, che sono di impaccio alla ripresa del cammino;
evitare le ipotensioni nell’alzarsi in piedi, che possono causare giramenti di testa e cadute al paziente.
Riprendere a camminare bene dopo protesi di anca: i materiali protesici
Anche la qualità della protesi impiantata è fondamentale nella ripresa del paziente. Le protesi moderne infatti hanno una stabilità primaria incredibile fin dal primo momento. Le stampe tridimensionali dell’impianto consentono di ottenere delle protesi che si imparentano da subito con l’osso e sono talmente stabili da consentire un carico completo di tutto il peso corporeo senza rischi. Anche in una categoria di persone come i pazienti con grave osteoporosi, le moderne tecniche di cementazione consentono di raggiungere una enorme stabilità dell’impianto. Tradotto in pratica la protesi moderna consente di essere caricata con il 100% del peso corporeo da subito, permettendo di riprendere a camminare dopo l’intervento di protesi d’anca senza dover aspettare.
Riprendere a camminare dopo protesi di anca: il ruolo chiave del cammino nella riabilitazione
Il cammino dopo una protesi d’anca è terapeutico. Il più delle volte l’unica riabilitazione che chiediamo al paziente è camminare. Nel cammino il paziente esercita i muscoli e ritorna prima a stare bene. Il consiglio iniziale è questo: poco tempo in piedi più volte al giorno è la chiave del successo. Tanto più ci si sente in forza, tanto più si aumenta il numero delle volte che si cammina. Il consigli è quello di fare inizialmente 10-15 minuti di cammino 4-5 volte al giorno, intervallando l’esercizio con il riposo magari mantenendo la gamba elevata. Questa è la migliore terapia per riprendere a camminare dopo protesi d’anca.
In conclusione
Riprendere a camminare dopo una protesi d’anca significa non smettere mai di farlo, aiutati dalla tecnica chirurgica, dalla terapia medica e dalla qualità della protesi impiantata. Un percorso possibile per tutti se si parte con il piede giusto.
L’anca è una delle articolazioni più importanti del corpo umano. Che si cammini, si corra o semplicemente ci si alzi da una sedia, quando c’è qualcosa che non va ci se ne accorge facilmente. Il dolore al fianco può essere estremamente invalidante e impedire le normali attività quotidiane. Molto spesso però questo dolore non è pericoloso e dipende da una patologia che prende il nome di borsite. Nel prosieguo di questo articolo andremo dunque a capire come si origina e come curarla. Una piccola precisazione prima di procedere con la lettura: i termini borsite all’anca e borsite trocanterica sono sinonimi e quindi del tutto equivalenti.
Borsite all’anca di cosa si tratta
Cosa sono le borse sinoviali?
Le borse sinoviali (dette anche borse sierose o borse mucose) sono delle strutture sierose, sacche contenenti siero che hanno lo scopo di far scorrere tra loro fasce tendinee e ossa. In altre parole le borse sinoviali sono disposte in punti strategici del corpo umano per bloccare o ridurre lo sfregamento, l’attrito e gli urti che coinvolgono ossa, tendini, legamenti e tessuti.
Le borse sinoviali sono dunque degli ammortizzatori collocati in tutti quei punti in cui ci sono delle frizioni tra strutture diverse. Strutture afferenti a più tessuti che convivono in prossimità proprio grazie alla presenza ammortizzante di una borsa sierosa. Tutto funziona a meraviglia fino a quando la borsa non si infiamma.
La frizione a livello dell’anca che genera dolore
A livello dell’anca la maggiore frizione si ha tra l’osso detto trocantere e la borsa che fa scivolare la fascia lata, la fascia profonda della coscia su questo osso. Si parla in questo caso di borsite trocanterica o borsite all’anca.
La diagnosi della borsite
Borsite trocanterica quali sono le cause
Ad oggi non si conoscono precisamente le cause che condizionano la comparsa della borsite trocanterica. Spesso le cause della borsite anca possono essere multifattoriali. L’incidenza maggiore in genere si ha nelle donne di età compresa tra i 45 ed i 65 anni, in quanto per conformazione del bacino hanno un maggior attrito tra fascia lata e trocantere. Altre volte è semplicemente lo sport come la corsa prolungata o il ciclismo. Inoltre, molto spesso può essere un trauma l’origine di tutto il problema.
Borsite all’anca quali sono i sintomi
I sintomi della borsite trocanterica includono generici dolori articolari e acuita sensibilità al dolore. Spesso la borsite all’anca produce gonfiore e vampate di calore a ridosso della zona interessata. Il sintomo principale della borsite trocanterica è il dolore nella zona dell’inguine e del gluteo, che inizialmente si manifesta di solito in modo intenso e specificatamente topico. Tuttavia, se non curato, il dolore può estendersi oltre l’area propria dell’anca, allargarsi all’intera coscia ed arrivare fino al ginocchio. In sintesi, i sintomi della borsite all’anca possono essere descritti come segue:
Dolore al fianco.
Può iniziare molto acuto, poi diventa un dolore diffuso che si può irradiare a tutta la coscia.
Peggiora dormendo sul fianco, talvolta non si riesce proprio a dormire su quel lato.
Spesso nelle attività si scioglie un po’ e diminuisce, mentre a riposo o nei primi movimenti è più intenso.
La terapia per la borsite all’anca
Borsite trocanterica come va trattata
Dopo che la diagnosi è stata fatta con la visita, e sono state eventualmente escluse con approfondimenti altre cause che possano aver determinato il problema, si passa alla terapia. La prima fase è sempre non chirurgica. Si tratta di cercare di ridurre l’infiammazione modificando i comportamenti, usando molto stretching prima delle attività. Se le precauzioni non bastano si può passare a infiltrazioni. La cosa più utile è l’infiltrazione ecoguidata che riesce a instillare direttamente nella borsa un cortisonico che agisce da antinfiammatorio. Generalmente con 1 o massimo 2 punture si risolve il problema per molto tempo. Diventa poi fondamentale avere precauzioni per evitare che ritorni il problema mediante esercizi che si imparano in fisioterapia.
I tutori ortopedici sono stati una grande acquisizione dell’ortopedia moderna. Hanno infatti consentito di immobilizzare le articolazioni sostituendo in gran parte la necessità di ingessare le ossa. Vediamo in questo articolo quali tutori ortopedici sono utili e come devono essere utilizzati i vari modelli. Parleremo inoltre di quei casi in cui il tutore è meglio evitarlo, o comunque usarlo con parsimonia.
I Tutori Ortopedici: Cosa Sono
Il tutore ortopedico è un presidio medico che consente di immobilizzare o supportare un’articolazione perché possa guarire dopo un infortunio o un intervento, oppure possa disinfiammarsi in caso di artrosi. I tutori ortopedici sono oggetti morbidi rinforzati da stecche, disegnati e progettati in maniera ergonomica per accogliere i nostri arti.
Tutori per la Spalla
Tutori Ortopedici e Fratture della Spalla
Per le fratture della spalla i tutori ortopedici si usano spesso. Si tratta generalmente di immobilizzazioni per fratture del collo dell’omero oppure in esito di lussazioni di spalla. Nelle fratture l’immobilizzazione prende il nome di Desault. Si tratta di un tutore spalla che fascia il braccio tenendolo completamente immobilizzato vicino al torace. Questo tutore ha il vantaggio di essere molto efficace nel bloccare il movimento e per questo si usa solo nelle fratture. Come conseguenza negativa si ha una guarigione che lascia una importante rigidità in una posizione che non favorisce il funzionamento del braccio. La gestione moderna permette comunque di rimuoverlo cautamente per l’igiene personale e per mobilizzare il gomito e il polso. Generalmente – ma le indicazioni devono essere viste sulla base del tipo di frattura, questo tutore spalla si rimuove temporaneamente dopo 3 settimane per iniziare la fisioterapia.
Tutori Ortopedici e Lussazioni di Spalla
Nelle lussazioni di spalla si parla invece di tutori ortopedici con cuscino che permetta di ottenere un certo grado di extrarotazione del braccio. Infatti, sembra che i legamenti che si guastano guariscano in maniera più naturale se il braccio viene tenuto un po’ ruotato verso l’esterno, così da lateralizzare i legamenti con una guarigione più anatomica. Esistono diversi tipi di tutori in questo settore. I migliori anche come compromesso con la comodità extra-ruotano di 15°. Anche in questo caso l’immobilizzazione deve essere temporanea. Generalmente è consentita la rimozione del tutore per l’igiene una volta al giorno. La rimozione completa avviene nella maggior parte dei casi dopo tre settimane.
Tutori Ortopedici e Interventi alla Spalla
L’altro settore in cui il tutore ha incrementato il confort e la sicurezza è il post intervento chirurgico. Il tutore consente da una parte l’immobilizzazione necessaria alla guarigione, dall’altra le mobilizzazioni quotidiane per igiene e recupero del movimento già nelle prime fasi postoperatorie. Il mio preferito è a 15° di abduzione e con un sistema per togliere il carico dal collo.
Tutori Ortopedici e Traumi del Ginocchio
Nel passato una distorsione di ginocchio veniva ingessata. Oggi nella maggior parte dei casi si tende a lasciare libera l’articolazione per non causare importanti perdite di massa muscolare dopo un infortunio. L’unico caso in cui può essere indicato un supporto esterno sono le rotture dei collaterali, specie il mediale in cui una buona immobilizzazione favorisce una guarigione migliore.
Tutori Ortopedici per la Rotula
L’utilizzo del tutore rotula è controverso. Come regola di base dobbiamo capire che è decisamente meglio investire su una buona fisioterapia per aiutare lo scorrimento della rotula sul femore. Soltanto in alcuni casi può essere utile avere un aiuto temporaneo, un tutore per medializzare la rotula. A questo scopo è possibile trovare tutori per la rotula efficaci, in grado di favorire il ricentramento dinamico dell’articolazione in maniera semplice.
Tutori Ortopedici per Tendiniti
Questi tutori ortopedici hanno lo scopo di mettere a riposo il tendine per favorire una risoluzione del problema infiammatorio. Generalmente si usano per le epicondiliti (gomito del tennista) oppure per il tendine rotuleo. I tutori ortopedici per tendiniti sono sempre utilizzati all’interno di un complesso di cure, per cui è difficile dire se e quanto sia davvero determinante il loro uso.
Conclusioni
I tutori hanno avuto un ruolo importante in ortopedia, per consentire un miglior confort e igiene in tutte le condizioni che richiedono immobilizzazione e supporto alle nostre articolazioni. Il loro uso deve essere ragionatosulla base della patologia e in maniera scientificamente solida per ottenere il risultato sperato. Il consiglio del vostro ortopedico potrà guidarvi sulla scelta e sul modo di utilizzare il tutore che meglio si adatta al vostro specifico caso.
La visita ortopedica è quello strumento attraverso il quale un medico chirurgo raccoglie tutte le informazioni necessarie a comprendere un problema (diagnosi) e a impostare una cura appropriata (terapia). In questo contesto si acquisiscono un numero enorme di informazioni legate al colloquio e alla visita medica che insieme agli esami strumentali consentono allo specialista di farsi una chiara idea del problema. Vediamo quali sono le fasi di cui la visita si compone.
Come si Fa una Corretta Visita Ortopedica: l’Anamnesi
L’anamnesi è quella parte di colloquio in cui il medico si fa un quadro preciso della situazione. Prevede di indagare il principale motivo della visita, le caratteristiche del disturbo. Anche se sembra una semplice chiacchierata, questo è uno dei momenti più importanti del percorso diagnostico. Dalla descrizione dei sintomi si capisce la natura e l’importanza del problema. Dall’attività lavorativa o sportiva si possono dedurre importanti forme di sovraccarico delle articolazioni. Dalla storia familiare si può avere suggerimenti riguardanti l’origine genetica di alcune patologie. Una corretta raccolta anamnestica permette di orientarsi tra gli accertamenti per prescrivere terapie o ulteriori esami diagnostici.
Come si fa una corretta visita Ortopedica: la Lettura Degli Esami
Dopo aver raccolto le informazioni di base si passa alla valutazione degli esami diagnostici. Anche questo è un momento molto importante. Infatti spesso sono i dettagli delle immagini a suggerire l’origine del problema. Inoltre la visualizzazione delle immagini guida la visita medica immediatamente successiva.
Come si fa una corretta visita medica: l’esame obiettivo
Questa è la parte della visita più conosciuta. Questo è il momento in cui lo specialista esegue delle manovre manuali per verificare il punto di origine del problema. Si tratta di manovre per la stabilità delle articolazioni, di forza e di pressioni per evocare eventualmente il dolore percepito dal paziente. Questo momento è una importante verifica di quanto desunto da anamnesi e lettura degli esami.
Come si fa una Corretta Visita Medica: la Prescrizione degli Esami o di ulteriori accertamenti
A questo momento le informazioni sono completa per formulare una diagnosi o un sospetto diagnostico. Da questo momento è legittimo prescrivere una terapia medica o ulteriori accertamenti in maniera mirata. Questo è il solo percorso professionale che permette l’esercizio della professione medica.
Le visite e i Consulti a Distanza
Un grande sforzo si sta profondendo negli ultimi tempi per trovare strumenti che consentano valutazioni a distanza. Chirurgiarticolare offre un servizio di base gratuito per porre brevi domande di carattere generale al Dottor Lorenzo Castellani mediante un contatto diretto su Whatsapp. Si tratta di uno strumento semplice e molto apprezzato dai nostri pazienti, così da arrivare preparati alla visita medica vera e propria. Per esempio è utile in questa fase chiedere se gli accertamenti eseguiti sono sufficienti o se ci sono cose urgenti da fare prima della visita. Diamo inoltre la possibilità di veri e propri consulti a distanza per visione approfondita degli esami dietro compenso. Tale formula viene usata come “secondo parere” o comunque per decidere se affrontare un viaggio per una visita tradizionale, che resta sempre e comunque l’unico strumento possibile per formulare una diagnosi completa e prescrivere terapie.
Infografica: cosa ricordare prima di fare una visita medica con il dottor Lorenzo Castellani Ortopedico
Benvenuto, questo numero riceve solo messaggi di testo, non chiamate o messaggi vocali. Si possono porre brevi quesiti medici e il Dottor Castellani risponderà alle tue domande prima della visita medica.
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