Il mondo cambia, le tecniche si evolvono anche la terminologia cambia. Il concetto di protesi d’anca mini invasiva viene superato dalla logica più ampia del fast track, ma ancora oggi nel comune sentito la mini invasività fa da padrona.
Vediamo allora di capire il significato di tale procedura.
La protesi di anca mini invasiva: la storia
L’attenzione verso la minore invasività dell’intervento chirurgico nasce negli anni ’90, quando lo sviluppo delle tecniche e degli strumentari si rivolge in modo preponderante alla diminuzione dell’impatto della chirurgia sui tessuti. Si pensava infatti che la sola riduzione della dimensione della ferita fosse la chiave per riuscire ad accorciare il tempo di recupero dei nostri pazienti.
Considerato che gli anni ’80 erano stati all’insegna del “grande taglio, grande chirurgo”, sicuramente la nuova tendenza alla minore invasività dell’intervento è stata molto positiva, sia per il minor impatto sul paziente, sia per una maggiore attenzione alla modifica degli strumentari per l’esecuzione dell’intervento.
Ricordo benissimo che, nel 2004, all’inizio della mia scuola di specializzazione in Ortopedia, i chirurghi si misuravano tra loro con i centimetri dell’incisione chirurgica eseguita: eri tanto più bravo quanto più piccolo era il taglio eseguito.
I problemi della tecnica mini invasiva nella protesi di anca
Se da un lato era certamente encomiabile il tentativo di ridurre l’invasività delle vie di accesso chirurgiche, dall’altro si verificavano dei paradossi. La riduzione esasperata della via d’accesso portò a molti casi di mal posizionamento dell’impianto legato alla bassa visibilità dovuta alla piccola incisione.
Il secondo paradosso era legato al fatto che, per riuscire a lavorare attraverso un’incisione piccolissima, negli strati più profondi dell’articolazione era necessario rilasciare muscoli e tendini in maniera molto più estesa per ottenere una visualizzazione sufficiente. Ai congressi dunque si cominciavano a vedere i danni degli eccessi di mini invasività.
I vantaggi della tecnica mini invasiva nella protesi d’anca
Il vantaggio più grosso della ricerca mini invasiva nella protesi d’anca è stato che negli anni si è capito cosa conveniva risparmiare e cosa non era utile risparmiare. Senza l’esasperazione degli anni ’90-2000 sarebbe stato impossibile arrivare al concetto moderno di mini invasività.
Nell’anca, per esempio, si è capito che era inutile ridurre eccessivamente l’ incisione cutanea, mentre, negli strati profondi, il rispetto dei muscoli e dei tendini era molto più importante.
Nell’approccio chirurgico, inoltre, mantenere il più possibile integra la capsula e i legamenti consentiva una migliore stabilità dell’impianto.
Lo stato dell’arte: dalla protesi d’anca mini invasiva al protocollo di recupero rapido “fast track” o “rapid recovery”
Fatto tesoro degli errori del passato e capiti i vantaggi della mini invasività profonda sui tessuti, un altro grande passo avanti è stato fatto dal 2007 in avanti adottando nella chirurgia i principi del recupero rapido.
Di fatto, siamo stati pionieri in Italia di questi concetti per opera del dottor Andrea Baldini che ha importato le tecniche nord europee e americane nel nostro paese, a Firenze, nella casa di cura IFCA di Villa Ulivella. Sono orgoglioso di aver fatto parte fin dall’inizio di tutto questo percorso che ci ha portato grandi risultati.
Il principio alla base è: oltre alla tecnica mini invasiva della protesi d’anca è fondamentale prendersi cura della persona a 360° dal punto di vista medico. Bisogna preparare i pazienti alla chirurgia dal punto di vista medico, dal punto di vista dell’informazione medica, dal punto di vista della riabilitazione.
La vera protesi d’anca mini invasiva moderna in 4 concetti chiave
Vorrei riassumere in un paragrafo la nostra ricetta di mini invasività nel 2021. Per farlo userei quattro concetti chiave:
- la tecnica chirurgica a impatto minimo,
- la riduzione delle perdite di sangue,
- la possibilità di rimettersi subito in piedi per camminare,
- il ruolo attivo del paziente informato nel recupero.
Tecnica chirurgica a impatto minimo: la vera protesi d’anca mini invasiva
Impatto minimo significa: incisione lunga quanto basta. Ogni paziente ha la sua dimensione. La signora Anna di 56 kg da sempre magra e non molto alta di sicuro non necessita di più di 6-7 cm di incisione, mentre Mario di 98kg alto 1 metro e 90 con grandi muscoli e con un po’ di peso acquisito negli ultimi anni può avere la necessità anche di 12-14 cm per consentire al chirurgo di lavorare con sicurezza. L’importante, sia nel caso di Anna che di Mario, sarà che il chirurgo non danneggi il muscolo quadrato, ricostruisca perfettamente la capsula e i rotatori, e non violi la capsula anteriore. In entrambi i casi, sia nei 6 cm di incisione sia nei 14 cm, si sarà trattato di una protesi d’anca mini invasiva o, come ci piace chiamarlo, di un intervento chirurgico a impatto minimo.
Riduzione delle perdite di sangue durante e dopo l’intervento
Il principale fattore di rallentamento nel recupero della protesi di anca è costituito dagli ematomi. Ridurre gli ematomi post chirurgici significa rendere rapido il recupero post operatorio.
Nell’anca non è sempre facile, ma si possono cambiare almeno 5 gesti nella gestione dell’intervento per minimizzare il rischio:
- fare emostasi accurata
- usare l’acido tranexamico
- mantenere un buon controllo pressorio durante e dopo l’intervento
- minimizzare il dolore (il dolore fa sanguinare di più il paziente)
- usare la crioterapia avanzata.
A Villa Ulivella IFCA di Firenze abbiamo realizzato un protocollo che permette di raggiungere tutto questo e da anni il nostro tasso di trasfusione negli interventi di protesi d’anca è lo 0%.
Subito in piedi per camminare: la vera protesi d’anca mini invasiva

Il paziente allettato, specialmente se anziano, perde velocemente massa muscolare. Mettere a letto per giorni il paziente come si è fatto e si fa tuttora in molti ospedali nel mondo è la prima causa di malattia dopo l’intervento di protesi d’anca. Non soltanto perché si aumenta il rischio di pericolose trombosi (oggi con l’eparina il rischio è quasi scongiurato), ma soprattutto perché perdiamo massa muscolare fondamentale per rendere da subito autonomi i nostri pazienti nel vestirsi, lavarsi, camminare.
Con la moderna mini invasività, il giorno stesso dell’intervento il paziente potrà rendersi conto di aver finalmente abbandonato il dolore che lo affliggeva nel passato e di poter fare da subito affidamento sulla sua nuova protesi.
Il ruolo attivo del paziente informato
Ultimo punto, ma non meno importante: l’informazione al paziente.
Abbiamo creato un’applicazione per poter spiegare tutto quello che avverrà al paziente. Passo per passo il paziente stesso sarà parte attiva del suo recupero. Meglio ancora se affiancato da un familiare che avrà il ruolo di “coach” nel percorso post operatorio.
Il sito internet ancora diventa un deposito fondamentale di informazioni per il paziente. Le lezioni collettive sono state un momento importante e torneranno ad esserlo in futuro.
Conclusioni: la protesi d’anca mini invasiva diventa “fast track”
In conclusione, la mini invasività dell’intervento in chiave moderna diventa un concetto molto più allargato, che prevede certamente un lavoro nella chirurgia eseguito rispettando i tessuti, ma acquista davvero un senso se affiancato ad un corollario ben strutturato di gestione medica. L’obiettivo di quest’ultima sarà ridurre l’impatto per il paziente in modo da consentire un rapido ritorno alla normalità dopo l’intervento.
Sono a disposizione e felice di affrontare questo argomento con tutti i miei pazienti durante la visita medica e con chiunque voglia approfondire questi aspetti.