La rigenerazione della cartilagine con le cellule staminali.

Incontro con il padre della terapia rigenerativa della cartilagine con cellule staminali.

Quante volte nella nostra comune attività clinica ci troviamo di fronte a lesioni della cartilagine? Siano esse una vera e propria artrosi o una lesione focale, ci sentiamo spesso inadeguati a proporre una soluzione rigenerativa al problema: seppure il danno focale post-traumatico sia considerato trattabile, la procedura è tuttaltro che semplice e i risultati ancora un punto interrogativo.

Cosa dire poi di un paziente troppo giovane per una protesi e con un’artrosi di III grado? Fino ad oggi la mia strategia ambulatoriale si è sempre basata sulla migliore evidenza clinica, con conseguente esasperazione del trattamento conservativo conosciuto: educazione del paziente, riduzione dei carichi, fisioterapia, bio-supplementazione con Acido Jaluronico, condroprotettori orali.

La frase che mi piace dire ai miei pazienti è questa: stringiamo i denti, cerchiamo con una combinazione di tante piccole cose di rendere la qualità della sua vita migliore possibile. Chissà che tra qualche anno la ricerca non produca una soluzione riparativa al problema piuttosto che sostitutiva.

Forse il momento della rivoluzione nella rigenerazione condrale è arrivato.

Ho incontrato il precursore del trattamento rigenerativo con cellule staminali a Lankawi (Malesia), a pochi passi da casa sua.

L’incontro in Malesia con il dott. Khay Yong Saw, padre della ricerca sulle cellule staminali.

Vengo invitato come docente ad un corso di infiltrazioni articolari nella bellissima isola di Langkawi in Malesia. Al mio fianco presenterà i risultati dell’utilizzo delle cellule staminali periferiche il dott. Khay Yong Saw. L’incontro è la sera prima dell’evento. Il dott. Saw è in ritardo perchè ha dovuto incontrare il primo ministro malese. Quando arriva è raggiante: ha avuto fondi statali per cominciare il trial clinico multicentrico, primo passo per l’approvazione da parte della FDA Statunitense all’utilizzo della sua tecnica.

Circa 600 casi trattati con una documentazione e rigore scientifico dello studio impeccabili. Parlare con il dott. Saw mi affascina.

La cosa più bella è la semplicità con cui ci interfacciamo. Sembra di condividere un pensiero comune sul trattamento dei pazienti, pur lavorando in mondi così culturalmente differenti. Poche parole e siamo già in sintonia. E durante il corso la lezione diventa un continuo botta e risposta che facilita il coinvolgimento dei presenti.

Il dott. Saw mostra dati eccellenti di rigenerazione condrale e un protocollo di infiltrazioni che appare vincente sotto ogni aspetto. La domanda è: possiamo produrre un danno articolare chirurgicamente significativo per fare in modo che cellule indifferenziate lo trovino e lo riparino modificandosi loro stessi nel tessuto da riparare? La risposta ancora non c’è, ma i primi risultati sembrano confortare in questa direzione.

Lo studio sull’uso delle cellule staminali nella rigenerazione della cartilagine.

Il dott Saw ha pubblicato su Arhtroscopy 2013 il risultato della sua esperienza personale con l’uso delle cellule staminali prelevate dal sangue periferico su 50 pazienti divisi casualmente in due gruppi differenti per vedere se ci fosse una differenza in termini di risultati aggiungendo al trattamento tradizionale questo tipo di terapia.

Il risultato della ricerca mostra un miglioramento netto in termini funzionali e di rigenerazione condrale alla risonanza magnetica. Addirittura per la presenza di gesti associati è riuscito ad avere l’esame istologico su 32 pazienti (16 per gruppo) mostrando un aspetto molto più simile alla cartilagine normale nel gruppo trattato con cellule staminali.

Il gruppo di Chirurgia Articolare Ricostruttiva di Firenze dove opero rimarrà di certo attivo in questo settore in modo da poter offrire la risposta rigenerativa che manca ai nostri pazienti. Il percorso in Italia è difficile e bisogna muoversi con attenzione per evitare di proporre trattamenti dal dubbio valore scientifico e nello stesso tempo muoversi nell’ambito della legalità rispetto alla nostra legislazione.

Lesione menisco: guida avanzata per il paziente

Una guida avanzata per il paziente con una lesione al menisco

È molto comune nella mia pratica avere a che fare con un problema al menisco. Anzi molto spesso è proprio il paziente che, risonanza alla mano, richiede un trattamento chirurgico per eliminare quella che pensa essere la causa dei suoi problemi: il referto medico di lesione al menisco. Di questo abbiamo parlato e discusso con oltre 40 medici di medicina generale al primo corso della serie “dottore ho male a…” organizzata dal gruppo di Chirurgia Articolare Ricostruttiva di Villa Ulivella di Firenze.

Ma incomiciamo a capire qualcosa di più sui menischi…

Cosa sono i menischi e a cosa servono

I menischi sono delle fibro-cartilagini. La cosa più simile che possiamo toccare con le nostre mani per capirne la consistenza sono i lobi delle orecchie. Immaginiamo di avere all’interno delle ginocchia due ciambelle di quella consistenza che ammortizzano gli impatti.
La loro forma è a C e la loro sezione è triangolare. In pratica si fissano stabilmente alla tibia e abbracciano il femore, stabilizzandolo. Esiste un menisco interno ed un menisco esterno definiti anche come menisco mediale e menisco laterale.

Il ruolo dei menischi è multiplo: ammortizzatore dei carichi e stabilizzatore del ginocchio.

Ammortizzazione e Stabilizzazione

L’ammortizzazione dei carichi è semplice da comprendere: una struttura elastica tra le cartilagini agisce da vero e proprio ammortizzatore. La migliore ammortizzazione è data ovviamente da un menisco molto idratato e giovane. Un menisco sfibrato e invecchiato perde gradualmente tutte le proprietà ammortizzanti lasciando scoperta la cartilagine che da sola si trova ad essere soggetta a usura e consumarsi.

Il ruolo di stabilizzazione è invece un po’ meno immediato da capire. Si basa sulla forma a ciambella del menisco che si adatta molto bene alla forma rotonda dei condili femorali. Dal lato opposto il menisco è saldamente attaccato alla capsula articolare e alla tibia. Proprio questa congruenza diminuisce la traslazione dell’articolazione e limita gli stress in varo e valgo riducendo il carico sui legamenti collaterali.

Lesione menisco: come si possono rompere i menischi?

Come tutte le cose i menischi si possono rompere. Le lesioni al menisco possono essere degenerative, cioè legate al consumo degli anni o delle attività sportive, oppure possono verificarsi a seguito di un trauma, nonostante siano di buona qualità. Le lesioni degenerative sono tipiche dei 40-50 enni, mentre le lesioni traumatiche sono tipiche dei 20-30 enni.

Una lesione degenerativa per sua stessa definizione è un cedimento strutturale del menisco dovuto più all’usura che ad un trauma. Va da sé che è molto raro che queste lesioni debbano essere operate a meno che non costituiscano occasione per un blocco meccanico reale al movimento. Una lesione traumatica invece avviene dopo un trauma significativo e riguarda menischi generalmente in buone condizioni. Facilmente pertanto costituiscono un problema meccanico per l’articolazione e spesso necessitano di un intervento per essere risolte.

I traumi più comuni che causano il menisco rotto sono le distorsioni di ginocchio oppure il rialzarsi dopo un accovacciamento.

Menisco rotto: quali tipi di lesione al menisco esistono?

Le lesioni meniscali possono essere descritte e classificate. Prima di tutto sulla base della sede della lesione. Il menisco ha un corpo (la parte centrale) e due corni (le punte anteriori e posteriori). Esistono pertanto lesioni del corpo o lesioni del corno del menisco.

Una seconda classificazione consiste nel differenziare tra le diverse forme della lesione: esistono lesioni di piccoli frammenti che vengono detti FLAP meniscali, oppure esiste la lesione completa che ribalta tutto il menisco che prende il nome di lesione a manico di secchio.

Una terza classificazione considera invece la direzione della lesione: longitudinale, trasversale o radiale.

Il tipo di lesione è molto importante per capire come approcciarsi al menisco rotto: se sia necessario un intervento chirurgico oppure no e ancora se sia o meno possibile una riparazione.

Come si manifesta tipicamente una lesione al menisco?

Il caso tipico di lesione al menisco è quello di un giovane adulto quarantenne, attivo, che riferisce di avere sentito un “crack” durante un accovacciamento.
Talvolta è da quel momento che ha cominciato a sentire dolore e magari non riesce perfettamente a raddrizzare il ginocchio.

La tipica perplessità del paziente è come sia possibile, senza avere avuto un vero e proprio trauma, che il menisco si sia potuto rompere e la domanda che sorge quindi, in caso di menisco rotto, è come sia possibile capirlo. La lesione del menisco generalmente si realizza proprio perché avviene su un terreno degenerativo predisponente e l’iperflessione sovraccarica in maniera importante proprio il corno posteriore del menisco. Altre volte si tratta di uno sportivo che ha avuto una franca distorsione e in quel caso è più facile la diagnosi in quanto aiutata proprio dalla descrizione del trauma.

Attenzione invece al riscontro occasionale di una degenerazione meniscale senza franca rottura in un caso di dolore al ginocchio. Quasi mai in quel caso il menisco è la vera causa del problema.

Presentazione clinica: menisco rotto come capirlo?

Il ginocchio il più delle volte è asciutto, senza versamento, e il quadro è aspecifico ad una prima analisi. Generalmente la manovra che produce una torsione della gamba suscita dolore sulla linea articolare: è il cosiddetto test meniscale positivo. Siamo in presenza in questo caso di lesioni al menisco.

Inoltre ci sono una serie di attività quotidiane che possono causare dolore. Può succedere di sentire dolore al ginocchio nello scendere e nel salire in macchina. Oppure se si cammina velocemente in linea retta e si deve all’improvviso cambiare direzione si può sentire una fitta al ginocchio.

Inoltre tutti gli sport che prevedano salto atterraggio e cambi di direzione possono causare dolore. In pratica tutti gli sport di squadra.

Quali esami richiedere?

ecografia di lesione meniscoL’ecografia anche se potenzialmente può identificare una lesione al menisco, il più delle volte viene eseguita superficialmente e non ritorna quasi mai con un risultato che ci aiuta nel nostro processo decisionale.

Una lastra è molto spesso negativa e ci può essere utile solo se clinicamente sospettiamo che il problema determinante sia un’artrosi e la lesione al menisco sia solo un problema marginale.

La TAC pur essendo in era pre risonanza un buon accertamento, oggi ha lasciato spazio alla RMN. La RMN ha infatti una definizione molto maggiore e riesce a vedere danni anche piccoli su tutta la struttura meniscale.
In linea generale la RMN identifica senza incertezze tutte le lesioni meniscali traumatiche franche, specialmente quelle meccanicamente importanti. Lesioni meniscali rilevanti quali lesioni radiali, longitudinali, a manico di secchio sono facilmente riscontrabili con una RMN.

Quando non è necessario l’intervento e quando si può rimandare?

Le lesioni meniscali degenerative che non interrompono la superficie articolare non sono da operare. Abbiamo a nostra disposizione una serie di procedure conservative, prima tra tutte le viscosupplementazione con Acido Jaluronico. Tali procedure possono aiutarci a risolvere il sintomo senza intervento. Il menisco infatti è fondamentale per il ginocchio. Il menisco ha un’azione di ammortizzazione, stabilizzazione, distribuzione dei carichi. Esiste una pagina nel sito che spiega bene le caratteristiche anatomiche e il ruolo dei menischi nel ginocchio.

Anche alcune lesioni meniscali traumatiche piccole e stabili possono non essere trattate, o almeno non immediatamente se non sono molto sintomatiche. Questo permette al paziente di organizzarsi per essere operato compatibilmente con gli impegni lavorativi.

Esistono solamente due fattori che vanno considerati se si decide di non operare nonostante un riscontro RMN di lesione meniscale traumatica. Il primo caso è quello di una lesione murale, che può essere suturata riparandola in acuto. Ricordiamo che le lesioni croniche hanno una potenzialità di guarigione molto inferiore. Il secondo caso in presenza di una piccola lesione, che si può allargare diventando più significativa e in qualche caso bloccare il ginocchio. Questi aspetti vanno discussi con il paziente.

Qui trovate il video che illustra tutte le tematiche che abbiamo discusso dal titolo “Falso mito: il menisco rotto va sempre operato”

Quali tipi di intervento sono possibili?

menisco rotto come capirlo: le zone del meniscoL’intervento classico di riparazione delle lesioni meniscali consiste nella meniscectomia artroscopica selettiva. Si rimuove il frammento meniscale che provoca il dolore e i blocchi. Si tratta di un intervento semplice che ha un basso impatto sul paziente.

Se però la lesione al menisco è in zona ROSSA cioè vascolarizzata, c’è la possibilità di suturare il menisco come se fosse una ferita. Si mettono dei punti per riattaccarlo in artroscopia. La guarigione avviene in circa il 70% dei casi (un po’ di più se associata alla ricostruzione del LCA). E’ particolarmente indicata nel giovane per prevenire i danni artrosici correlati alla meniscectomia. Il paziente deve accettare però un tasso di fallimento che significa dovere essere rioperati se la lesione non ripara, oltre al fatto di dover seguire un protocollo di recupero dopo l’intervento molto più impegnativo rispetto alla meniscectomia e un’astensione dallo sport che può arrivare a 6 mesi.

Entrambi gli interventi per sistemare il menisco rotto possono essere eseguiti in artroscopia, cioé  con una telecamera introdotta all’interno del ginocchio e strumenti che lavorano attraverso piccoli buchini nella pelle.

Menisco rotto: problemi nel post-operatorio

sutura post lesione meniscoSono molto rari nelle meniscectomie. Di solito si torna a stare bene con poca riabilitazione muscolare entro 1 mese dall’intervento.

Come specificato prima esiste un problema di recidiva di lesione al menisco nel caso delle suture meniscali.
Un gonfiore nel postoperatorio può essere risolto con manovre di aspirazione del versamento.

Come bisogna comportarsi dopo l’intervento

Una rimozione del menisco (meniscectomia) ha bisogno di una cura fondamentale: non infiammare il ginocchio nelle prime fasi dopo l’intervento. Pertanto verrà prescritto l’uso di stampelle per le prime 2-3 settimane e invitato il paziente a stare a riposo limitando i movimenti e il cammino prolungato.

Se nelle prime 2-3 settimane il ginocchio non gonfia e rimane infiammato, allora è molto difficile che ci saranno problemi successivamente. Si dovrà soltanto avere cura di recuperare la forza nel quadricipite.

Il rinforzo muscolare avverrà mediante esercizi in isometria ed eventualmente cyclette e nuoto.

Un recupero completo si raggiunge solitamente nel giro di 1 mese.

Le lesioni dei legamenti del ginocchio: impatto clinico per il medico di famiglia

Come gestire le lesioni dei legamenti del ginocchio: una guida per il medico di famiglia

Quante volte capita nell’attività clinica quotidiana di doverci confrontare con una lesione dei legamenti del ginocchio. E’ stato possibile parlarne durante il corso per medici di famiglia svoltosi a Firenze.

Il caso tipico di presentazione delle lesioni dei legamenti del ginocchio è quello di un paziente giovane, spesso poco allenato e non professionista, che giocando a calcetto nel fine settimana ha una distorsione al ginocchio. Il sabato si fa male, la domenica pensa ancora di farcela, il lunedì entra in ambulatorio con un ginocchio gonfio e dolente.

Generalmente il paziente ha avuto la sensazione di rumore da strappo, come un “crack” interno durante la distorsione.

Presentazione clinica

Generalmente il paziente affetto da lesioni dei legamenti è un paziente che sente insicurezza e cedimenti nel ginocchio, ha un’articolazione gonfia e dolente e deve usare i bastoni per camminare. Spesso non stende bene la gamba ed è limitato anche nella flessione completa per il dolore.

Esami da richiedere

Il legamento crociato anteriore è profondo e circondato da strutture ossee che gli ultrasuoni non riescono a penetrare. Per questo motivo non ha molto senso richiedere l’ecografia diagnostica.

La radiografia è spesso inutile e aspecifica. frattura segondSolo un caso particolare può essere ben identificato e risulta indicativo della lesione. Si tratta della frattura di Segond che consiste in un’avulsione di un frammento d’osso laterale presente quando la distorsione è correlata ad un incidente in varo ed intrarotazione. Il più delle volte comunque la lastra risulta negativa.

La TAC può essere usata nei pazienti che non possono eseguire la RMN per esempio perché portatori di Pace Maker.

La RMN resta il gold standard per la valutazione di tale problematica e ci fornisce la migliore valutazione possibile delle condizioni del legamento. Non è un esame da richiedere urgentemente, anche perché l’imbibizione dei tessuti può rendere difficile l’interpretazione del risultato dell’esame. Un reperto frequente dopo le distorsioni è la presenza di edemi ossei da impatto osteocondrale. Tali reperti vanno seguiti nel tempo per valutarne l’evoluzione, generalmente benigna.

Il trattamento immediato nell’attesa di esami diagnostici

Buona norma in caso di gestione del problema ambulatorialmente è mettere il paziente a riposo usando bastoni a solo scopo antalgico. Il paziente può caricare quello che vuole del suo peso ma usa le stampelle per l’equilibrio e per evitare il dolore.

Nei casi in cui alla valutazione clinica l’insabilità sia macroscopica e clamorosa, ci troviamo probabilmente di fronte ad una lesione legamentosa multipla e può essere necessario l’uso di una ginocchiera che invece nelle lesioni isolate non è necessaria. Lo specialista ortopedico può aiutare nella gestione del versamento eseguendo artrocentesi con immediato beneficio sul dolore.

Aspetti riabilitativi

A meno di casi particolari (vedi lesioni multiple), le lesioni del legamento crociato anteriore non vanno immobilizzate. Il paziente, anzi, deve essere spinto al recupero del movimento completo e alla ginnastica isometrica di mantenimento del tono muscolare.

Una lesione dei legamenti del ginocchio può guarire?

La lesione del legamento crociato anteriore non può guarire da sola. Il legamento è infatti troppo poco vascolarizzato e generalmente si distacca dal femore arrotolandosi sul crociato posteriore e formando una distanza dall’osso che impedisce una qualsivoglia guarigione all’osso.

Quando sospettare lesioni dei legamenti dei collaterali?

L’evenienza più tipica è una lesione del collaterale mediale da trauma diretto che spinge il ginocchio in valgo. Con una prova di stress in varo-valgo si può identificare il problema. Fortunatamente le lesioni del collaterale mediale sono benigne generalmente, e l’intensa vascolarizzazione permette il più delle volte la cicatrizzazione. Se la lesione è di grado elevato l’immobilizzazione in ginocchiera permette una guarigione migliore.

Le lesioni del crociato anteriore: quando non operare?

L’indicazione al trattamento conservativo basato su ginnastica di rinforzo muscolare e propriocettiva, può essere proposta in alcuni casi nonostante che alla RMN si sia trovata una lesione legamentosa.
Generalmente si tratta di persone poco attive per cui la pratica sportiva è occasionale e a basso livello, che non sentono alcuna instabilità nelle attività quotidiane e hanno un’instabilità clinica modesta. In tali pazienti è da consigliare attività sportiva a basso impatto (bicicletta e nuoto). Eventualmente l’uso di una ginocchiera protettiva specifica nelle attività ad alto impatto (ad esempio la settimana bianca sugli sci).

Quando operare una lesione del legamento crociato?

Tutte le volte che il paziente lamenta un’instabilità clinicamente importante nelle attività quotidiane e nello sport l’intervento è indicato per evitare i danni che l’assenza del legamento produce sul ginocchio. In particolare, il rischio di nuove distorsioni che producano danni meniscali e cartilaginei. Si tratta di pazienti che non vogliono rinunciare all’attività sportiva che svolgono con costanza e non riescono più a fare con il legamento rotto.

I tempi per la chirurgia

La ricostruzione dei legamenti del ginocchio viene eseguita raramente in acuto. La riabilitazione infatti può essere molto impegnativa e tale approccio è consigliato solo allo sportivo professionista oppure a chi ha un ginocchio in blocco con una lesione meniscale a manico di secchio.
Il più delle volte la ricostruzione può avvenire a 4-6 mesi di distanza dopo aver disinfiammato il ginocchio, recuperato il movimento, valutato l’evoluzione di possibili danni condrali e recuperato il tono muscolare.

I tipi di ricostruzione possibile

Essenzialmente si usano tre tipologie di innesto: i tendini flessori della coscia, il tendine rotuleo o il tendine quadricipitale, il trapianto da donatore.
Ogni tipo di innesto ha vantaggi e svantaggi che vanno ponderati e affrontati con il paziente.
Per una discussione specifica rimando alla pagina del sito in cui viene trattata la chirurgia ricostruttiva del LCA.

Problemi comuni nel postoperatorio

Quello che il medico può vedere nel percorso di recupero dopo l’intervento di riparazione dei legamenti del ginocchio sono:

  • versamento articolare: può essere trattato con successo sul controllo dei sintomi dolorosi mediante aspirazione del ginocchio.
  • ematomi: spesso riguardano la coscia in relazione al prelievo dei tendini flessori e scendono per gravità alla gamba e al polpaccio. La risoluzione è legata al tempo e può essere facilitata da applicazioni di Tecarterapia, impacchi caldo-umidi e riduzione della terapia eparinica antitrombosi.
  • la febbre: è comune nei primi 3 giorni post-intervento. Diventa preoccupante se rimane costante con brivido e si prolunga oltre tale soglia.

Problemi a distanza

In alcuni casi la sintesi dell’innesto (viti, bottoni, barrette) può dare fastidio. La risoluzione è la rimozione in anestesia locale.

Scoperto un nuovo legamento del ginocchio: il legamento antero-laterale.

Anatomia del ginocchio: scoperto un nuovo legamento antero-laterale.

Un gruppo di chirurghi Belgi, ripercorrendo le tracce di un celebre chirurgo dell’Ottocento, ha precisamente descritto e documentato l’esistenza di un nuovo legamento nel ginocchio, il legamento antero-laterale (J. Anat. (2013) 223, pp321-328 – Anatomy of the anterolateral ligament of the knee – Steven Claes, Evie Vereecke, Michael Maes, Jan Victor, Peter Verdonk and Johan Bellemans).
Il nostro antesignano aveva ipotizzato l’esistenza di suddetto legamento per l’osservazione frequente di una piccola frattura di osso in corrispondenza dell’inserzione di tale legamento. Se l’osso si rompe, aveva pensato, è perché viene trazionato da una struttura molto robusta: un legamento. Qualche mese fa con metodiche moderne di dissezione anatomica questo legamento è stato trovato e precisamente descritto.

Risvolti pratici della scoperta del legamento antero-laterale

Un bel punto di partenza considerando il continuo sforzo dell’era moderna nel tentativo di riprodurre con la massima precisione anatomica la stabilità del ginocchio. Infatti uno degli obiettivi più ambiziosi della comunità scientifica consiste nel ristabilire la stabilità rotatoria dopo la ricostruzione del crociato anteriore. Questo tipo di stabilità sembra essere fornita dal legamento appena scoperto.

Una rottura del legamento antero-laterale può essere una ragione per cui alcune persone non riescono a tornare allo stesso livello di attività dopo una chirurgia ricostruttiva del legamento crociato. La stragrande maggioranza delle persone dopo una riparazione del crociato possono tornare allo sport senza alcun problema. Ma per alcuni pazienti c’è ancora qualcosa che non va, ci sono piccoli episodi di cedimento o microinstabilità nello sport.

Proprio il nuovo legamento potrebbe avere un ruolo in questa piccola percentuale di pazienti con problemi residui. Un segno indiretto di questa non perfetta instabilità consiste nell’elevata frequenza di Artrosi dopo 15 anni dalla ricostruzione del crociato.

E se davvero questo nuovo legamento potesse rendendo più stabile il ginocchio migliorare anche questo versante? Andiamo con ordine.

Un po’ di storia

Nel 1876 il Francese Paul Segond, scrisse un articolo parlando di una “banda perlacea, resistente, fibrosa” nella parte antero-laterale del ginocchio. Tale reperto venne anche correlato alla presenza di una tipica frattura da strappo che si verifica proprio in seguito ad una distrazione di tale legamento e che determina una instabilità di ginocchio. Il gruppo di ricercatori Belgi ha quindi deciso di identificare e descrivere con precisione tale legamento.

Si sono dunque messi in opera per verificarne la presenza come entità distinta in 41 ginocchia di cadavere. I principali risultati dello studio sono stati due. Prima di tutto la costante presenza di tale struttura in tutte le ginocchia esaminate. In secondo luogo è stata definita con precisione origine ed inserzione di tale legamento in maniera indipendente da tutto il resto.

Data la sua posizione anatomica all’estremo antero-laterale del ginocchio, gli autori ipotizzano una funzione di stabilizzazione in rotazione interna, in accordo con Segond che descriveva una tensione costante nella rotazione interna forzata. Nelle dissezioni il legamento risultava teso tra i 30 e i 90° di flessione. Inoltre dato che la frattura di Segond è considerata come tipica della lesione del crociato anteriore, questo è un ulteriore elemento che il legamento appena scoperto abbia un ruolo nelle instabilità rotatorie che sono riscontrabili in molti pazienti affetti da lesione di crociato.

Tale scoperta potrebbe avere una grande rilevanza clinica proprio per queste considerazioni. Associare pertanto la ricostruzione di crociato con una ricostruzione del legamento antero-laterale potrebbe migliorare i nostri risultati.

I commenti della comunità scientifica

Scott Rodeo, Capo della Chirurgia Ortopedica dell’Hospital for Special Surgery di New York, ha dichiarato: “è un lavoro provocatorio che ci ha fatto aprire gli occhi”. Pur non essendo coinvolto direttamente nella pubblicazione, ha potuto ascoltare una presentazione congressuale del lavoro. “Sapevamo da anni dell’esistenza di un tessuto fibroso e duro in questa posizione, immaginavamo che quest’area giocasse un ruolo importante nella stabilità del ginocchio. Non si tratta dunque di una vera e propria scoperta, ma di una ri-scoperta che ci fa concentrare nuovamente le attenzioni su questa struttura”.

Bellemans, il chirurgo che ha coordinato la ricerca, dichiara che l’80% dei suoi pazienti con un crociato rotto hanno anche una rottura del legamento Antero-Laterale. Negli ultimi anni lui e il suo team hanno stabilmente riparato anche questo legamento durante la chiurgia ricostruttiva del legamento crociato anteriore, ma è ancora troppo presto per dire se questo trattamento aggiuntivo possa realmente influenzare il risultato clinico.

Ma allora perchè i medici hanno per anni trascurato questo legamento? Bellemans dice che non è facile capirlo, è un cambiamento culturale che diventa necessario per cominciare ad esplorare e conoscere questa struttura.

Serve del tempo per trasferire questa scoperta a livello clinico

Ovviamente tra l’ipotesi e la dimostrazione nella pratica clinica corre una certa distanza e bisognerà verificare su modelli biomeccanici la possibilità di tale evenienza. Ma il passato insegna che la ricerca è sempre fruttuosa nell’ottenere nuova conoscenza.

Lo studio pazzo e intenso sulla ricostruzione a doppio tunnel del crociato, pur essendosi rivelata una enorme complicazione di tecnica senza i risultati sperati in termini di stabilità, ha indubbiamente mosso tutti i chirurghi verso una maggiore attenzione all’anatomia, cosa che sicuramente farà anche il legamento Antero Laterale appena scoperto.

Messaggio pratico per il lettore

In estrema sintesi. Esiste un legamento sottovalutato che potrebbe essere importante per mantenere il ginocchio stabile nelle torsioni e nei cambi di direzione, specialmente associato alla rottura del legamento crociato anteriore.

La ricerca in ortopedia continua a fornirci nuove informazioni per migliorare il nostro approccio alla chirurgia. Uno specialista esperto deve continuare ad aggiornarsi e comprendere quali delle nuove acquisizioni possano contribuire a migliorare davvero la qualità delle cure per il paziente. La spinta della ricerca, anche quella di base, rimane fondamentale in questo percorso.

Lesioni del legamento crociato posteriore

Anche il legamento crociato posteriore si rompe. La causa traumatica più frequente è un trauma diretto sul davanti del ginocchio verso l’indietro. Questo trauma è comunemente detto “trauma cruscotto”. In esso un colpo violento viene assestato sulla tibia dall’avanti all’indietro con il ginocchio flesso a 90°.

Dal momento che in questa posizione tutti i legamenti del ginocchio sono a riposo (non in tensione), tutta la forza viene scaricata direttamente sul legamento crociato posteriore. Allo stesso modo una caduta sul ginocchio flesso può determinare la stessa lesione. Tale trauma può accadere in chi svolge sport come il calcio.

Meccanismi traumatici meno frequenti sono traumi in estensione o una combinazione di rotazione interna della tibia e stress in varo.

I sintomi della lesione del legamento crociato posteriore

La lesione del legamento crociato posteriore si può presentare isolata o associata con altre lesioni lamentose.

Clinicamente una lesione acuta del legamento crociato posteriore si manifesta anche solo esclusivamente con un dolore nella parte dietro al ginocchio (detta poplite). Nei traumi più importanti si possono associare delle fratture e a quel punto la diagnosi diventa molto più facile. Purtroppo però spesso anche lesioni importanti possono essere silenti. In una lesione isolata del legamento crociato posteriore può anche essere difficile la valutazione clinica se non si sospetta l’esistenza della lesione, tanto che può essere confusa dai meno esperti come la lesione del legamento crociato anteriore.

Cronicamente la lesione del legamento crociato posteriore si manifesta più con dolore che con instabilità. Il dolore è di solito localizzato nella parte interna del ginocchio e nella parte anteriore. Ciò è dovuto all’aumento dei carichi del compartimento mediale e ad un effetto di iper pressione sulla rotula dovuta alla lesione del legamento.

La carenza quasi totale di sintomi di instabilità è dovuta al fatto che una lesione isolata del legamento crociato posteriore provoca un’instabilità massima con il ginocchio in flessione e rotazione esterna. In questa posizione raramente il ginocchio viene sollecitato durante l’attività sportiva.

Un’accurata visita medica associata ad una valutazione con esami strumentali radiografici e di risonanza magnetica possono porre diagnosi di lesione  al legamento crociato posteriore e dare eventualmente indicazione alla chirurgia.

L’intervento di riparazione della lesione del legamento crociato posteriore

La riparazione delle lesioni del legamento crociato posteriore può avvenire in artroscopia e prevede come per il legamento crociato anteriore il passaggio di un innesto di tendini autologhi o di allograft  attraverso tunnel scavati nell’osso.

Il rischio è che esattamente nella direzione in cui è necessario preparare il tunnel tibiale è situato il fascio vascolo-nervoso della gamba. Ciò rende molto delicata la preparazione dello stesso. Per minimizzare questo rischio la tecnologia è venuta incontro agli ortopedici. Esistono oggi strumentari chirurgici dedicati con cui è possibile eseguire la ricostruzione scavando tunnel in senso retrogrado invece che anterogrado.

Potete vedere un esempio di tale tecnica nel filmato seguente.

Il mal-allineamento femoro-rotuleo del ginocchio.

La sindrome femoro-rotulea. Come è possibile intervenire?

Prima di parlare di sindrome femoro-rotulea, è bene chiarire in che cosa consiste la rotula.

La rotula è un osso piatto del nostro scheletro che aiuta il muscolo quadricipite a trasmettere la sua forza alla gamba per camminare, correre e saltare. E’ un osso libero che viene guidato nel suo movimento dall’azione muscolare e da una specie di binario naturale costituito dalla forma del femore. Questa grande libertà di movimento rende piuttosto delicato il suo funzionamento.

L’articolazione femoro-routlea può per questo motivo diventare dolorosa. O, peggio, essere instabile a tal punto da consumarsi in maniera alterata.

Il ruolo della fisioterapia nella sindrome femoro-rotulea

Il più delle volte le problematiche legate alla sindrome femoro-rotulea dolorosa sono risolvibili con la fisioterapia. Spesso rinforzando la muscolatura si può correggere una tendenza alla lateralizzazione della rotula, particolarmente frequente nelle ragazze. In alcuni casi però il muscolo non è in grado di correggere da solo questa tendenza. In questi casi è possibile eseguire un intervento chirurgico per aiutare a migliorare la biomeccanica della rotula e risolvere così le problematiche derivanti dalla sindrome femoro-rotulea.

Come fare allora a capire quando è inutile andare avanti con la fisioterapia in caso di sindrome femoro-rotulea? E’ buona norma dopo sei mesi di fisioterapia seria eseguire alcuni approfondimenti diagnostici. Con esami di secondo livello è possibile accertare se la contrazione muscolare è in grado da sola di correggere un mal-allineamento della rotula o meno. Se la contrazione del muscolo non corregge o addirittura peggiora il disassamento, allora la chirurgia offre una soluzione.

Sindrome femoro rotulea intervento chirurgico: allineamento della rotula

In presenza di sindrome femoro-rotulea l’intervento chirurgico è chiamato “riallineamento prossimale della rotula” e prevede il distacco del tendine del vasto mediale obliquo (la parte interna del quadricipite) e il suo reinserimento in posizione più favorevole per il suo funzionamento. L’intervento comporta una prima fase artroscopica e una seconda fase con una piccola incisione cutanea.

Nel post-operatorio è necessario l’uso di stampelle e non piegare il ginocchio per un mese.

Quando l’instabilità è invece correlata ad un difetto importante di mal-allineamento delle ossa di tibia e femore, si può rendere necessaria l’esecuzione di interventi più impegnativi. Tali interventi consistono nel riposizionare il punto di inserimento dell’apparato estensore. Una procedura che riporta in asse il principale stabilizzatore della rotula che è il muscolo quadricipite. In questo caso però il riallineamento viene eseguito in sede distale all’inserzione del tendine rotuleo.

Il medico specialista potrà valutare insieme al paziente la necessità di eventuali interventi. Si tratta comunque di una chirurgia piuttosto rara dato che nella maggioranza dei casi il problema può essere risolto con una buona fisioterapia.

 

Le lesioni meniscali

La rottura del menisco

Anche il menisco si rompe. Può farlo in seguito a traumi, in seguito ad una degenerazione o per la combinazione dei due fenomeni. La rottura del menisco può causare dolore, sensazioni di “cedimento” del ginocchio e veri e propri blocchi articolari. Ma prima di parlare delle lesioni cerchiamo di capire a cosa serve il menisco e come mai nel ginocchio ce ne sono due.

Che cosa è il menisco?

Il menisco è un ammortizzatore e uno stabilizzatore del ginocchio. E’ come una mezza ciambella che abbraccia il femore e ricopre l’articolazione sulla tibia. L’effetto avvolgente della ciambella protegge la cartilagine e forma una cavità che stabilizza e accompagna il movimento del ginocchio. I traumi, il carico, la corsa, tutti i movimenti del ginocchio scaricano prima di tutto il peso sul menisco prima di coinvolgere la cartilagine. Per questo motivo è molto importante avere dei menischi sani nelle nostre ginocchia.

Perché avviene la rottura del menisco?

Le cause di rottura del ginocchio possono essere diverse. La più comune è un trauma. Una distorsione del ginocchio può pizzicare il menisco tra femore e tibia provocando una lacerazione del tessuto. Il tessuto lacerato comincia a incastrarsi nei movimenti, perlopiù nelle torsioni del ginocchio, continuando a provocare il dolore. Lo sport diventa impossibile. Il ginocchio fa male nel piegarsi per accovacciarsi a terra o nello scendere dalla macchina.

Molto spesso però non ci si ricorda alcun trauma particolare. Di punto in bianco il menisco comincia a fare male e basta. Si tratta in questo caso  non di una lesione traumatica, ma di una lesione degnerativa. Il più delle volte non ci si ricorda nemmeno l’occasione in cui il ginocchio ha cominciato a fare male. Il movimento più frequentemente implicato in queste rotture è un semplice accovacciamento sulle ginocchia. La lesione avviene perché il tessuto meniscale è già degenerato e basta un piccolo stress a causarne la rottura.

Come riconoscere una lesione al menisco

Come si fa a sapere che il menisco è rotto?
Il dolore è il primo campanello di allarme. È un dolore particolare che si manifesta specialmente quando il ginocchio si gira o si piega molto. Tipico è il dolore che si prova quando ci si accovaccia, quando si scende dalla macchina oppure quando camminando si cambia direzione all’improvviso. In tutti questi movimenti il menisco rotto viene pizzicato tra femore e tibia e per questo comincia a fare male.

Il secondo messaggio che deve allarmare per una lesione meniscale sono i blocchi articolari. Il blocco è una sensazione di scatto nell’articolazione, un movimento non libero che in alcuni casi può anche fare rumore mentre avviene.

Il terzo messaggio è il gonfiore. Il ginocchio quando gonfia distende la parte anteriore come un piccolo palloncino. Il versamento è aspecifico come sintomo, ma potrebbe dipendere da un’infiammazione causata da un menisco rotto. Ultima possibilità è che il menisco rotto dia sensazione di instabilità e cedimenti come se si fosse rotto un legamento. È più raro rispetto agli altri sintomi, ma può essere un tipo di manifestazione della rottura meniscale.

Come diagnosticare una lesione al menisco

La diagnosi della lesione meniscale viene effettuata in due modi: la visita medica e la risonanza magnetica. Durante la visita medica si eseguono dei test che sollecitano la pinzatura del menisco in modo da evocare il dolore. In questo modo si può avere il sospetto di una lesione al menisco. La conferma avviene mediante una risonanza magnetica che ha lo scopo di identificare la posizione e la tipologia della lesione tendinea.

Dove fa male una lesione al menisco

La rottura del menisco fa male sui lati interno o esterno del ginocchio, dove l’articolazione si piega. In questo punto viene riferito il dolore principalmente quando ci si piega o quando si fanno delle torsioni. Il menisco interno fa male nella zona che guarda l’altro ginocchio, quello esterno nella parte che guarda fuori rispetto all’altro ginocchio. Qualche volta nelle lesioni complesse il ginocchio fa male anche dietro.

Quando operare una lesione al menisco

Nel passato qualsiasi lesione meniscale era considerata da operare e il menisco rotto veniva rimosso completamente. L’intervento era eseguito con una incisione normale e il menisco tolto interamente. Poco tempo è bastato a scoprire quanto sia negativo l’effetto di una asportazione completa del menisco per la perdita dell’ammortizzatore e per la perdita della stabilità. Di fatto le meniscectomie complete non sono più indicate e l’indicazione a operarsi si è ridotta moltissimo nel tempo.

Nell’ortopedia moderna si opera il menisco quando si hanno i problemi dolorosi descritti precedentemente in un quadro di risonanza che mostra una rottura significativa. Le lesioni degenerative o le piccole lesioni traumatiche, infatti, non si operano più in quanto migliorano con la fisioterapia e le infiltrazioni. Rimane l’indicazione a operare lesioni traumatiche di dimensioni ragguardevoli in risonanza magnetica che causino un problema meccanico evidenziabile nella visita al ginocchio.

La chirurgia per la riparazione del menisco rotto

La possibilità di intervento in caso di rottura di menisco prevede diverse tecniche che sono scelte in base all’esigenza del paziente e al tipo di lesione. Oggi l’obiettivo principale deve essere quello di riparare il danno meniscale, proprio per la consapevolezza dei ruoli fondamentali che i menischi giocano nell’articolazione del ginocchio. Questo è oggi possibile per alcune lesioni con eccellenti risultati mediante moderni strumenti che permettono il posizionamento di più punti di sutura all’interno del ginocchio sul menisco, tutto in artroscopia.

Le lesioni che hanno un vantaggio ad essere riparate sono quelle nella zona più periferica del ginocchio detta zona Rossa, ovvero la zona più irrorata dal sangue e quindi quella che può più facilmente guarire.

Vediamo i diversi approcci adottabili in caso di rottura di menisco:

APPROCCIO DEMOLITIVO: MENISCECTOMIA SELETTIVA

approccio demolitivo in caso di rottura meniscoAlcuni casi di rottura di menisco avvengono in una zona detta “bianca” in quanto priva di vasi e quindi di capacità riparativa autonoma.
Questa zona è la più vicina al margine libero del menisco.
In questo caso la lesione viene regolarizzata in modo che non provochi più dolore, sacrificando una piccola parte del menisco.
Non si ricorre più come nel passato ad una rimozione completa del menisco.

APPROCCIO RIPARATIVO: LE SUTURE MENISCALI

Alcune lesioni meniscali avvengono in una zona meniscale detta “rossa” in quanto percorsa da vasi sanguigni e capace di riparare. Queste lesioni possono essere riparate utilizzando dei piccoli punti di sutura introdotti con speciali strumenti all’interno dell’articolazione in artroscopia.

APPROCCIO RICOSTRUTTIVO: I SOSTITUTI E I TRAPIANTI MENISCALI

approccio ricostruttivo in caso di rottura meniscoQuando il menisco non esiste più in quanto già demolito in precedenti interventi, se l’articolazione del ginocchio è ancora in buono stato, è possibile sostituire il menisco con sostituti meniscali sintetici o con un trapianto di menisco da cadavere. Questi strumenti hanno lo scopo di vicariare alle fondamentali funzioni dei menischi, per prevenire o quanto meno ritardare la degenerazione cui va immancabilmente incontro un ginocchio senza menisco.

Gli interventi di riparazione del legamento crociato anteriore

Cosa è il legamento crociato del ginocchio

Il legamento crociato anteriore del ginocchio è il principale stabilizzatore di questa articolazione. Ogni articolazione infatti ha dei legamenti che sono le funi di ormeggio che tengono ancorato un osso all’altro. Nel ginocchio ci sono dei legamenti esterni che prendono il nome di legamenti collaterali e dei legamenti interni che si chiamano crociati. Il nome crociati deriva dalla loro posizione incrociata all’interno del ginocchio. La direzione incrociata di questi legamenti fa si che possano stabilizzare il ginocchio in tutto l’arco del movimento mantenendo sempre la corretta tensione. Si dice pertanto che i legamenti crociati sono “isometrici” cioè sempre lunghi e tensionati uguali nell’arco del movimento.

Crociato rotto: come si rompe il legamento crociato anteriore

Il legamento crociato anteriore (LCA) si rompe generalmente con un trauma. Il trauma più comune consiste normalmente in una torsione associata a una forza angolare. Detto più semplicemente: una distorsione al ginocchio. La distorsione può avvenire per un contrasto giocando a calcio, per un incidente mentre si scia o più roccambolescamente per una caduta dalle scale. Il meccanismo del trauma può aiutare il chirurgo a capire quale danno può aspettarsi all’interno dell’articolazione. In caso di crociato rotto, esiste la possibilità di una lesione isolata del legamento crociato anteriore come di una lesione associata ai legamenti collaterali.

Le lesioni legamentose nel dettaglio

I legamenti del ginocchio, se trazionati fino ad una soglia superiore alla loro capacità elastica (circa 8-12% della loro lunghezza), possono andare incontro a significative lesioni e danneggiamenti. E’ come una cima d’ormeggio che si strappa.

Le lesioni del ginocchio possono riguardare i legamenti crociati o i legamenti collaterali.

Tra i legamenti del ginocchio, nella attività sportiva, particolarmente in seguito a distorsioni del ginocchio, è frequente che si verifichi una lesione del legamento crociato anteriore. Una lesione completa del legamento crociato anteriore determina sensazione di “uscita” del ginocchio. La sensazione è di una profonda instabilità del ginocchio, simile a uno “spostamento”, specialmente nei cambi di direzione improvvisi. La lesione del legamento crociato anteriore può presentari isolata o in associazione a lesioni dei legamenti collaterali e lesioni meniscali.

Crociato rotto: tecniche chirurgiche in artroscopia che ricostruiscono il legamento crociato anteriore

Autoriparazione del legamento crociato anteriore è possibile?

Una volta che il legamento crociato anteriore risulta rotto, è impossibile una riparazione spontanea. Il legamento rotto si attorciglia su se stesso e si allontana generalmente dal femore dove la sua inserzione è più fragile. Questo allontanamento rende veramente impossibile una cicatrizzazione spontanea.

Lesione del legamento crociato anteriore: quando operare?

Nel paziente che manifesta sintomi da instabilità la strada per tornare alla normalità diventa quindi una ricostruzione chirurgica del legamento crociato anteriore.

Chi davvero deve operarsi? Chi deve rinunciare ad attività sportive o lavorative che ama per via di una instabilità al ginocchio merita di essere operato. Il legamento ricostruito fa tornare il ginocchio ad una stabilità dell’85-95% di un ginocchio normale.

Come vedremo nei prossimi paragrafi esistono diverse tecniche per la ricostruzione del legamento crociato anteriore che si differenziano per il tipo di innesto usato per la ricostruzione  e per la tecnica con cui viene posizionato.

Tipi di innesto per la ricostruzione chirurgica del legamento crociato anteriore

L’innesto può essere il tendine rotuleo, i tendini flessori (semitendinoso e gracile) oppure il trapianto da donatore (si chiama allograft ed è un tendine prelevato da un donatore di organi). Questa ultima tecnica è molto più raramente eseguita anche se comunque possibile perchè l’approvvigionamento è più difficile, sono innesti che tendono ad allungarsi un pochino fornendo una minore stabilità nel tempo e non da ultimo perché hanno un rischio biologico potendo potenzialmente trasmettere una malattia infettiva (rischio estremamente più basso di una trasfusione di sangue per intenderci).

Tipi di tecnica per posizionare il legamento crociato anteriore in artroscopia

Per intervenire sul crociato rotto, ormai tutte le tecniche di posizionamento del legamento crociato anteriore si basano sull’uso dell’artroscopia. L’artroscopia è una telecamera che si introduce all’interno dell’articolazione con la quale si possono eseguire riparazioni in ambienti interni come le articolazioni senza necessità di aprire. Attraverso dei fori si introducono strumenti miniaturizzati che consentono di eseguire i gesti chirurgici. Si tratta di costruire un veliero all’interno della bottiglia. Le tecniche sono attualmente migliorate dall’alta definizione che consente di avere immagini ingrandite 25 volte o più su schermi 4k.

Con l’ausilio di questa nitida visione si deve quindi procedere a preparare l’articolazione per l’introduzione del nuovo legamento. All’inizio la tecnica veniva eseguita per via trans-tibiale: in poche parole si posizionava il legamento in maniera condizionata in un punto simile ma non identico a quello del crociato naturale. Queste tecniche ancora si usano e sono possibili per i pazienti a più basse richieste funzionali e hanno il grandissimo vantaggio della semplicità di esecuzione e tempi chirurgici molto ridotti. A fianco di questa tecnica si sono sviluppate le tecniche cosiddette “anatomiche” che mirano a inserire il legamento esattamente dove la natura lo ha posizionato.

La chirurgia ricostruttiva del legamento crociato anteriore: i tipi di innesto

Il legamento crociato rotto deve essere ricostruito per dare di nuovo al ginocchio la stabilità necessaria per svolgere al meglio le sue funzioni. Questa ricostruzione è oggi eseguibile interamente in artroscopia.

Esistono differenti tecniche che permettono al chirurgo di rispondere al meglio alle aspettative e alle necessità lavorative o ricreative di ogni singolo paziente. In questo modo è la chirurgia che si adatta al paziente e non viceversa.

crociato rotto

RICOSTRUZIONE DEL LEGAMENTO CROCIATO ANTERIORE CON TENDINE ROTULEO

Mediante un’incisione centrale anteriore si preleva una parte del tendine rotuleo con due porzioni di osso di rotula e tibia. Si realizza un tunnel all’interno dell’osso che ospiterà il tendine rotuleo prelevato, in modo che esso si posizioni con l’orientamento più simile possibilie a quello del vecchio legamento sano. Si introduce il tendine prelevato all’interno dei tunnel e si fissa all’osso mediante diversi sistemi in modo che si integri perfettamente al suo interno.

I vantaggi sono la massima stabilità: infatti questa tecnica è spesso scelta da calciatori professionisti, preceduta e seguita da un importante percorso di riabilitazione del ginocchio ed è ancora il riferimento per la valutazione di tutte le nuove tecniche. Gli svantaggi sono una elevata aggressività nella sede di prelievo e una maggiore difficoltà riabilitativa iniziale per il paziente.

RICOSTRUZIONE DEL LEGAMENTO CROCIATO ROTTO CON TENDINI FLESSORI

Mediante una piccola incisione anteriore si prelevano due tendini flessori accessori della coscia chiamati semitendinoso e gracile. Questi tendini vengono quadruplicati e fissati tra loro mediante punti di sutura. Il prelievo viene eseguito con segno di incisione minima. Si realizza un tunnel all’interno dell’osso che ospiterà i tendini così preparati, in modo che si posizionino con l’orientamento più simile possibilie a quello del vecchio legamento sano. Si introducono i tendini all’interno dei tunnel e si fissano all’osso mediante diversi sistemi in modo che si integrino perfettamente al loro interno.

Vantaggi: stabilità paragonabile alla ricostruzione con il rotuleo anche se un po’ più elastica, riabilitazione più semplice, minori problemi sul sito di prelievo dell’innesto. E’ la tecnica utilizzata in oltre l’80% dei pazienti che ricostruiscono il crociato.

In questo video potete vedere l’aspetto di un legamento ricostruito con un singolo fascio utilizzando semitendinoso e gracile. L’aspetto delle immagini è dovuto al fatto che in artroscopia l’interno del ginocchio viene visualizzato sotto un flusso continuo di acqua che dilata gli spazi.

RICOSTRUZIONE DEL LEGAMENTO CROCIATO ANTERIORE CON ALLOGRAFT

In questo caso il nuovo crociato viene ricostruito con un tendine donato da un donatore d’organi. Questo tendine (“allograft”) viene scelto in base alle necessità dell’individuo. Il tendine viene opportunamente preparato. Si realizza un tunnel all’interno dell’osso che ospiterà il tendine in modo che esso si posizioni con l’orientamento più simile possibile a quello del vecchio legamento sano. Si introduce il tendine prelevato all’interno dei tunnel e si fissa all’osso mediante diversi sistemi in modo che si integri perfettamente al loro interno.

Vantaggi: riabilitazione molto più semplice. Svantaggi: può perdere la tensione originaria negli anni rendendo un po’ più elastico il ginocchio. Generalmente consigliato per i pazienti sopra 40 anni che vogliono ridurre l’instabilità dell’articolazione senza avere un grosso impatto riabilitativo.

La chirurgia ricostruttiva del legamento crociato rotto: le tecniche anatomiche

RICOSTRUZIONE ANATOMICA DEL LEGAMENTO CROCIATO ANTERIORE

In tempi relativamente recenti è stata messa a punto una nuova tecnica ricostruttiva che mira a riprodurre esattamente l’anatomia del legamento crociato.

Questa tecnica ha come obiettivo il posizionamento del nuovo legamento nella sede e direzione più possibile simile a quella del legamento originario. Per riuscirci, si utilizzano strumenti di guida e vie di accesso dedicate. Al prezzo di una invasività leggermente superiore hanno il vantaggio di ottenere una maggiore stabilità del ginocchio.

In questo video potete vedere l’aspetto di un legamento ricostruito in maniera anatomica. E’ come se il legamento facesse la stessa “curva” di quello di un ginocchio sano. Inoltre in questo modo ogni possibilità di conflitto dannoso con il femore in estensione è eliminata.


RICOSTRUZIONE DEL LEGAMENTO CROCIATO ANTERIORE CON TECNICHE “ALL INSIDE”

Questa tecnica prevede l’esecuzione dei tunnel senza interrompere le corticali femorale e tibiale. Si lavora dall’interno per preparare i tunnel in maniera retrograda. Il principio di base sta nel rispetto massimo dell’articolazione. L’articolazione non viene messa in comunicazione con l’esterno e dovrebbe mantenere un micro-ambiente molto favorevole all’integrazione del nuovo legamento.

Inizialmente gli strumenti a disposizione erano un pò laboriosi. Si trattava di montare una rondella su un filo con estremità filettata, come illustrato in un video sul canale canale YouTube di Chirurgiarticolare.

In questo video potete vedere come fosse possibile scavare un tunnel dall’interno con il vecchio strumentario. Notate la necessità di una precisione millimetrica nell’ingaggiare nuovamente la fresa dopo aver realizzato il tunnel.

L’evoluzione della tecnica e dei materiali ha portato a metodiche sempre meno invasive e di meno difficile esecuzione.

In questo video potete vedere come il nuovo materiale permette di fare diventare un filo una fresa. Lo strumento aperto scava il tunnel, viene quindi richiuso ed estratto.

Lesione dei collaterali

Le lesioni dei collaterali possono essere isolate o associate ad altre lesioni legamentose o a lesioni meniscali. Se isolate possono, a seconda delle personali esigenze del paziente, essere trattate conservativamente o chirurgicamente. Se associate ad altre lesioni è di solito preferibile procedere ad un intervento chirurgico riparativo o ricostruttivo combinato di tutte le lesioni.

Il legamento collaterale mediale: la lesione può guarire da sola?

L’autoriparazione è possibile?

L’anatomia del legamento collaterale mediale o collaterale interno è molto particolare. Non si tratta di una struttura fatta a corda, ma di una struttura che si apre a ventaglio. Inoltre il legamento è costituito da un fascio profondo e uno superficiale. A livello femorale si inserisce in un’area piuttosto piccola che è molto solida e difficilmente si rompe a tale livello. A livello tibiale invece il legamento ha un’inserzione molto ampia. Se da una parte questa inserzione ampia è più delicata, dall’altra permette molto più spesso una riparazione spontanea del legamento. Di fronte a una lesione isolata del legamento collaterale mediale o interno l’atteggiamento è quello di una attesa della cicatrizzazione spontanea. Nelle prime fasi della lesione si tende a immobilizzare il ginocchio con un tutore per favorire la cicatrizzazione.

Quando si opera il legamento collaterale mediale?

Ci sono due condizioni in cui si può decidere se operare il legamento collaterale mediale: quando la lesione è combinata con altre lesioni legamentose rendendo l’instabilità del ginocchio complessa; oppure quando nonostante le cure il legamento non riesce a guarire spontaneamente e resta un’instabilità residua del ginocchio.

Il legamento collaterale laterale o esterno: la lesione può guarire da sola?

Il collaterale esterno è anatomicamente molto diverso rispetto all’interno. Si tratta di una struttura tubulare che è più difficile da rompere, ma se succede i monconi si retraggono rendendo praticamente impossibile ogni tentativo di riparazione spontanea. L’autoriparazione in questo caso è veramente impossibile.

La riabilitazione

La riabilitazione dopo l’intervento per il crociato rotto prevede il seguente percorso.

1 mese circa di stampelle, 3 mesi di riabilitazione serrata (al terzo mese solitamente può essere cominciata la corsa sul tappeto). A partire dal 6°mese si può tornare allo sport (meglio se dopo aver eseguito una RMN di controllo per valutare la sinovializzazione del legamento).

Qui una scheda dettagliata per la riabilitazione.

Le prime 2 settimane dopo l’intervento di riparazione del legamento crociato anteriore

Questa fase è quella di riposo. Bisogna permettere al ginocchio di recuperare dall’infiammazione dell’intervento eseguito. Questo significa restare il più possibile sdraiati con la gamba distesa. Si può camminare per le piccole cose quotidiane con due stampelle e non essere bloccati a letto, ma non conviene uscire di casa o stare a lungo in piedi. Camminare di più non fa guarire prima, al contrario potrebbe infiammare il ginocchio e fare stare male più a lungo. Le stampelle sono un aiuto al cammino, ma in ogni caso il piede può essere poggiato in terra pre quanto tollerato senza sentire dolore. Si può usare il ghiaccio locale 5 volte al giorno. Se si vuole il massimo si può comprare una macchina per la crioterapia. Ne esistono anche di economiche: la durata e la potenza del freddo sono molto maggiori rispetto alla borsa del ghiaccio normale. Si deve inoltre prestare molta attenzione a mantenere il ginocchio completamente esteso in condizioni di riposo. Un atteggiamento in flessione infatti potrebbe fare rimanere un po’ piegato il ginocchio cosa che poi è difficile recuperare in seguito con la fisioterapia. Si può piegare il ginocchio sedendosi su una sedia per tutto quello che viene senza forzare. Si iniziano esercizi di rinforzo muscolare attivo il più semplice dei quali è l’alzata a gamba tesa (vedi la scheda completa degli esercizi per trovarne altri.

Dalla terza alla sesta settimana dopo intervento di ricostruzione legamento crociato anteriore

Dopo la visita di controllo delle ferite vi verrà dato il via libera per incominciare la fase due. Se il ginocchio è sgonfio si può cominciare a camminare per periodi più prolungati. In questa fase l’obiettivo principale è il recupero completo del movimento di piegamento del ginocchio. L’estensione invece dovrebbe essere stata completa fin da subito. Ci si può permettere di lasciare le stampelle se il cammino è buono e non si zoppica. Mediamente si abbandonano le stampelle tra la 3 e la 5 settimana dall’intervento. Gli esercizi di rinforzo possono essere incrementati e volendo si può cominciare la riabilitazione in acqua. Si può lavorare con la cyclette.

Dopo la sesta settimana da intervento di ricostruzione del legamento crociato anteriore

Questa fase è dedicata alla progressione del recupero della forza. Gli esercizi sotto supervisione sono incrementati. Qui la fantasia del fisioterapista può scatenarsi a patto di non caricare di stress torsionali il nuovo legamento. Generalmente al terzo mese si può cominciare la corsa sul tapis roulant e gli esercizi di preparazione sport specifici.

Il ritorno alle attività complete si avrà tra il 5 e il 6 mese. Come politica di sicurezza noi eseguiamo una risonanza magnetica di controllo per tutti i pazienti che operiamo prima del ritorno allo sport. Come test complementare possono essere eseguiti test di forza isocinetici per valutare la corretta ripresa muscolare prima del rientro in campo.

Il recupero accelerato per gli sportivi professionisti dopo intervento di ricostruzione del legamento crociato anteriore

Lo sportivo professionista può accelerare le fasi del recupero tornando a stare bene molto prima. Le tecniche di recupero rapido si basano sull’accelerazione del recupero muscolare, favoriscono il riassorbimento degli edemi ed eliminano il dolore. Chiaramente questa procedura deve essere eseguita in centri ad elevata esperienza sullo sportivo. Perché comportano, se mal eseguiti, un rischio di compromettere la qualità della ricostruzione eseguita. Se desiderate un percorso specifico chiedete al medico di indirizzarvi in centri ad elevata specializzazione.

 

 

 

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