Non ti fare operare alla spalla senza valutare attentamente il tuo caso

Non ti fare operare alla spalla senza valutare attentamente il tuo caso: Un approccio personalizzato per le lesioni ai tendini

Lesioni tendinee della spalla: non sono tutte uguali

Hai mai sentito qualcuno dire di non voler farsi operare alla spalla perché ha sentito storie negative da amici o conoscenti? È importante smettere di generalizzare e capire che ogni caso di lesione ai tendini della spalla è unico. In questo articolo, esploreremo l’importanza di un approccio personalizzato per le lesioni ai tendini della spalla, considerando diverse variabili come l’estensione della lesione, l’età e le esigenze funzionali del paziente.

Valutare l’individualità delle lesioni tendinee

Prima di tutto, è importante comprendere che le lesioni ai tendini non sono tutte uguali. Potreste avere una piccola lesione localizzata, una lesione più ampia o una vecchia lesione che richiede attenzioni specifiche. Inoltre, il muscolo dietro al tendine può essere ancora in buone condizioni o completamente atrofizzato nel tempo. Ogni caso merita di essere affrontato singolarmente, senza generalizzazioni.

Considerare l’età e lo stile di vita del paziente

La seconda cosa da considerare è l’età della persona. Questa varia notevolmente da individuo a individuo. Ci sono anziani che hanno una vitalità sorprendente e conducono uno stile di vita attivo, praticando sport come l’arrampicata, il golf e giocando a tennis. La qualità della loro vita richiede una riparazione del tendine. Al contrario, ci sono anziani che conducono uno stile di vita più sedentario e magari non necessitano dello stesso tipo di intervento per una lesione simile.

Stato della cartilagine: c’è artrosi alla spalla?

Inoltre, non dobbiamo dimenticare che la spalla è costituita da un gruppo di articolazioni. Ci sono una serie di altre articolazioni e alterazioni che possono essere colpite. Ad esempio, la cartilagine può essere in buone o cattive condizioni e ciò influisce radicalmente sui risultati di un intervento di riparazione dei tendini della cuffia dei rotatori.

A volte la protesi di spalla può essere un’alternativa

Talvolta le lesioni tendinee possono essere così estese e gravi da richiedere l’impianto di una protesi di spalla. Questo passo va considerato attentamente nel caso in cui ci sia anche una grave artrosi con  perdita della cartilagine della spalla. È importante valutare caso per caso e considerare l’approccio più adatto a ciascun paziente.

I transfer muscolo tendinei possono essere un’alternativa alla protesi

In quei pazienti in cui la perdita dei tendini comporti una grave riduzione della forza e dove non ci sia un danno cartilagineo rilevante, si può procedere a un trapianto di tendine prendendolo dalla schiena.

A questo livello esistono sia tranfer di gran dorsale sia transfer di trapezio inferiore: ho scritto un articolo che descrive esattamente queste tecniche di transfer muscolotendinei.

L’importanza dell’analisi personalizzata

Quindi, è chiaro che il discorso generalista che abbiamo fatto all’inizio non è molto intelligente. Bisogna approfondire la situazione e capire paziente per paziente cosa può essere utile o non utile fare. Consultare uno specialista qualificato, come un ortopedico o un fisioterapista, è essenziale per valutare la gravità della lesione, l’età del paziente, le condizioni della cartilagine e le possibili opzioni di trattamento. Ogni individuo merita un’analisi personalizzata per garantire il miglior risultato possibile nella riparazione dei tendini della spalla.

In conclusione, le lesioni tendinee della spalla richiedono un’approccio individuale e personalizzato. Non si può fare una generalizzazione basata su esperienze personali o opinioni altrui. È fondamentale consultare professionisti qualificati e valutare attentamente la situazione del paziente, tenendo conto di fattori come la gravità della lesione, l’età, lo stile di vita e le condizioni delle articolazioni circostanti. Solo attraverso un’analisi personalizzata si può prendere la decisione migliore per il trattamento delle lesioni tendinee della spalla e garantire il recupero ottimale del paziente.

La riparazione biologica della cuffia dei rotatori

La frontiera della  riparazione tendinea? La biologia

Negli ultimi 15 anni la chirurgia della spalla ha visto un’evoluzione della tecnica e delle procedure come nessun’altra articolazione del corpo umano. Siamo passati da interventi a cielo aperto con il taglio, all’uso dell’artroscopia. Siamo evoluti da interventi di ore a ottime riparazioni eseguibili in 30-40 minuti di intervento mini invasivo. Abbiamo avuto dalle aziende materiali sempre migliori per le riparazioni dei tendini lesionati della cuffia dei rotatori. Eppure ancora oggi abbiamo dei fallimenti in questa complessa soluzione al problema della riparazione dei tendini della cuffia dei rotatori. Vediamo in questo articolo come è cambiato l’approccio alla riparazione delle lesioni della cuffia dei rotatori in epoca moderma.

Come sono cambiati i punti deboli della chirurgia

Il primo problema chirurgico che abbiamo affrontato negli anni 90 era riuscire a vedere bene con le telecamere dentro un’articolazione così complessa come la spalla. Si tratta di muoversi in spazi angusti che possono sanguinare durante la chirurgia. Nonostante tutto questo i sistemi di pompa artroscopica e l’evoluzione delle anestesie hanno consentito di controllare questo problema. Il punto si è dunque spostato su come legare i tendini rotti all’osso da cui si sono staccati.

Dalla mobilizzazione delle ancore alla rottura dei fili

Le ancore ossee sono state il primo problema. Essendo impossibile la tecnica ago e filo usata in chirurgia tradizionale il sistema si è evoluto sviluppando mini viti da inserire nell’osso per collegare i fili della riparazione. Il disegno si è evoluto cosi tanto nel tempo da portare ad ancore iper-resistenti di titanio, poi riassorbibili e ora virtualmente assenti mediante ancoraggi tutti di filo. Il problema è passato dunque ai fili che si strappavano sotto la tensione degli annodamenti. Anche questo è stato risolto mediante fili ad elevata resistenza che oggi equiparano la tenuta di un cavo d’acciaio. Inoltre l’aggressività del filo sul tendine è stata affrontando trasformando i fili in fettucce con scarsissimo effetto di taglio sul tendine riparato. Ad oggi possiamo dire che il mercato offre fissazioni per tutti i gusti che hanno superato tutti i più comuni problemi di riparazione dei tendini.

La biologia alla base della mancata guarigione

Eppure la letteratura scientifica riporta fallimenti dal 10 al 70% delle riparazioni eseguite con tecniche moderne. La grande variabilità dei risultati dipende certamente da quanto in fretta si opera una lesione e da quanto sia grande e degenerata la lesione che viene riparata. La motivazione del fallimento sembra legata principalmente alla capacità di guarigione biologica dei tessuti che se degenerati stentano a cicatrizzare favorendo nuove rotture. Il cardine del decennio 2020-2030 sarà quello di trovare un modo di aumentare la biologia e le capacità riparative del tendine sovraspinato lesionato per ottenere percentuali di guarigione superiori al 95% in tutte le categorie di pazienti. Vediamo quali siano ad oggi le tecniche più promettenti per migliorare il successo delle nostre riparazioni della cuffia dei rotatori.

Come migliorare la biologia per ottenere risultati migliori

Migliorare la biologia della cuffia dei rotatori rotta deve essere il pilastro di ogni procedura di riparazione tendinea. Ci sono accorgimenti semplici di tecnica che permettono già di ottimizzare il nostro risultato, ci sono poi aiuti biologici esterni che possono essere sfruttati a tutto vantaggio della guarigione tendinea.

La preparazione del tendine

Prima di tutto la preparazione dei tessuti. La cuffia dei rotatori lesionata perde vitalità nel tempo. La prima cosa più importante dunque consiste nel rivitalizzare i tessuti. Questo si può fare pulendo molto bene il tendine e il letto osseo per farlo sanguinare prima della riparazione. La chirurgia inoltre deve essere rapida e poco invasiva sui tessuti. Si è visto infatti che la borsa sottoacromiale contiene una grande quantità di cellule mesenchimali indifferenziate che favoriscono la guarigione. Se si esegue una borsectomia troppo radicale possiamo perdere il ruolo di questo tessuto nella guarigione biologica.

Uso di ancore bio-induttive

La scelta delle ancore può influenzare la guarigione del tendine della cuffia dei rotatori. Un’ancora che permette la fuoriuscita di cellule dal midollo osseo certamente favorirà una migliore guarigione. Esistono oggi ancore ampiamente traforate per consentire una perfetta integrazione con l’osso e la fuoriuscita delle cellule mesenchimali. Esistono anche ancore tutte di filo che minimizzano l’invasione dell’osso.

Uso di innesti di collagene

Da qualche anno abbiamo a disposizione per la riparazione membrane che favoriscono la guarigione del tendine aumentandone la potenzialità biologica riparativa. Queste membrane vengono usate a copertura della riparazione eseguita e agiscono come una guida per le cellule per ottenere la guarigione. Uno studio pubblicato recentemente ha mostrato un netto miglioramento del tasso di guarigione della lesione tendinea studiato con risonanza magnetica ed ecografia.

La procedura comporta un minimo aumento del tempo chirurgico e si è dimostrata sicura e riproducibile.

Lo stimolo con fattori di crescita

L’uso delle membrane permette inoltre di combinare ulteriori stimoli che si ottengono aggiungendo al di sotto del rinforzo di collagene il risultato di una estrazione di fattori di crescita dal sangue periferico in modo da stimolare la guarigione ulteriormente. In questo caso la membrana fa da spugna per trattenere e concentrare l’estratto piastrinico mantenendolo in continuità con la lesione riparata.

L’uso di cellule staminali

Un’ulteriore progressione che è tuttavia sperimentale potrebbe considerare di aggiungere alla riparazione anche un concentrato di cellule staminali per farle differenziare in tendine localmente in modo da migliorare anche la cellularità della riparazione trasformandola in una vera e propria rigenerazione tendinea.

Conclusioni per migliorare la guarigione dei tendini della cuffia dei rotatori

In conclusione le lesioni tendinee della cuffia dei rotatori con distacco del sovraspinato sono una sfida terapeutica non tanto per la riparazione in sé quanto per la vera capacità biologica riparativa del tendine che viene riparato. A oggi la ricerca sta continuando a proporre metodi per migliorare questo aspetto che sembrano tradursi in un vero vantaggio nelle ultime presentazioni scientifiche. Un obbligo del chirurgo è tenersi continuamente aggiornato per offrire il meglio dello stato attuale della ricerca ai propri pazienti per migliorare i risultati della chirurgia.

Borsite alla spalla: come si cura?

La borsite della spalla è un’infiammazione che colpisce la borsa che occupa lo spazio tra i tendini della cuffia dei rotatori e la scapola.

Lo scopo delle borse nel corpo umano è quello di rendere fluido lo scorrimento di più tessuti l’uno sull’altro.

Borsite alla spalla: cosa fare subito

La prima cosa che causa una borsite è il dolore. Specialmente il dolore colpisce durante la notte, a riposo, quando i tessuti sono più sensibili a ogni forma di infiammazione. A volte, oltre che durante la notte, il dolore può infastidire nei movimenti di sollevamento del braccio.

La prima risposta dunque che cerchiamo è come lenire il dolore che sentiamo. Possiamo riassumere i rimedi in 3 capitoli:

  • dormire con la schiena sollevata
  • usare ghiaccio
  • applicare antinfiammatori topici.

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Borsite alla spalla: come dormire

La prima cosa importante è evitare di dormire completamente coricati. Infatti la spalla infiammata soffre la posizione sdraiata. Molto meglio mettere dei cuscini dietro la schiena o nei casi più dolorosi dormire in poltrona in modo tenere la schiena sollevata.

Borsite alla spalla: i rimedi

Rimedi naturali

In caso di borsite alla spalla, volendo ricorrere a rimedi naturali per alleviare il dolore, è possibile usare la borsa del ghiaccio. Ma bisogna avere qualche accortezza. Il ghiaccio non deve mai essere messo nella parte posteriore perché nella spalla potrebbe causare contratture molto dolorose dei muscoli. Inoltre il ghiaccio deve essere sempre appoggiato sulla pelle con una protezione per evitare le ustioni nella parte anteriore della spalla.

Rimedi farmacologici

L’uso degli antinfiammatori potrebbe aiutare. Le compresse devono essere assunte solo dopo prescrizione medica perché possono essere pericolosi per alcune persone. I prodotti locali come creme e cerotti possono invece essere usate se non ci sono allergie al prodotto. Ne esistono molte formulazioni e si tratta di prodotti da banco vendibili senza prescrizione medica. Perché una crema sia efficace si raccomanda almeno 3-4 applicazioni al giorno.

La visita ortopedica per una borsite alla spalla

Una borsite è un importante campanello d’allarme per una spalla che non funziona bene. Una borsite può comparire per una scorretta postura o per un mal utilizzo della spalla o della scapola. Una visita attenta può identificare uno scorretto ritmo scapolo toracico, una postura scorretta della colonna o semplicemente la debolezza di alcuni gruppi muscolari. In questo modo può essere avviato un progetto riabilitativo con un fisioterapista.

Infiltrazioni per la borsite alla spalla

A volte il dolore è troppo intenso per essere gestito con la sola terapia non invasiva. In questi casi le infiltrazioni possono venire in aiuto. Esiste la possibilità di trattare con delle punture mirate di cortisonici o acido jaluronico l’infiammazione usando la guida ecografica come supporto per aumentare la precisione del gesto.

Questo approccio non deve essere interpretato come la cura del problema, ma solo come un supporto al dolore per consentire di impostare una buona fisioterapia per evitare delle ricadute.

La spalla congelata o capsulite adesiva: come risolverla

La spalla congelata è una patologia che determina la perdita del normale movimento della spalla bloccandola come se si congelasse. Il termine è anglosassone ed è la traduzione di “frozen shoulder”.
In Europa è più comune parlare di capsulite adesiva perché è stata così descritta dai francesi che vogliono ben evidenziare la vera sede del problema: la capsula articolare.

Vediamo di analizzare questa comune problematica della spalla.

Cosa significa spalla congelata o capsulite adesiva

La spalla congelata o capsulite adesiva della spalla è una infiammazione dell’involucro dell’articolazione della spalla detto capsula.
Questa infiammazione acuta causa un dolore molto intenso che poi si trasforma in un ispessimento della membrana che invece di rimanere sottile ed elastica diventa spessa e dura. Come conseguenza diretta il movimento si blocca. Dopo una prima fase di dolore acuto si passa ad una fase in cui la perdita di movimento diventa prevalente mentre il dolore si attenua.

Spalla congelata: cause

Perché viene la spalla congelata? A questa domanda non esiste una risposta. Spesso si parla di spalla congelata o capsulite adesiva idiopatica, ovvero una patologia non dovuta a cause note. Sono state cercate tante motivazioni senza trovare una netta associazione ma solo fattori predisponenti che possono essere: un trauma, un fattore ormonale legato alla tiroide, un legame con il diabete, una situazione psicologicamente difficile o stressante. Di fatto in poco tempo si passa da una spalla normale ad una spalla iper-dolorosa e rigida.

Come alleviare il dolore

Il dolore nella spalla congelata è veramente intenso e poco propenso a ridursi con le comuni terapie antalgiche. Il consiglio è quello di rivolgersi al medico per avere un buon supporto antinfiammatorio con protezione dello stomaco. Nei casi più intensi una terapia cortisonica può essere di aiuto. Come rimedi naturali spesso il caldo sulla parte posteriore della spalla dà un grande beneficio perché una parte importante del dolore è correlata alle contratture muscolari.

Spalla congelata come dormire

Un altro consiglio può essere quello di non dormire completamente sdraiati, ma usare dei cuscini per assumere una postura semiseduta. Alla peggio si può dormire in poltrona perché la posizione seduta attenua generalmente il dolore. Vale comunque la regola che qualsiasi posizione in cui si sta meglio può essere tenuta senza pericoli.

Curare la spalla congelata

L’approccio alla capsulite adesiva della spalla prevede che più figure si alternino nella sua cura. Il medico sia esso fisiatra o ortopedico ha un ruolo fondamentale: escludere con la visita ed esami strumentali che la rigidità e il dolore siano dovuti ad una causa meccanica importante.

Una volta confermata la diagnosi il medico ha inizialmente un ruolo nel controllo farmacologico del dolore sia sistemico sia locale mediante infiltrazioni ecoguidate della spalla.

Capsulite adesiva: fisioterapia

La vera terapia la fa il fisioterapista dato che nel 90% dei casi con manipolazioni ed esercizi il quadro di rigidità può essere risolto con successo. La fisioterapia nella spalla congelata vera sarà però lunga e questo non deve frustrare il paziente. Si tratta in buone mani di un percorso fisioterapico di almeno 6 mesi.

Capsulite adesiva: intervento

In alcuni casi la fisioterapia può non essere sufficiente. Se dopo mesi di terapia manipolativa non si raggiunge un risultato sperato, è possibile ricorrere alla chirurgia. Si tratta di un intervento chirurgico in artroscopia (con le telecamere) che consiste nel rompere la capsula articolare per liberare la spalla. Si parla di artrolisi artroscopica a 360°. Questa liberazione ottiene un recupero del movimento passivo di circa il 90%.

Tale recupero ottenuto in sala operatoria deve poi essere mantenuto e completato con la fisioterapia perché non si formino nuove aderenze post chirurgiche nel post-operatorio.

Come sbloccare la spalla congelata: manipolazioni in anestesia

Un altro metodo per sbloccare la spalla congelata che non risponde alla fisioterapia consiste nelle mobilizzazioni in anestesia. Si tratta di un ortopedico o un fisioterapista che sotto anestesia forzano la spalla a muoversi su tutti i piani per ottenere la rottura della capsula articolare che causa il problema.

E’ un metodo che sconsiglio fortemente ai miei pazienti e spiego le motivazioni. Il motivo principale consiste nella casualità in cui chi manipola induce rotture di tessuti molli all’interno della spalla. Mi spiego meglio: spingendo la spalla per liberarla non si può essere certi che la capsula articolare si rompa per prima. Potrebbe per esempio cedere uno o più tendini della cuffia dei rotatori invece della capsula. Dal momento che è necessaria una anestesia, di gran lunga preferisco andare a tagliare io la capsula articolare in artroscopia piuttosto che lasciare al caso la sua rottura nelle mani di un manipolatore.

Inoltre nelle manipolazioni esistono complicanze legate alla possibilità specialmente in soggetti osteoporotici di avere fratture ossee durante la mobilizzazione. Tale evenienza si abbassa molto se le mani di chi mobilizza il paziente sono esperte, ma non può essere esclusa a priori. Come evidenziato da una recente metanalisi sulle mobilizzazioni in anestesia, purtroppo l’evenienza delle complicanze è largamente sottovalutata nella letteratura scientifica dato che nessuno studio è mai stato condotto per evidenziare in particolar modo le complicanze legate alle lesioni iatrogene della cuffia dei rotatori.

Conclusioni sulla sindrome della spalla congelata

In  conclusione la spalla congelata o capsulite adesiva è una patologia non pericolosa ma molto invalidante che si risolve nella stragrande maggioranza dei casi con un approccio multidisciplinare tra medico e fisioterapista. Solo occasionalmente servono procedure più invasive come l’artroscopia per risolverla.

Se soffrite di questo problema la terapia sarà lunga oltre 6 mesi ma di sicuro successo. Un approccio integrato sarà utile per fornire un supporto specialmente nella fase del dolore acuto.

 

I miei maestri: Riccardo Minola ortopedico a Milano

Nel percorso che mi ha portato ad essere l’ortopedico che sono, non posso esimermi da ricordare il dottor Riccardo Minola, noto ortopedico a Milano, che riconosco come mio primo maestro nella chirurgia artroscopica di Spalla. La formazione di quei primi anni della mia attività mi ha permesso di diventare quello che sono oggi.

Il miglior ortopedico specialista di spalla a Milano

Quando cominciai a frequentare lo studio del dottor Minola era il 2004. Senza dubbio all’epoca era considerato il miglior ortopedico della spalla a Milano. Il suo percorso era iniziato al Gaetano Pini negli anni in cui si vedeva nascere l’artroscopia in Italia, tra il 1986 e il 1995.
In quegli anni era difficile anche organizzarsi per avere l’artroscopio e la “vecchia” ortopedia ostacolava quei giovani talentuosi che volevano eseguire gli inerventi con le telecamere.

Il trasferimento all’ Istituto Clinico Humanitas di Rozzano

Il mondo stava cambiando. La spinta sull’ospedalità privata a Milano era estremamente forte e tutte le migliori realtà dell’ortopedia milanese venivano attratte dalle prestigiose strutture pubbliche verso i nuovi centri privati. E fu così che all’inaugurazione dell’Istituto Clinico Humanitas anche il prof Mario Randelli, che aveva dedicato una vita alla chirurgia della spalla divenendo un’eccellenza ortopedica a Milano, decise di spostarsi nel nuovo centro ICH di Rozzano. Con il prof. Mario Randelli anche il giovane Riccardo Minola si spostò assumendo la responsabilità di tutta l’artroscopia del centro Humanitas.

Un’ottica lungimirante porta l’artroscopia all’eccellenza nell’ortopedia Milanese

Aprire le porte nel 1996 all’artroscopia a Milano rese unica l’esperienza che il dottor Minola sviluppò in tale settore. Furono gli anni del boom della chirurgia artroscopica. E in un centro moderno come il nuovo ospedale Humanitas si radunò un gruppo dei migliori ortopedici a Milano che rese la struttura l’eccellenza della chirurgia ortopedica tradizionale e artroscopica.

Il mio inizio con il dottor Minola ortopedico a Milano

Nel 2003, affascinato dall’ortopedia, ero in procinto di laurearmi all’Università Statale di Milano. Stavo conducendo presso il Policlinico di San Donato una ricerca sull’utilizzo del Laser per guarire il grave problema delle osteonecrosi della testa del femore. Capivo che la tecnologia sarebbe stata la chiave del futuro dell’ortopedia. Fu allora che mi intrufolai in un congresso della Società Italiana di Artroscopia e vidi operare il dottor Riccardo Minola. Non avevo mai visto nulla di simile. Di sicuro quello era il miglior ortopedico della spalla a Milano per l’epoca. La manualità era incredibile. Riusciva a far sembrare semplici le cose difficili. La gestione dei tessuti era perfetta e la tecnica era veramente all’avanguardia.

Le visite ortopediche della Spalla a Milano

intervento a Buffon dal migliore ortopedico di milano
Credits: Doha Stadium Plus Qatar

Cominciai dopo la Laurea a far convivere la Scuola di Specializzazione in Ortopedia e Traumatologia con le frequenze nell’ambulatorio privato del dottor Minola, che visitava i pazienti principalmente come eccellenza di Ortopedia della Spalla a Milano.

Imparai moltissimo in quegli anni. Capii come gestire le lesioni della cuffia dei rotatori, come selezionare i pazienti giusti da operare e come prendermi cura del loro recupero post-operatorio.

La pratica ambulatoriale nella gestione della patologia della spalla venne integrata con la ricerca scientifica e la partecipazione a congressi che si intensificò ulteriormente quando Riccardo Minola divenne presidente della Società Italiana di Artroscopia. La pratica di Specialista Ortopedico di Spalla si mischiò virtuosamente alla formazione teorica che mi portò presto, ancora non specialista, ad essere insegnante di tecniche artroscopiche della SIA a Barcellona.

Da allora sono diventato la sua ombra: dove era lui stavo anche io. Nel  2005 lo accompagnai ad un congresso internazionale ad Annecy alla prima edizione del ormai celebre congresso di Laurent Lafosse, dove mi volle al suo fianco per eseguire una chirurgia in diretta davanti ad un pubblico di quasi mille persone. La mia crescita personale era ormai ben delineata.

L’apice dell’eccellenza nella chirurgia della spalla: il caso Buffon

Stadio San Siro. Agosto 2005. Trofeo Berlusconi. Buffon si lussa la spalla. Dopo gli accertamenti la lesione legamentosa richiede un intervento chirurgico. Lo staff della Juventus non ha dubbi e viene chiamato Riccardo Minola che insieme a Flavio Quaglia e Roberto Ravera esegue l’intervento chirurgico su Buffon.
Con grande successo, dato che il nostro portiere nazionale ha conquistato i Mondiali Germania 2006.

Continua l’eccellenza di ortopedia della spalla a Milano

Nei 6 anni di lavoro con il dottor Minola, dal 2003 al 2009, mi è stato possibile apprendere la maggior parte delle tecniche artroscopiche che continuo ad utilizzare nella mia pratica clinica attuale. Di quegli anni mi rimane la confidenza con l’uso dell’artroscopia e le lunghe discussioni di ritorno dai congressi. Personalmente da allora grazie allo studio continuo e ai contatti creati sono riuscito ogni anno a migliorare le mie conoscenze. Grazie al lavoro accanto a lui negli anni ho frequentato il dottor Gilles Walch a Lione, il prof Christian Gerber a Zurigo, il dottor Jeff Dugas all’Andrews Institute di Birmingham USA, il dottor Laurent Lafosse ad Annecy, il dottor Bassem T Elhassan alla Mayo Clinic USA. Sulla base di quella fondamentale esperienza ho costruito tutte le mie conoscenze nell’artroscopia di Spalla, ho migliorato le tecniche chirurgiche nella protesi di Spalla, ho affrontato il tema dei transfer muscolo tendinei.

Un incredibile percorso che mi ha portato a lavorare a Milano come ortopedico della spalla, effettuando visite e operando presso la Casa di Cura Privata del Policlinico, e di continuare a crescere nello studio e nella ricerca delle novità in questo ambito.

I miei maestri: Renzo Angeloni Ortopedico a Firenze

“La crescita di un grande medico dipende dalla sua inclinazione, ma anche dalla fortuna di incontrare un grande maestro”

Rita Levi Montalcini

La mia crescita professionale come Medico Ortopedico mi ha portato tanti sacrifici, ma mi ha permesso anche di incontrare grandi maestri che hanno favorito la mia crescita personale.
Renzo Angeloni, noto ortopedico a Firenze, è un maestro che affianca il mio percorso di crescita dal 2016, quando, terminata la brillante carriera ospedaliera, ha deciso di continuare a dedicare la sua esperienza ai pazienti nel privato.

Il dottor Renzo Angeloni, pur essendo di origini Liguri come me, ha compiuto tutta la sua carriera di ortopedico nella città di Firenze presso l’ospedale CTO di Careggi. Dopo essersi specializzato con una tesi sulla Protesi di Ginocchio con il professor Aglietti, decide di dedicarsi completamente alla microchirurgia e alla chirurgia dell’arto superiore. L’incontro con il prof Christian Gerber segna tutta la sua carriera. Con lui, da giovane ortopedico, accresce le sue abilità chirurgiche su spalla e gomito in un ambiente estremamente vivace dal punto di vista intellettuale. Rientrato in Italia, coglie l’opportunità di dirigere la divisione di chirurgia dell’arto superiore al CTO di Careggi a Firenze.

La collaborazione con Renzo Angeloni

La cosa più bella nata dalla collaborazione con il dott. Angeloni è stata per me la crescita su tecniche con cui non mi ero mai confrontato: la chirurgia complessa del gomito e la traumatologia. Due specialità in cui l’esperienza maturata del lavoro di tanti anni fa la differenza. In Renzo Angeloni ho trovato un maestro disponibile e generoso che ha voluto condividere con me tutte le conoscenze maturate in una vita di lavoro in ospedale al CTO di Firenze. Come pioniere in Italia studia con passione le possibili alternative alla protesi di spalla come i transfer muscolo tendinei di Gran Dorsale e l’uso del Baloon, un palloncino riassorbibile per contrastare la salita della testa omerale nelle lesioni massive della cuffia dei rotatori.

Un importante intervento con il dott. Angeloni

L’apice della nostra collaborazione è stato raggiunto a Luglio 2017 quando la grande esperienza chirurgica e traumatologica del dott. Angeloni unita alla mia esperienza statunitense nell’aggiornamento delle nuove frontiere dei trapianti muscolo tendinei, ci ha portato a salvare insieme l’uso del braccio di un giovane paziente. Si trattava di un caso complesso che associava una frattura-lussazione della spalla e un grave problema vascolare alla perdita dei tendini della cuffia dei rotatori necessari per il movimento della spalla. Il necessario salvataggio da parte dei chirurghi vascolari per evitare l’amputazione del braccio ha giocoforza fatto ritardare l’intervento sui tendini che nel tempo erano ormai diventati irreparabili.

Con il dottor Angeloni, ortopedico a Firenze, abbiamo eseguito un intervento che ha recuperato l’uso del braccio di questo giovane paziente combinando le reciproche conoscenze.

Tramite una via d’accesso posteriore abbiamo ricostruito la testa omerale del paziente mediante una protesi di superficie. Pur essendo un passaggio necessario, tale procedura difficilmente avrebbe permesso il recupero della forza sufficiente per il movimento del braccio. Era necessario un transfer muscolo tendineo che abbiamo eseguito sfruttando l’esperienza della Mayo Clinic del dottor Bassem Elhassan.
La tecnica consiste nel prelevare un tendine dal dorso del paziente, in particolare il trapezio inferiore, per vicariare l’uso della forza perso per l’assenza della cuffia dei rotatori.

Renzo Angeloni ortopedico a Firenze: non solo un maestro ma anche un amico

Dopo il mio trasferimento in Toscana, in seguito alla mia crescita professionale, è stato veramente prezioso trovare un riferimento in Renzo Angeloni che come ortopedico a Firenze è diventato, oltre a un maestro, un amico con cui condividere un fruttuoso percorso lavorativo.

Questa esperienza mostra quanto siano importanti i maestri nella crescita chirurgica per affrontare casi complessi di chirurgia di Spalla e Gomito. Il dottor Renzo Angeloni continua ad essere riferimento indiscusso in tale ambito e la nostra collaborazione continuerà a far crescere la qualità delle cure per i nostri pazienti a Firenze e in tutte le cliniche dove operiamo.

Protesi personalizzate stampa 3d: nel ginocchio come nella spalla

“A Milano presso l’istituto Clinico Humanitas di Rozzano il professor Maurilio Marcacci ha eseguito un intervento di protesi al ginocchio personalizzata sul paziente, stampata direttamente in  3D”. Notizia ANSA 11 marzo 201919:13

La medicina personalizzata: quali applicazioni in ortopedia?

Il futuro dell’ortopedia e della medicina in genere è la personalizzazione della cura. Se la medicina personalizzata viene utilizzata per migliorare le terapie mediche, la stessa cosa è possibile ed auspicabile anche per gli interventi di protesi. Il principio è chiaro e condivisibile dato che più riusciremo a ricostruire le articolazioni malate con protesi simili all’anatomia normale, più riusciremo a migliorare i nostri risultati.

La stampa 3d: sistema efficace per personalizzare gli impianti protesici

Ho pubblicato su youtube un video che mostra come la stampa 3d si di grande aiuto nella correzione degli ampi difetti ossei nella protesi di spalla e come da anni aziende leader in questo settore si adoperano per migliorare la personalizzazione degli impianti.
La buona cosa per tutti riguarda il fatto che l’esistenza di tale possibilità sia pubblicizzata e diffusa per farne conoscere i vantaggi. L’ Istituto Clinico Humanitas di Milano Rozzano ha il merito di cominciare a diffondere l’esistenza di impianti avanzati personalizzati che possono essere utilizzati a tutto vantaggio dei pazienti specialmente nei casi più complessi.

 

Fast track e recupero rapido: non soltanto personalizzazione degli impianti

Nel nostro gruppo di chirurghi, oltre alla personalizzazione degli impianti sulla base delle specifiche esigenze dei pazienti, da anni seguiamo tutte le innovazioni che riguardano la protesica delle articolazioni maggiori. Il miglioramento dei risultati passa infatti per un complesso di attenzioni al dettaglio che portano ad un percorso migliore per i pazienti. In particolare per raggiungere un recupero rapido dopo l’intervento attraverso innumerevoli miglioramenti eseguiamo: lezioni di preparazione preoperatoria con medici e fisioterapisti, preparazione medica del paziente per migliorare le condizioni di salute in anticipo, accurata pianificazione preoperatoria per personalizzare l’intervento su tipo di deformità del paziente, intervento rapido contenendo le perdite ematiche e minimizzando i traumatismi ai tessuti periarticolari, mobilizzazione precoce per prevenire le trombosi, uso di crioterapia avanzata, terapia del dolore con infiltrazioni perioperatorie e terapia multimodale.

La stampa 3d e la necessità di pianificare gli interventi in anticipo

Proprio nel senso della personalizzazione dell’impianto da tempo usiamo componenti protesiche stampate in 3d da polveri di titanio. Il vantaggio delle stampe 3d consiste nell’avere componenti protesiche monoblocco senza saldature o accoppiamenti di materiali diversi, in grado di favorire una fissazione e crescita dell’osso all’interno dell’impianto. Inoltre sulla base dell’esame TAC pre-operatorio è possibile eseguire una conformazione dell’impianto direttamente sul difetto osseo ottenendo come un sarto un abito su misura per il difetto osseo del paziente. Un ulteriore vantaggio viene dalla pianificazione pre-operatoria dell’impianto eseguita di norma su tutti i nostri pazienti e in particolare sulla spalla dove la procedura può essere guidata e navigata anche in sala operatoria.

Grazie dunque all’Istituto Clinico Humanitas di Milano Rozzano che con le qualità del professor Maurilio Marcacci portano alla ribalta la dovuta attenzione che tutti dobbiamo porre alla personalizzazione della chirurgia sul paziente, tema a noi estremamente caro. Un centro di eccellenza per la chirurgia Ortopedica moderna deve tenere conto di tutte le innovazioni tecnologiche che esistono per aiutare i pazienti a ottenere una guarigione più rapida e migliore.

La pianificazione TAC migliora l’accuratezza del posizionamento della protesi di spalla

Il posizionamento della protesi di spalla è cruciale per il corretto funzionamento e per la durata della protesi. La cosa più difficile per il chirurgo è stimare durante l’intervento come orientare e fissare le componenti della spalla per ottenere un posizionamento perfetto. Vediamo perchè il corretto posizionamento della protesi di spalla sia così cruciale e come possiamo aiutarci per migliorare l’accuratezza dell’impianto.

Posizionamento della protesi di spalla e durata dell’impianto

Perchè una protesi possa meccanicamente funzionare più a lungo possibile i carichi di lavoro devono essere ben distribuiti sull’impianto. Se i carichi non sono corretti, le forze si distribuiscono in maniera irregolare sull’impianto. Questo si riflette in un funzionamento alterato delle componenti protesiche che portano inevitabilmente ad un’usura delle componenti impiantate.

Un posizionamento alterato nella protesi anatomica di spalla può portare a fallimento precoce l’impianto

Nella protesi anatomica il punto debole dell’impianto è costituito dall’impianto scapolare. Se la protesi di superficie della scapola subisce carichi non perfettamente distribuiti si può verificare il cosiddetto effetto del cavallo a dondolo. Un carico asimmetrico infatti può far dondolare la componente protesica fino a mobilizzarla. Una mobilizzazione dell’impianto provoca dolore e spesso una glena mobilizzata può rendere necessario un intervento di sostituzione della protesi.

Un posizionamento alterato nella protesi inversa può portare una limitazione del movimento

La protesi inversa che viene messa quando i tendini della spalla sono irrecuperabili, basa il suo funzionamento sull’incastro preciso tra una sfera ed una coppa. Questo incastro rende stabile la spalla per funzionare con l’attivazione del deltoide. La spalla pertanto diventa molto vincolata. Ancora di più per garantire una funzione adeguata di questo vincolo il corretto posizionamento permette un’escursione maggiore della spalla. Il movimento sarà dunque più completo possibile a seconda di quanto preciso sarà il posizionamento della protesi a parità di condizioni precedenti l’intervento.

La pianificazione preoperatoria della protesi di spalla su radiografia

Il primo livello di pianificazione dell’intervento viene sempre eseguita su una radiografia normale. Con la radiografia capiamo il consumo della spalla, valutiamo le dimensioni dell’impianto e prevediamo il consumo dell’articolazione. Si tratta però di una valutazione insufficiente della spalla. Non è possibile capire dalla radiografia il consumo specialmente sulla scapola. Non si possono valutare gli angoli cruciali per l’impianto corretto. Pertanto si può affermare con sicurezza che una protesi di spalla non può essere impiantata correttamente con il solo ausilio della radiografia.

La pianificazione TAC fondamentale per il posizionamento della protesi di spalla

Essenziale dunque per studiare come impiantare la protesi uno studio che definisca esattamente lo stato dell’articolazione e che lo faccia in 3 dimensioni. La TAC a strato sottile è l’esame più accurato che permette una ricostruzione tridimensionale su più piani. Per prima cosa l’esame permette di classificare il consumo dell’articolazione. Il tipo di consumo orienta sulla tipologia migliore per l’impianto articolare. Poi ci permette di vedere gli assi normali della spalla: in particolare con questo esame possiamo prevedere come correggere l’articolazione per ottenere una migliore stabilità, funzione e durata dell’impianto. Non meno importante l’esame ci permette di valutare in anticipo le difficoltà: a volte infatti la scapola può essere troppo consumata o troppo piccola per ospitare adeguatamente l’impianto. Prevedendo le difficoltà possiamo fare arrivare strumenti o impianti particolari per colmare un difetto osseo per esempio.

Il futuro della pianificazione con la TAC della protesi di spalla

La pianificazione TAC per l’impianto della protesi di spalla apre un mondo di possibilità. Di fronte a danni molto estesi si possono ordinare materiali su misura. Infatti la TAC a strato sottile è come un’impronta per eseguire un calco plasmato sul difetto osseo. Come un capo di alta sartoria, la protesi può essere personalizzata e prodotta su misura sulla base del difetto osseo riscontrato nell’esame. Un modellino in plastica può essere manipolato e osservato dallo specialista prima dell’intervento per prepararsi alla chirurgia. Non solo. Con dei software molto accurati è possibile simulare il comportamento che avrà la protesi dopo essere stata impiantata e provare a migliorare il risultato cambiando dimensioni, altezze, modelli e posizionamenti degli impianti. Tutto ancora prima di operare.

La navigazione intra-operatoria per il posizionamento della protesi di spalla

L’ultima novità consiste nell’utilizzare le informazioni tridimensionali della TAC per valutare il corretto posizionamento dell’impianto durante l’intervento. Tutta la pianificazione viene trasferita in un computer di sala operatoria che con i suoi occhi e speciali sensori osserva quello che viene eseguito in sala operatoria guidando la mano del chirurgo. In tempo reale in chirurgo vede l’effetto dei suoi gesti sulla tac del paziente per ottenere il miglior posizionamento possibile su tutti i piani di lavoro.

In conclusione: la pianificazione pre-operatoria è fondamentale per ottenere risultati ottimali in chirurgia protesica di spalla. Nel mondo moderno una TAC è un irrinunciabile elemento per il corretto impianto di una protesi di spalla. A partire da questo esame si possono eseguire innumerevoli valutazioni fino ad arrivare ad un aiuto concreto durante l’intervento. Tutto al servizio dei nostri pazienti per ottenere risultati sempre migliori.

Bibliografia

J Bone Joint Surg Am. 2019 Mar 6;101(5):446-457. doi: 10.2106/JBJS.17.01614.
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J Shoulder Elbow Surg. 2011 Jan;20(1):21-6. doi: 10.1016/j.jse.2010.07.014.
Accuracy of placement of the glenoid component in reversed shoulder arthroplasty with and without navigation.

Infezioni protesi di spalla: come ridurre l’incidenza mediante l’uso di una crema locale

Una delle complicanze associate all’impianto di una protesi consiste nelle possibili infezioni nella protesi di spalla durante l’intervento. La nostra pelle infatti ospita dei batteri detti commensali che non ci fanno male, ma possono causare una malattia se penetrano in profondità. In particolare i batteri sono in grado di attaccarsi al metallo della protesi sviluppando delle difese che rendono inutili antibiotici e anticorpi del nostro sistema immunitario. In caso di infezione periprotesica purtroppo diventa necessario espiantare la protesi completamente per guarire l’infezione. Questo rappresenta una grave sconfitta per medico e paziente in quanto una protesi perfettamente funzionante deve essere tolta per guarire un’infezione.

Tecniche comuni per prevenire l’insorgenza di infezioni nelle protesi di spalla

Il principale trucco per abbassare il rischio di infezione è lavorare per ridurre il numero di batteri presenti. Dato che è impossibile eliminarli completamente, almeno ridurre al minimo la “carica” batterica è il massimo che si può fare. Esitono diversi metodi per farlo.

Strategia numero uno: i lavaggi pre-operatori

Prima di tutto il lavaggio con saponi a base di clorexidina riduce moltissimo il numero di stafilococchi. I lavaggi vanno ripetuti da 2-3 giorni prima dell’intervento per modulare la presenza di batteri patogeni. Per la spalla inoltre il principale sospettato è un batterio comune anche all’acne giovanile: il propyonibacterium o cutibacterum acnes. I lavaggi superficiali in questo caso sembra che non bastino in quanto il batterio si annida nelle ghiandole sebacee. L’uso di una crema topica usata per l’acne giovanile è stata studiata e può abbassare notevolmente il rischio di infezioni nelle protesi di spalla.

Strategia numero due: flussi laminari in sala operatoria

Le sale operatorie moderne sono attrezzate con flussi laminari di aria che portano lontano dalla sala operatoria i germi, garantendo un numero minimo di ricambi di aria. E’ come la vecchia sana abitudine di aprire le finestre in camera la mattina. Solo che per ovvie ragioni in sala operatoria si ottiene in una maniera controllata con aria filtrata che cambia numerosissime volte ogni ora. Allo stesso tempo il flusso di aria allontana i germi dal campo operatorio per ottenere una maggiore sterilità.

Strategia numero tre: uso di caschi in sala operatoria

Per fare in modo di non portare germi sul campo operatorio, oltre al normale uso di mascherine, utilizziamo della speciali tute con caschi da astronauta. Si tratta di un sistema ventilato che ci permette di essere sterili anche in testa. Il vantaggio è di una protezione maggiore per evitare di essere noi operatori a inquinare il campo operatorio e provocare quindi infezioni nelle protesi di spalla.

Strategia numero quattro: la profilassi antibiotica

Prima di inziare l’intervento e appena dopo vengono somministrate dosi di antibiotico in modo di rendere il più possibile inospitale l’ambiente per evenutali germi che dovessero contaminare la ferita durante l’intervento. Nella remota ipotesi dunque di un ingresso di batteri indesiderati l’ambiente risulta talmente inospitale da impedire infezioni della protesi di spalla.

Strategia numero cinque: uso di steri-drape

Durante la chirurgia sappiamo che l’origine più comune delle infezioni dipende da batteri presenti sulla pelle del paziente. Per questo usiamo una speciale plastica sterile che dopo la disinfezione viene applicata sulla pelle del paziente. E’ la plastica stessa che viene incisa per iniziare l’intervento in modo che mai gli strumenti o la protesi vengano a contatto con la pelle del paziente.

Il nemico principale della spalla: il Cutibacterium Acnes

Dato che nella spalla insieme allo stafilococco il principale batterio responsabile delle infezioni è lo stesso che causa l’acne giovanile, recenti studi hanno ipotizzato che un trattamento con gli stessi saponi in crema utilizzati nella lotta all’acne possano ridurre la contaminazione durante l’intervento.

Infezioni periprotesiche e protesi di spalla: la lotta necessaria

In conclusione il problema delle infezioni nelle protesi di spalla pur essendo molto raro, può comportare gravi problemi per i pazienti. Per questo una strategia estesa deve essere utilizzata per combattere più possibile questa evenienza. Nel nostro ospedale prendiamo seriamente il problema e adottiamo tutte le più moderne precauzioni per evitare che i nostri pazienti possano contrarre un’infezione.

Bibliografia:

Neer Award 2018: Benzoyl peroxide effectively decreases preoperative Cutibacterium acnes shoulder burden: a prospective randomized controlled trial. J Shoulder Elbow Surg. 2018 Sep;27(9):1539-1544. doi: 10.1016/j.jse.2018.06.012. Epub 2018 Jul 24.

Benzoyl peroxide and clindamycin topical skin preparation decreases Propionibacterium acnes colonization in shoulder arthroscopy. J Shoulder Elbow Surg. 2017 Jul;26(7):1190-1195. doi: 10.1016/j.jse.2017.03.003. Epub 2017 May 4.

Efficacy of topical benzoyl peroxide on the reduction of Propionibacterium acnes during shoulder surgery. J Shoulder Elbow Surg. 2015 Jul;24(7):995-1004. doi: 10.1016/j.jse.2015.04.003

Protesi senza dolore: si comincia prima dell’intervento

Quanto il dolore può influenzare i risultati dei nostri interventi? Davvero è solo la perfetta esecuzione dell’intervento a condizionare il risultato a distanza? Siamo certi che il progresso passi solo attraverso le nostre mani di chirurgo? Una protesi senza dolore è sicuramente il primo migliore passo per un recupero rapido dopo l’intervento.

Queste sono le tante domande che ci facciamo ogni giorno nel nostro modo di afforntare gli interventi chirurgici che eseguiamo sui nostri pazienti. In particolar modo gli interventi di protesi hanno bisogno di un controllo del dolore molto accurato per dare il risultato sperato.

Protesi senza dolore: quali sono i meccanismi in gioco

Il dolore innesca i suoi meccanismi nel momento stesso in cui l’intervento comincia. Il solo taglio dell’intervento provoca una reazione a catena di sostanze infiammatorie che trasmettono uno stimolo negativo al nostro cervello. Questo messaggio non viene ostacolato dalla semplice anestesia che ovviamente viene eseguita. Localmente i mediatori sono in grado di dare uno stimolo negativo anche se questo non arriva al cervello. Per questo si sono sviluppate strategie di blocco preventivo del dolore mediante una analgesia preventiva, detta “pre-emptive analgesia”.

Pre-emptive analgesia per il fast track dopo interventi di protesi

L’analgesia pre-operatoria per migliorare il recupero dopo interventi di protesi si basa su tre principali pilastri che bloccano il dolore ancora prima che l’insulto dell’intervento avvenga. Lo fanno su tre livelli diversi: sui recettori nervosi periferici, sul cervello, sulla liberazione locale di sostanze infiammatorie.

Analgesia preventiva negli interventi di protesi: il blocco dei nervi periferici

Esistono farmaci che sono nati per curare l’epilessia, ma che nella pratica clinica a dosaggio molto basso hanno mostrato di modulare l’attività nervosa periferica. Queste sostanze possono essere assunte preventivamente per “saldare i nervi” in modo che siano meno sensibili alla trasmissione del dolore.

Protesi che non causa dolore: uso di farmaci antidolorifici centrali

Il secondo livello di intervento è possibile proprio a livello del cervello per inibire all’origine la sensazione del dolore. Si usa un farmaco a basso effetto collaterale, noto come antipiretico a base di paracetamolo, per inibire in alto la sensazione di dolore.

Blocco dei fattori infiammatori a livello della ferita: pre-emptive analgesia antinfiammatoria

Ultimo livello di intervento è quello locale sui fattori infiammatori. Mentre nel passato non era possibile agire a questo livello in quanto si sarebbero alterati i fattori della coagulazione rendendo più facile il sanguinamento, la ricerca ci è venuta incontro. Attualmente esistono gli inibitori selettivi della COX 2 che bloccano l’infiammazione senza alterare la coagulazione.

Pre-empitve analgesia e fast track in chirurigia protesica: un elmo preventivo nei confronti del dolore

In conclusione il paziente ben preparato all’intervento di protesi parte con un netto vantaggio rispetto al paziente non preparato. Ha già un paracadute che lo protegge dal dolore. A tutto vantaggio non solo del fatto di avere un percorso meno problematico inizialmente, ma anche sicuramente un recupero a distanza molto più semplice.

In sostanza partire con poco dolore equivale ad avere aggirato il primo più grande ostacolo per il ritorno alla normalità.

Bibliografia

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