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Studiato negli Stati Uniti il ruolo della vitamina D nella guarigione della cuffia dei rotatori.
Un dato su tutti: si stima che tra la popolazione britannica di 45 anni di età vi sia un deficit di vitamina D in quasi il 90% della popolazione, almeno la metà dei casi grave (Hypovitaminosis D in British adults at age 45 y: nationwide cohort study of dietary and lifestyle predictors Elina Hyppönen and Chris Power).
Quale impatto dunque questa scoperta potrebbe avere sulla qualità dei risultati chirurgici nelle riparazioni della cuffia dei rotatori? Il lavoro pubblicato dall’Hospital for Special Surgery di New York (Am J Sports Med. 2014 Scott Rodeo e altri) suggerisce che c’è un legame tra tendini e integratori e che c’è una grandissima differenza in termini di guarigione tra un tendine riparato in un soggetto normale e uno con carenza di vitamina D. Cerchiamo di capire perché.
Riparazione della cuffia dei rotatori: quali obiettivi?
Andiamo per pietre miliari. Il primo obiettivo della moderna riparazione della cuffia dei rotatori in era artroscopica è stato riprodurre un sistema di fissazione solido ed efficace per riattaccare il tendine all’osso. La fissazione moderna è garantita da “ancore”, delle mini-viti che fissano fili ad altissima resistenza. Si tratta di fili molto resistenti, paragonabili a fili d’acciaio, molto simili alle lenze per la pesca.
Il secondo obiettivo è stato quello di capire in che punti e quanto ancorare il tendine all’osso. Vale a dire riprodurre il cosiddetto “Footprint”, l’area di contatto necessaria al tendine per guarire dove desideriamo.
Il terzo obiettivo: mantenere una solida presa sul tendine, che spesso è degenerato.
Tutti questi obiettivi hanno avuto negli anni più di una risposta. Dal punto di vista meccanico siamo preparatissimi.
Cosa si può dire invece della guarigione biologica? Abbiamo altrettante informazioni su quanto riguarda il micro-ambiente che è necessario al tendine per cicatrizzare alla sua inserzione? Forse non è così.
La nutraceutica del tendine: il ruolo della vitamina D.
Finalmente uno studio si concentra sulla vitamina D, nota amica delle nostre ossa, che possiamo acquisire per via alimentare e che produciamo anche noi stessi con l’aiuto dell’esposizione al sole. In sostanza si tratta di quella vitamina necessaria alle nostre ossa per mantenersi solide. Lo sanno bene le persone che devono assumerla molti mesi all’anno per via dell’osteoporosi, magari in associazione al calcio e ad una terapia con difosfonati.
Ma cosa c’entra tutto questo con i tendini? L’obiettivo fondamentale del chirurgo che ripara un tendine è che quest’ultimo si attacchi vigorosamente all’osso. E’ come se il collagene del tendine si dovesse saldare tra le trabecole ossee formando un unicum, quelle che in natura sono le ancore potenti costituite dalle “Fibre di Sharpey”. Ebbene, questo processo di guarigione consiste nella crescita ossea che va ad inglobare la fibra tendinea riparata. E’ come un qualcosa che consente alla pianta di mettere radici nella terra. Un passo fondamentale per ottenere l’anatomia più vicina possibile a quella normale che conosciamo e cerchiamo di riprodurre nella riparazione.
Inoltre la vitamina D ha un ruolo fondamentale nella salute del muscolo che è il motore del tendine: la mancanza di tale vitamina favorisce l’insorgenza di fibrosi e degenerazione grassa del ventre muscolare, conseguenza più temuta dopo una rottura tendinea, poiché rende irreparabili le lesioni croniche della cuffia dei rotatori.
Integratori e tendini: i risultati dello studio in pillole.
Il gruppo di ricercatori statunitensi ha quindi deciso di studiare l’effetto di un deficit indotto di vitamina D sulla guarigione di un tendine lesionato nel topo, paragonandolo a quello di un topo sano. La valutazione è stata eseguita su più fronti: aspetto macroscopico della guarigione, esame istologico microscopico, aspetto TAC e prove funzionali di forza.
La valutazione dei risultati è stata eseguita a 2 e 4 settimane.
Risultato: a due settimane una facilità di rottura della riparazione ai carichi significativamente maggiore nel gruppo ipo-vitaminico. A quattro settimane un aspetto microscopico molto più immaturo della guarigione.
Quali implicazioni nella pratica clinica?
Quali considerazioni dunque? Innanzitutto il fatto che nel corpo umano vi è una complessa interazione di moltissimi fattori. Certamente una riparazione stabile è imprescindibile. Se non attacchiamo bene il tendine durante la chirurgia, non possiamo aspettarci una buona guarigione. Ma da quando usciamo con la telecamera dalla spalla convinti di avere fatto un ottimo lavoro, la biologia naturale del paziente comincia a giocare la partita.
Sappiamo gli effetti nefasti del fumo di sigaretta sulla guarigione, sappiamo la difficoltà dei pazienti diabetici, sappiamo l’influenza dell’obesità sul risultato. Oggi anche la vitamina D può essere un fattore da considerare. Specialmente in alcune categorie di pazienti potrebbe valer la pena testare i livelli ematici di vitamina D e correggerli se deficitari. Se non altro aiuteremo il paziente a combattere l’osteoporosi, magari nelle lesioni tendinee potremmo ottenere anche una guarigione migliore dopo la chirurgia.