Lussazione di spalla: come comportarsi la prima volta?
La lussazione di spalla è un evento molto disorientante quando succede per la prima volta. Sia nel momento acuto del trauma sia dopo che si è usciti dal pronto soccorso. Spesso rimangono molte domande nella testa una volta usciti dall’ospedale.
In caso di lussazione di spalla cosa possiamo fare per non commettere errori sul suo trattamento? Cerchiamo di chiarirlo in questo articolo.
Prima azione: risolvere con celerità la lussazione di spalla
Trovandosi di fronte a qualcuno a cui esce la spalla la cosa migliore è non tentare di rimetterla al suo posto da soli. Esistono diversi modi in cui la spalla può incarcerarsi dopo essere uscita. Non è facile capire in che modo tirare la spalla per rimetterla in sede. Inoltre a seconda del trauma possono anche verificarsi delle fratture. Queste potrebbero provocare danni maggiori al malcapitato se tirate malamente.
In ultima analisi, in pronto soccorso è possibile avere una sedazione. Oltre a non far sentire dolore all’infortunato, consente una manovra meno traumatica dato che anche i muscoli si rilassano. Primo messaggio: fuggire il fai da te e recarsi celermente in pronto soccorso per ricevere le prime cure.
Seconda azione: orientarsi dopo la dimissione dal pronto soccorso
Il trattamento di una lussazione di spalla proposto la maggior parte delle volte consiste nel tenere il braccio immobilizzato per circa 3 settimane. Questo non è sempre e per tutti il trattamento migliore. Ci sono alcuni criteri statistici che regolano il comportamento dopo la prima lussazione di spalla. Sono spesso complessi da capire per il paziente. Talvolta non sono molto chiari a chi non si occupa specificamente di chirurgia della spalla.
Tre criteri essenziali spingono verso un trattamento con la sola immobilizzazione del braccio: età avanzata, basse richieste sportive, assenza di danni ossei alla radiografia. Un metodo semplice per avere un’idea da non esperti è leggere il referto della radiografia. Cercare frasi come: “non sono evidenti lesioni di Hill Sachs”. Oppure “non frammenti ossei della glena”. Nei casi in cui rimangano dei dubbi conviene eseguire accertamenti di secondo livello per guidare il trattamento terapeutico.
Terza azione: gli accertamenti di secondo livello
C’è dunque un vantaggio per alcune categorie ad eseguire immediatamente un esame di secondo livello per una lussazione di spalla. In particolare modo per i giovani sportivi che hanno un tasso elevatissimo di ri-lussazioni a breve termine (in alcune categorie si lussano una seconda volta in più del 50% dei casi). Conviene dunque in questi pazienti sapere prima il tipo di danno che hanno riportato con la prima lussazione.
In particolar modo con una risonanza magnetica si possono evidenziare i danni legamentosi (lesione di Bankart antero inferiore), farsi un’ idea di eventuali danni ossei sull’omero (lesione di Hill Sachs) o sulla glena (lesione Bony Bankart). Alcuni lavori hanno anche evidenziato come alcuni danni capsulo legamentosi evidenziati in risonanaza possano avere un vantaggio ad essere immobilizzati in rotazione esterna del braccio invece che con il braccio chiuso al torace (come comunemente viene fatto in pronto soccorso).
Quarta azione: decidere se operarsi subito
Un ragazzo giovane sportivo con un danno legamentoso importante associato ad un difetto osseo di omero o di glena (scapola), in particolar modo se costituzionalmente molto elastico di legamenti ha un’indicazione netta all’intervento chirurgico anche dopo un solo episodio di lussazione.
Tale atteggiamento ha inoltre un vantaggio netto in termini riabilitativi, evitando di sottoporsi a lunghi periodi di fermo per un trattamento conservativo (senza intervento) destinato statisticamente a tassi di fallimento molto elevati. In sostanza la riabilitazione per il trauma si sovrappone a quella per l’intervento in un unico periodo di fermo, abbassando statisticamente la percentuale di rischio di nuove lussazione (NB anche operandosi c’è un rischio di recidiva che può arrivare al 15-20% in alcune statistiche).
Quinta azione: scegliere il trattamento corretto
Qualsiasi sia la scelta, trattamento senza intervento o con intervento, l’obiettivo è solo uno: muoversi nella maniera giusta. Per quanto riguarda la scelta non chirurgica è fondamentale: una corretta immobilizzazione da mantenere un tempo ragionevole (3 settimane nella maggior parte dei casi possono andare bene). Poi iniziare un trattamento riabilitativo che aiuti i tessuti a guarire correttamente e favorisca il recupero del corretto controllo della propria articolazione. Il terapista esperto saprà guidare il paziente in un percorso di recupero funzionale adeguato caso per caso alle sue necessità.
Per la chirurgia invece la scelta è tra il trattamento artroscopico che consiste nella riparazione della lesione capsulare e legamentosa riproducendo fedelmente l’anatomia normale dei legamenti che si sono staccati, oppure il trattamento con incisione tradizionale (a cielo aperto) secondo Latarjet.
Il lettore più attento potrà trovare nelle pagine di chirurgiarticolare ulteriori approfondimenti riguardanti la tecnica chirurgica di una riparazione di lussazione. Generalmente il vantaggio dell’intervento in acuto è che è possibile la riparazione anatomica in artroscopia, meno invasiva della Latarjet, nella maggior parte dei casi.