Non ti fare operare alla spalla senza valutare attentamente il tuo caso: Un approccio personalizzato per le lesioni ai tendini
Lesioni tendinee della spalla: non sono tutte uguali
Hai mai sentito qualcuno dire di non voler farsi operare alla spalla perché ha sentito storie negative da amici o conoscenti? È importante smettere di generalizzare e capire che ogni caso di lesione ai tendini della spalla è unico. In questo articolo, esploreremo l’importanza di un approccio personalizzato per le lesioni ai tendini della spalla, considerando diverse variabili come l’estensione della lesione, l’età e le esigenze funzionali del paziente.
Valutare l’individualità delle lesioni tendinee
Prima di tutto, è importante comprendere che le lesioni ai tendini non sono tutte uguali. Potreste avere una piccola lesione localizzata, una lesione più ampia o una vecchia lesione che richiede attenzioni specifiche. Inoltre, il muscolo dietro al tendine può essere ancora in buone condizioni o completamente atrofizzato nel tempo. Ogni caso merita di essere affrontato singolarmente, senza generalizzazioni.
Considerare l’età e lo stile di vita del paziente
La seconda cosa da considerare è l’età della persona. Questa varia notevolmente da individuo a individuo. Ci sono anziani che hanno una vitalità sorprendente e conducono uno stile di vita attivo, praticando sport come l’arrampicata, il golf e giocando a tennis. La qualità della loro vita richiede una riparazione del tendine. Al contrario, ci sono anziani che conducono uno stile di vita più sedentario e magari non necessitano dello stesso tipo di intervento per una lesione simile.
Stato della cartilagine: c’è artrosi alla spalla?
Inoltre, non dobbiamo dimenticare che la spalla è costituita da un gruppo di articolazioni. Ci sono una serie di altre articolazioni e alterazioni che possono essere colpite. Ad esempio, la cartilagine può essere in buone o cattive condizioni e ciò influisce radicalmente sui risultati di un intervento di riparazione dei tendini della cuffia dei rotatori.
A volte la protesi di spalla può essere un’alternativa
Talvolta le lesioni tendinee possono essere così estese e gravi da richiedere l’impianto di una protesi di spalla. Questo passo va considerato attentamente nel caso in cui ci sia anche una grave artrosi con perdita della cartilagine della spalla. È importante valutare caso per caso e considerare l’approccio più adatto a ciascun paziente.
I transfer muscolo tendinei possono essere un’alternativa alla protesi
In quei pazienti in cui la perdita dei tendini comporti una grave riduzione della forza e dove non ci sia un danno cartilagineo rilevante, si può procedere a un trapianto di tendine prendendolo dalla schiena.
A questo livello esistono sia tranfer di gran dorsale sia transfer di trapezio inferiore: ho scritto un articolo che descrive esattamente queste tecniche di transfer muscolotendinei.
L’importanza dell’analisi personalizzata
Quindi, è chiaro che il discorso generalista che abbiamo fatto all’inizio non è molto intelligente. Bisogna approfondire la situazione e capire paziente per paziente cosa può essere utile o non utile fare. Consultare uno specialista qualificato, come un ortopedico o un fisioterapista, è essenziale per valutare la gravità della lesione, l’età del paziente, le condizioni della cartilagine e le possibili opzioni di trattamento. Ogni individuo merita un’analisi personalizzata per garantire il miglior risultato possibile nella riparazione dei tendini della spalla.
In conclusione, le lesioni tendinee della spalla richiedono un’approccio individuale e personalizzato. Non si può fare una generalizzazione basata su esperienze personali o opinioni altrui. È fondamentale consultare professionisti qualificati e valutare attentamente la situazione del paziente, tenendo conto di fattori come la gravità della lesione, l’età, lo stile di vita e le condizioni delle articolazioni circostanti. Solo attraverso un’analisi personalizzata si può prendere la decisione migliore per il trattamento delle lesioni tendinee della spalla e garantire il recupero ottimale del paziente.
La frontiera della riparazione tendinea? La biologia
Negli ultimi 15 anni la chirurgia della spalla ha visto un’evoluzione della tecnica e delle procedure come nessun’altra articolazione del corpo umano. Siamo passati da interventi a cielo aperto con il taglio, all’uso dell’artroscopia. Siamo evoluti da interventi di ore a ottime riparazioni eseguibili in 30-40 minuti di intervento mini invasivo. Abbiamo avuto dalle aziende materiali sempre migliori per le riparazioni dei tendini lesionati della cuffia dei rotatori. Eppure ancora oggi abbiamo dei fallimenti in questa complessa soluzione al problema della riparazione dei tendini della cuffia dei rotatori. Vediamo in questo articolo come è cambiato l’approccio alla riparazione delle lesioni della cuffia dei rotatori in epoca moderma.
Come sono cambiati i punti deboli della chirurgia
Il primo problema chirurgico che abbiamo affrontato negli anni 90 era riuscire a vedere bene con le telecamere dentro un’articolazione così complessa come la spalla. Si tratta di muoversi in spazi angusti che possono sanguinare durante la chirurgia. Nonostante tutto questo i sistemi di pompa artroscopica e l’evoluzione delle anestesie hanno consentito di controllare questo problema. Il punto si è dunque spostato su come legare i tendini rotti all’osso da cui si sono staccati.
Dalla mobilizzazione delle ancore alla rottura dei fili
Le ancore ossee sono state il primo problema. Essendo impossibile la tecnica ago e filo usata in chirurgia tradizionale il sistema si è evoluto sviluppando mini viti da inserire nell’osso per collegare i fili della riparazione. Il disegno si è evoluto cosi tanto nel tempo da portare ad ancore iper-resistenti di titanio, poi riassorbibili e ora virtualmente assenti mediante ancoraggi tutti di filo. Il problema è passato dunque ai fili che si strappavano sotto la tensione degli annodamenti. Anche questo è stato risolto mediante fili ad elevata resistenza che oggi equiparano la tenuta di un cavo d’acciaio. Inoltre l’aggressività del filo sul tendine è stata affrontando trasformando i fili in fettucce con scarsissimo effetto di taglio sul tendine riparato. Ad oggi possiamo dire che il mercato offre fissazioni per tutti i gusti che hanno superato tutti i più comuni problemi di riparazione dei tendini.
La biologia alla base della mancata guarigione
Eppure la letteratura scientifica riporta fallimenti dal 10 al 70% delle riparazioni eseguite con tecniche moderne. La grande variabilità dei risultati dipende certamente da quanto in fretta si opera una lesione e da quanto sia grande e degenerata la lesione che viene riparata. La motivazione del fallimento sembra legata principalmente alla capacità di guarigione biologica dei tessuti che se degenerati stentano a cicatrizzare favorendo nuove rotture. Il cardine del decennio 2020-2030 sarà quello di trovare un modo di aumentare la biologia e le capacità riparative del tendine sovraspinato lesionato per ottenere percentuali di guarigione superiori al 95% in tutte le categorie di pazienti. Vediamo quali siano ad oggi le tecniche più promettenti per migliorare il successo delle nostre riparazioni della cuffia dei rotatori.
Come migliorare la biologia per ottenere risultati migliori
Migliorare la biologia della cuffia dei rotatori rotta deve essere il pilastro di ogni procedura di riparazione tendinea. Ci sono accorgimenti semplici di tecnica che permettono già di ottimizzare il nostro risultato, ci sono poi aiuti biologici esterni che possono essere sfruttati a tutto vantaggio della guarigione tendinea.
La preparazione del tendine
Prima di tutto la preparazione dei tessuti. La cuffia dei rotatori lesionata perde vitalità nel tempo. La prima cosa più importante dunque consiste nel rivitalizzare i tessuti. Questo si può fare pulendo molto bene il tendine e il letto osseo per farlo sanguinare prima della riparazione. La chirurgia inoltre deve essere rapida e poco invasiva sui tessuti. Si è visto infatti che la borsa sottoacromiale contiene una grande quantità di cellule mesenchimali indifferenziate che favoriscono la guarigione. Se si esegue una borsectomia troppo radicale possiamo perdere il ruolo di questo tessuto nella guarigione biologica.
Uso di ancore bio-induttive
La scelta delle ancore può influenzare la guarigione del tendine della cuffia dei rotatori. Un’ancora che permette la fuoriuscita di cellule dal midollo osseo certamente favorirà una migliore guarigione. Esistono oggi ancore ampiamente traforate per consentire una perfetta integrazione con l’osso e la fuoriuscita delle cellule mesenchimali. Esistono anche ancore tutte di filo che minimizzano l’invasione dell’osso.
La procedura comporta un minimo aumento del tempo chirurgico e si è dimostrata sicura e riproducibile.
Lo stimolo con fattori di crescita
L’uso delle membrane permette inoltre di combinare ulteriori stimoli che si ottengono aggiungendo al di sotto del rinforzo di collagene il risultato di una estrazione di fattori di crescita dal sangue periferico in modo da stimolare la guarigione ulteriormente. In questo caso la membrana fa da spugna per trattenere e concentrare l’estratto piastrinico mantenendolo in continuità con la lesione riparata.
L’uso di cellule staminali
Un’ulteriore progressione che è tuttavia sperimentale potrebbe considerare di aggiungere alla riparazione anche un concentrato di cellule staminali per farle differenziare in tendine localmente in modo da migliorare anche la cellularità della riparazione trasformandola in una vera e propria rigenerazione tendinea.
Conclusioni per migliorare la guarigione dei tendini della cuffia dei rotatori
In conclusione le lesioni tendinee della cuffia dei rotatori con distacco del sovraspinato sono una sfida terapeutica non tanto per la riparazione in sé quanto per la vera capacità biologica riparativa del tendine che viene riparato. A oggi la ricerca sta continuando a proporre metodi per migliorare questo aspetto che sembrano tradursi in un vero vantaggio nelle ultime presentazioni scientifiche. Un obbligo del chirurgo è tenersi continuamente aggiornato per offrire il meglio dello stato attuale della ricerca ai propri pazienti per migliorare i risultati della chirurgia.
L’articolazione della spalla è una delle più complesse del corpo umano, la chirurgia può risolvere molti dei problemi che la colpiscono. La complessità deriva dal fatto che la spalla non è solo un’articolazione, ma un’insieme di articolazioni. Il movimento avviene per la collaborazione di un numero elevatissimo di movimenti più piccoli. Sono traslazioni, rotazioni e scivolamenti. Tutti questi movimenti devono tra loro essere coordinati per ottenere il massimo dalla spalla.
Il movimento della spalla è inoltre il più ampio di tutto il corpo umano. Permette di raggiungere oggetti in alto o laterali, permette di lavarsi la schiena. Permette un’escursione unica e anche lo sviluppo di grande forza per attività manuali o sportive importanti.
La chirurgia della spalla ha l’obiettivo ambizioso di inserirsi in questo concatenarsi di effetti per migliorare la funzione.
La patologia della spalla può essere ricondotta a quattro grandi capitoli:
le lesioni della cuffia dei rotatori
le instabilità
l’artrosi
le patologie del cingolo scapolare.
Le lesioni della cuffia dei rotatori
Le lesioni della cuffia dei rotatori sono le lesioni che più facilmente il chirurgo si trova a dover riparare in sala operatoria. La cuffia dei rotatori serve a mantenere stabile la spalla nei movimenti specialmente al di sopra del livello della spalla. Creano un fulcro stabile per l’azione del deltoide. La vita moderna carica questi tendini di un lavoro costante e molto usurante. Infatti la vita moderna ha trasformato le attività dell’uomo costringendolo a una vita sempre più seduta e concentrata verso il basso, alterando le normali posture che invece permettevano alla cuffia dei rotatori di lavorare senza stress. La chirurgia della cuffia dei rotatori consiste in una serie di gesti tutti eseguibili in artroscopia per riparare il tendine lesionato e per eliminare i conflitti con le ossa circostanti che potrebbero ulteriormente consumare il tessuto riparato.
Le instabilità della spalla
Le instabilità sono delle fuoriuscite della spalla, dette anche comunemente lussazioni e sono molto invalidanti per il paziente. In questo caso sono gli stabilizzatori statici della spalla, detti legamenti, che vanno in crisi. Un episodio traumatico generalmente sportivo ne è la causa iniziale. La spalla può diventare così instabile da uscire con uno starnuto quando tutti i legamenti sono alterati.
La soluzione chirurgica consiste nel ricreare il freno dei legamenti alla fuoriuscita della spalla. La via che si può scegliere può prevedere o meno l’artroscopia. La scelta della tecnica chirurgica dipende da fattori diversi e solo la visita e l’aiuto dello specialista può chiarire al paziente cosa si adatti maggiormente al suo caso.
L’artrosi
L’artrosi invece è una patologia degenerativa provocata dalla perdita della cartilagine. L’assenza della cartilagine è un problema per il movimento fluido e privo di dolore che contraddistingue le articolazioni normali. Si tratta di un cambiamento negli attriti e nelle modalità in cui il movimento si sviluppa.
A seconda della causa che ha scatenato l’artrosi di spalla, la chirurgia potrà essere differente. Si tratta in generale di sostituire l’articolazione malata con una protesi. La protesi elimina gli attriti causati dall’artrosi e può in alcuni casi sopperire alla mancanza di tendini e legamenti adeguati. Un affare quando la normalità dell’articolazione è persa per sempre.
Le patologie del cingolo scapolare
Le patologie del cingolo scapolare sono le più rare e le più complesse da trattare, ma non per questo meno interessanti per la chirurgia della spalla.
Si tratta di problemi molto eterogenei che possono causare sintomi di difficile interpretazione. Se la scapola si muove male, tutta la spalla ne risente. E se la spalla soffre, la scapola assume posizioni viziate che ne aumentano i problemi. Il cuore della questione risiede dunque nel ritrovare il primo motivo della sofferenza della spalla e correggerlo. Esistono schemi di riabilitazione specifici per la scapola. Esistono interventi chirurgici per risolvere il fallimento di alcuni muscoli stabilizzatori della scapola utilizzando e trasferendo tendini e strutture distanti.
Un viaggio nella chirurgia di spalla per risolvere i problemi dei pazienti
Il mondo della chirurgia di spalla è complesso e stimolante. Un approccio a tutto tondo può aiutare a risolvere problemi capendone la causa specifica.
La chirurgia della spalla ha provato nel tempo a proporre soluzioni ai problemi clinici dei pazienti dai più semplici ai più complessi. Uno splendido viaggio accompagna il chirurgo in questa avventura che non avrà mai fine.
Che tu sia uomo o donna, giovane o anziano, questo articolo potrebbe chiarire le cause del dolore notturno alla spalla. E arrivare a una soluzione.
Spalla: le comuni cause di dolore
Il dolore alla spalla destra di notte è una condizione che può diventare più comune con l’età. Si presenta sia in forma graduale, come piccolo fastidio che fa capolino lentamente, oppure all’improvviso, con dolori lancinanti che non si sono fatti preannunciare.
In caso di dolori alla spalla di notte molto acuti, di solito la prima reazione dei pazienti è una forte preoccupazione. Questo perché stiamo parlando di un’articolazione a cui non sempre prestiamo la giusta attenzione. Soltanto quando è bloccata e ci impedisce alcuni semplici gesti quotidiani, allora non solo prendiamo in considerazione la spalla, ma capiamo anche quanto sia complessa e delicata. Quando non riusciamo ad alzare il braccio per raggiungere uno scaffale alto, oppure non riusciamo a grattarci dietro la schiena o semplicemente a pettinarci i capelli. In tutti questi casi, quando il dolore spalla è insopportabile, occorre individuarne le cause.
Perché il dolore aumenta di notte?
Il dolore aumenta di notte perché questo è il momento in cui i tessuti infiammati riccamente irrorati dal sangue subiscono un effetto di ristagno di liquidi al loro interno. Restando sdraiati infatti rallenta il deflusso del sangue e di conseguenza il dolore cresce. Infatti il primo consiglio utile per ridurre il dolore notturno consiste nel dormire con la schiena sollevata riducendo di fatto l’effetto “stasi” nei tessuti e di conseguenza il dolore.
Dolore alla spalla di notte: chi ne soffre
Il dolore notturno alla spalla è un problema estremamente diffuso.
Si presenta come un dolore persistente, trattato magari con antinfiammatori e cure fisiche. Risultato: scarsa efficacia se non un beneficio relativo e temporalmente limitato. Cerchiamo di fare un po’ di chiarezza sulle cause di questo problema, che possono essere molto diverse tra loro.
Un metodo utile è dividere il problema in alcuni scenari tipici, forzatamente semplificati. Tali scenari non hanno lo scopo di arrivare da soli ad una diagnosi. Servono però a capire che è inutile sopportare ad oltranza un dolore che potrebbe avere una soluzione pratica, talvolta abbastanza semplice.
Le tre situazioni tipo che possono facilmente rappresentare il dolore notturno alla spalla sono:
donna adulta con dolore improvviso alla spalla;
uomo lavoratore manuale con dolore e perdita di forza alla spalla;
anziano con dolore e impossibilità a usare il braccio sopra il livello del volto.
1. Donna tra 40 e 50 anni, attiva con dolore improvviso e acuto alla spalla.
Di solito si tratta di un’infiammazione acuta dei tessuti che stanno intorno alla spalla. Un po’ grossolanamente veniva definita nel passato con il termine di periartrite. La definizione di periartrite veniva utilizzata quando la conoscenza delle cause del dolore era molto limitata. Oggi la classificazione con il termine periartrite ha perso molto di significato. Il tentativo è sempre quello di curare il dolore alla spalla solamente dopo avere identificato la causa del problema.
La patologia più comune che si presenta con questo scenario è la tendinopatia calcifica. Un tessuto tendineo che normalmente è morbido e funzionale diventa duro e calcificato. Su Chirurgiarticolare il problema è stato affrontato in articoli specifici, dove è stato discusso anche il possibile trattamento. In sostanza, tornare ad avere una spalla senza dolore è possibile con trattamenti poco invasivi quali onde d’urto e lavaggi guidati dall’ecografia.
Quando invece tutti gli accertamenti eseguiti non mostrano alcuna patologia, ma la spalla non è in grado di muoversi né attivamente né passivamente, il dolore alla spalla può avere un’altra origine. Quando prevale l’aspetto della rigidità nel dolore di spalla, parliamo infatti di capsulite adesiva, oppure spalla congelata (“frozen shoulder”), secondo la terminologia americana. Si tratta di una forma di grave rigidità nel movimento che non si sa perché si manifesti in maniera tanto improvvisa quanto disabilitante. Non si riesce più a fare nulla, nemmeno i gesti più semplici della vita quotidiana. In questo caso con grande pazienza il trattamento è riabilitativo. L’ortopedico gioca un ruolo di secondo piano supportando il lavoro del fisioterapista con infiltrazioni a scopo antinfiammatorio oppure in casi estremi con la chirurgia in artroscopia per rimuovere l’ostacolo meccanico.
2. Uomo lavoratore manuale con dolore meccanico e perdita di forza durante le attività.
Questo è il caso che tipicamente viene sottovalutato a lungo. Chi è abituato a lavorare pesantemente non si ferma di fronte a nulla e spesso la presenza di una grande massa muscolare periarticolare compensa facilmente un danno anche macroscopicamente evidente. Si tratta di spalle che per il duro lavoro perdono uno o più tendini della cuffia dei rotatori, fondamentali per il movimento corretto della spalla su tutti i piani. In questo caso la spalla è dolorosa in quanto lavora male durante tutte le attività quotidiane. La notte il dolore alla spalla diventa insopportabile perché scatena l’infiammazione accumulata durante l’attività.
3. Uomini e donne anziani che non riescono più ad utilizzare il braccio nemmeno nelle attività quotidiane.
Questo è un fenomeno assai diffuso. Anziani che pensano che il dolore notturno alla spalla sia qualcosa di normale e inevitabile: “è l’età”, “ha una periartrite”, “tanto cosa vuole fare alla sua età?”. Purtroppo spesso il paziente non fa nulla per trattare il problema per questo motivo. In questo modo non si rende conto di quanto la sua qualità della vita sia compromessa e di come gradualmente diventi completamente dipendente dagli altri, anche nei comuni gesti della vita quotidiana. In questa categoria sono inclusi scenari enormemente diversi: lesioni dei tendini ancora riparabili nonostante l’età con lo stesso intervento artroscopico dei giovani, lesioni irreparabili che possono essere trattate con successo mediante fisioterapia specifica, artrosi conclamate che possono trovare un beneficio inaspettato da una protesi di spalla. Per approfondimenti specifici, si rimanda all’articolo relativo alle persone anziane che non sollevano più il braccio.
Dolore alla spalla: le cause più comuni
Dopo aver individuato alcuni profili di paziente, andiamo a capire meglio le origini del dolore. Non è sempre facile capire quale sia l’origine del dolore. A volte la criticità nasce in altre parti del corpo e poi la sensazione dolorosa si irradia alla spalla. È il caso di artriti, torcicolli, ernie al disco. In altri casi, quando il dolore si presenta in forma lieve, è necessario anzitutto prendere alcuni semplici accorgimenti per vedere se il dolore migliora da solo:
regolare le attività, evitando sforzi
prendere farmaci antinfiammatori non steroidei
eseguire leggeri allungamenti durante la giornata
Se il dolore non scompare dopo alcune settimane, è necessario consultare il medico. Attraverso esami specifici un medico specialista in ortopedia potrà capire l’origine del problema.
Lesioni e irritazioni della cuffia dei rotatori
La cuffia dei rotatori è una formazione di muscoli e tendini che aiutano a far aderire la spalla nella sua cavità, permettendoci allo stesso tempo di muoverla liberamente in senso circolare. La maggior parte dei problemi alla cuffia dei rotatori rientrano all’interno di due categorie: strappi e infiammazioni. I sintomi di una lesione alla cuffia dei rotatori riguardano rigidità e dolore che emergono in special modo nel momento in cui alziamo il braccio al di sopra della testa.
Infiammazione alla cuffia dei rotatori
L’impingement è una situazione di conflitto che può verificarsi a causa di un evento traumatico o per usura. Si parla di shoulder impingement – “conflitto alla spalla”, quando l’impingement riguarda la cuffia dei rotatori: un’irritazione, un’infiammazione o una compressione eccessiva dei tendini o della borsa (una struttura morbida che favorisce lo scorrimento dei tendini sotto la scapola) nella spalla. Il risultato è una tendinite alla spalla che può provocare un dolore acuto, a tratti insopportabile.
Strappi della cuffia dei rotatori
Lo strappo alla cuffia dei rotatori è la diretta conseguenza di un evento traumatico. Un cane troppo esuberante che tira eccessivamente il guinzaglio, un’improvvisa caduta per un inciampo, uno scivolamento.
Si parla di strappo parziale quando solo una parte del tendine si separa, si strappa dall’osso. Nei casi di strappo completo invece si fa esperienza di una separazione totale del tendine dall’osso. In genere gli strappi sono più comuni con l’avanzare dell’età, perché l’interfaccia tra tendine ed osso è più suscettibile all’usura e quindi più fragile. Tuttavia si può farne esperienza anche in giovane età
Tendinite da calcificazione
Ne abbiamo parlato poco fa, la calcificazione alla spalla, meglio conosciuta come tendinite calcifica, è in grado di provocare un dolore fastidioso in soggetti adulti over 50 ed anziani. Sono i depositi di calcio, la cui origine non è precisamente nota, che si vanno a depositare all’interno dei tendini della cuffia, a provocare dolori improvvisi ed anche insopportabili, che spesso iniziano al mattino e si protraggono fino alla notte.
Capsulite adesiva
La spalla congelata, conosciuta anche come capsulite adesiva è un ispessimento e irrigidimento dei tessuti intorno all’articolazione della spalla. Si sviluppa tipicamente in persone con diabete, disfunzioni tiroidee e colesterolo alto, di età compresa tra i 40 e i 60 anni. A differenza di altre sintomatologie, per cui il dolore si concentra nelle ore notturne a contatto con il letto, la capsulite adesiva, nei casi più gravi, è in grado di bloccare totalmente la mobilità della spalla per settimane o mesi.
Osteoartrite
L’osteoartrite alla spalla non è sempre considerata quale possibile causa di dolore durante la notte. In genere pensiamo che colpisca, polsi, mani, ginocchia e anche, ma anche l’osteoartrite alla spalla è piuttosto comune. Cosa avviene nello specifico? I rivestimenti di cartilagine che tengono tra di loro separate le ossa della spalla si usurano, e la loro funzione viene meno. Ne risulta un eccessivo sfregamento delle ossa le une contro le altre. In genere in questi casi il paziente, percependo dolore acuto, tende a stare fermo. Smettere di muoversi però è sbagliato, perché i muscoli potrebbero diventare molto deboli e la capsula articolare irrigidirsi e accorciarsi rendendo il recupero della mobilità ancora più difficile.
Tendinite Bicipite
La tendinite del bicipite, o tendinopatia del bicipite brachiale, arriva in genere a seguito di un uso eccessivo del tendine che collega i muscoli del braccio con le ossa dell’articolazione della spalla. In genere si tratta di un dolore causato da sforzi ripetuti, ma anche l’avanzare dell’età incide molto sulla salute a livello tendineo.
Quando bisogna preoccuparsi e andare dal medico
Se il dolore alla spalla e al braccio non passa in tempi ragionevoli o aumenta di intensità, è necessario consultare un dottore con specializzazione in ortopedia. Soltanto un medico specializzato nella cura della spalla potrà infatti capire quale esame fare e come diagnosticare correttamente questa condizione di dolore. Il trattamento sarà corrispondente alla gravità della situazione: i trattamenti non chirurgici di base comprendono consigli di postura, terapia fisica e utilizzo di infiltrazioni ecoguidate per alleviare il dolore. Inoltre, i nuovi trattamenti basati sulla medicina rigenerativa includono l’uso di piastrine e di cellule staminali per favorire una rigenerazione dei tessuti.
Dolore alla spalla: cause e una guida per la diagnosi
Di seguito trovi un video in cui riassumo e integro i concetti presenti in questo articolo fornendo una guida per indagare le cause più frequenti del dolore alla spalla per fasce di età.
Il dolore alla spalla si può risolvere
Il dolore alla spalla durante la notte è sempre sintomo di un problema che può avere diverse origini e che è possibile risolvere.
Il problema del dolore notturno alla spalla è molto frustrante per il paziente, che spesso si sente impotente. Frequentemente le comuni terapie non hanno alcun effetto se non viene correttamente identificata la causa scatenante.
Un percorso medico di diagnosi porta anche al trattamento più opportuno che con grande frequenza può portare alla risoluzione completa del dolore.
Una guida avanzata per il paziente con una lesione al menisco
È molto comune nella mia pratica avere a che fare con un problema al menisco. Anzi molto spesso è proprio il paziente che, risonanza alla mano, richiede un trattamento chirurgico per eliminare quella che pensa essere la causa dei suoi problemi: il referto medico di lesione al menisco. Di questo abbiamo parlato e discusso con oltre 40 medici di medicina generale al primo corso della serie “dottore ho male a…” organizzata dal gruppo di Chirurgia Articolare Ricostruttiva di Villa Ulivella di Firenze.
Ma incomiciamo a capire qualcosa di più sui menischi…
Cosa sono i menischi e a cosa servono
I menischi sono delle fibro-cartilagini. La cosa più simile che possiamo toccare con le nostre mani per capirne la consistenza sono i lobi delle orecchie. Immaginiamo di avere all’interno delle ginocchia due ciambelle di quella consistenza che ammortizzano gli impatti. La loro forma è a C e la loro sezione è triangolare. In pratica si fissano stabilmente alla tibia e abbracciano il femore, stabilizzandolo. Esiste un menisco interno ed un menisco esterno definiti anche come menisco mediale e menisco laterale.
Il ruolo dei menischi è multiplo: ammortizzatore dei carichi e stabilizzatore del ginocchio.
Ammortizzazione e Stabilizzazione
L’ammortizzazione dei carichi è semplice da comprendere: una struttura elastica tra le cartilagini agisce da vero e proprio ammortizzatore. La migliore ammortizzazione è data ovviamente da un menisco molto idratato e giovane. Un menisco sfibrato e invecchiato perde gradualmente tutte le proprietà ammortizzanti lasciando scoperta la cartilagine che da sola si trova ad essere soggetta a usura e consumarsi.
Il ruolo di stabilizzazione è invece un po’ meno immediato da capire. Si basa sulla forma a ciambella del menisco che si adatta molto bene alla forma rotonda dei condili femorali. Dal lato opposto il menisco è saldamente attaccato alla capsula articolare e alla tibia. Proprio questa congruenza diminuisce la traslazione dell’articolazione e limita gli stress in varo e valgo riducendo il carico sui legamenti collaterali.
Lesione menisco: come si possono rompere i menischi?
Come tutte le cose i menischi si possono rompere. Le lesionial menisco possono essere degenerative, cioè legate al consumo degli anni o delle attività sportive, oppure possono verificarsi a seguito di un trauma, nonostante siano di buona qualità. Le lesioni degenerative sono tipiche dei 40-50 enni, mentre le lesioni traumatiche sono tipiche dei 20-30 enni.
Una lesione degenerativa per sua stessa definizione è un cedimento strutturale del menisco dovuto più all’usura che ad un trauma. Va da sé che è molto raro che queste lesioni debbano essere operate a meno che non costituiscano occasione per un blocco meccanico reale al movimento. Una lesione traumatica invece avviene dopo un trauma significativo e riguarda menischi generalmente in buone condizioni. Facilmente pertanto costituiscono un problema meccanico per l’articolazione e spesso necessitano di un intervento per essere risolte.
I traumi più comuni che causano il menisco rotto sono le distorsioni di ginocchio oppure il rialzarsi dopo un accovacciamento.
Menisco rotto: quali tipi di lesione al menisco esistono?
Le lesioni meniscali possono essere descritte e classificate. Prima di tutto sulla base della sede della lesione. Il menisco ha un corpo (la parte centrale) e due corni (le punte anteriori e posteriori). Esistono pertanto lesioni del corpo o lesioni del corno del menisco.
Una seconda classificazione consiste nel differenziare tra le diverse forme della lesione: esistono lesioni di piccoli frammenti che vengono detti FLAP meniscali, oppure esiste la lesione completa che ribalta tutto il menisco che prende il nome di lesione a manico di secchio.
Una terza classificazione considera invece la direzione della lesione: longitudinale, trasversale o radiale.
Il tipo di lesione è molto importante per capire come approcciarsi al menisco rotto: se sia necessario un intervento chirurgico oppure no e ancora se sia o meno possibile una riparazione.
Come si manifesta tipicamente una lesione al menisco?
Il caso tipico di lesione al menisco è quello di un giovane adulto quarantenne, attivo, che riferisce di avere sentito un “crack” durante un accovacciamento. Talvolta è da quel momento che ha cominciato a sentire dolore e magari non riesce perfettamente a raddrizzare il ginocchio.
La tipica perplessità del paziente è come sia possibile, senza avere avuto un vero e proprio trauma, che il menisco si sia potuto rompere e la domanda che sorge quindi, in caso di menisco rotto, è come sia possibile capirlo. La lesione del menisco generalmente si realizza proprio perché avviene su un terreno degenerativo predisponente e l’iperflessione sovraccarica in maniera importante proprio il corno posteriore del menisco. Altre volte si tratta di uno sportivo che ha avuto una franca distorsione e in quel caso è più facile la diagnosi in quanto aiutata proprio dalla descrizione del trauma.
Attenzione invece al riscontro occasionale di una degenerazione meniscale senza franca rottura in un caso di dolore al ginocchio. Quasi mai in quel caso il menisco è la vera causa del problema.
Presentazione clinica: menisco rotto come capirlo?
Il ginocchio il più delle volte è asciutto, senza versamento, e il quadro è aspecifico ad una prima analisi. Generalmente la manovra che produce una torsione della gamba suscita dolore sulla linea articolare: è il cosiddetto test meniscale positivo. Siamo in presenza in questo caso di lesioni al menisco.
Inoltre ci sono una serie di attività quotidiane che possono causare dolore. Può succedere di sentire dolore al ginocchio nello scendere e nel salire in macchina. Oppure se si cammina velocemente in linea retta e si deve all’improvviso cambiare direzione si può sentire una fitta al ginocchio.
Inoltre tutti gli sport che prevedano salto atterraggio e cambi di direzione possono causare dolore. In pratica tutti gli sport di squadra.
Quali esami richiedere?
L’ecografia anche se potenzialmente può identificare una lesione al menisco, il più delle volte viene eseguita superficialmente e non ritorna quasi mai con un risultato che ci aiuta nel nostro processo decisionale.
Una lastra è molto spesso negativa e ci può essere utile solo se clinicamente sospettiamo che il problema determinante sia un’artrosi e la lesione al menisco sia solo un problema marginale.
La TAC pur essendo in era pre risonanza un buon accertamento, oggi ha lasciato spazio alla RMN. La RMN ha infatti una definizione molto maggiore e riesce a vedere danni anche piccoli su tutta la struttura meniscale. In linea generale la RMN identifica senza incertezze tutte le lesioni meniscali traumatiche franche, specialmente quelle meccanicamente importanti. Lesioni meniscali rilevanti quali lesioni radiali, longitudinali, a manico di secchio sono facilmente riscontrabili con una RMN.
Quando non è necessario l’intervento e quando si può rimandare?
Le lesioni meniscali degenerative che non interrompono la superficie articolare non sono da operare. Abbiamo a nostra disposizione una serie di procedure conservative, prima tra tutte le viscosupplementazione con Acido Jaluronico. Tali procedure possono aiutarci a risolvere il sintomo senza intervento. Il menisco infatti è fondamentale per il ginocchio. Il menisco ha un’azione di ammortizzazione, stabilizzazione, distribuzione dei carichi. Esiste una pagina nel sito che spiega bene le caratteristiche anatomiche e il ruolo dei menischi nel ginocchio.
Anche alcune lesioni meniscali traumatiche piccole e stabili possono non essere trattate, o almeno non immediatamente se non sono molto sintomatiche. Questo permette al paziente di organizzarsi per essere operato compatibilmente con gli impegni lavorativi.
Esistono solamente due fattori che vanno considerati se si decide di non operare nonostante un riscontro RMN di lesione meniscale traumatica. Il primo caso è quello di una lesione murale, che può essere suturata riparandola in acuto. Ricordiamo che le lesioni croniche hanno una potenzialità di guarigione molto inferiore. Il secondo caso in presenza di una piccola lesione, che si può allargare diventando più significativa e in qualche caso bloccare il ginocchio. Questi aspetti vanno discussi con il paziente.
Qui trovate il video che illustra tutte le tematiche che abbiamo discusso dal titolo “Falso mito: il menisco rotto va sempre operato”
Quali tipi di intervento sono possibili?
L’intervento classico di riparazione delle lesioni meniscali consiste nella meniscectomia artroscopica selettiva. Si rimuove il frammento meniscale che provoca il dolore e i blocchi. Si tratta di un intervento semplice che ha un basso impatto sul paziente.
Se però la lesione al menisco è in zona ROSSA cioè vascolarizzata, c’è la possibilità di suturare il menisco come se fosse una ferita. Si mettono dei punti per riattaccarlo in artroscopia. La guarigione avviene in circa il 70% dei casi (un po’ di più se associata alla ricostruzione del LCA). E’ particolarmente indicata nel giovane per prevenire i danni artrosici correlati alla meniscectomia. Il paziente deve accettare però un tasso di fallimento che significa dovere essere rioperati se la lesione non ripara, oltre al fatto di dover seguire un protocollo di recupero dopo l’intervento molto più impegnativo rispetto alla meniscectomia e un’astensione dallo sport che può arrivare a 6 mesi.
Entrambi gli interventi per sistemare il menisco rotto possono essere eseguiti in artroscopia, cioé con una telecamera introdotta all’interno del ginocchio e strumenti che lavorano attraverso piccoli buchini nella pelle.
Menisco rotto: problemi nel post-operatorio
Sono molto rari nelle meniscectomie. Di solito si torna a stare bene con poca riabilitazione muscolare entro 1 mese dall’intervento.
Come specificato prima esiste un problema di recidiva di lesione al menisco nel caso delle suture meniscali. Un gonfiore nel postoperatorio può essere risolto con manovre di aspirazione del versamento.
Come bisogna comportarsi dopo l’intervento
Una rimozione del menisco (meniscectomia) ha bisogno di una cura fondamentale: non infiammare il ginocchio nelle prime fasi dopo l’intervento. Pertanto verrà prescritto l’uso di stampelle per le prime 2-3 settimane e invitato il paziente a stare a riposo limitando i movimenti e il cammino prolungato.
Se nelle prime 2-3 settimane il ginocchio non gonfia e rimane infiammato, allora è molto difficile che ci saranno problemi successivamente. Si dovrà soltanto avere cura di recuperare la forza nel quadricipite.
Il rinforzo muscolare avverrà mediante esercizi in isometria ed eventualmente cyclette e nuoto.
Un recupero completo si raggiunge solitamente nel giro di 1 mese.
Dolore all’anca in giovane età: può trattarsi del conflitto femoro-acetabolare.
L’articolazione dell’anca è costituita da una testa femorale sferica e una coppa acetabolare nel bacino. Non si è molto parlato fino ai tempi recenti di un problema che può riguardare i giovani adulti specialmente che praticano sport che comporta estrema flessione e intra-rotazione dell’anca: il conflitto femoro-acetabolare dell’anca. In realtà il conflitto femoro-acetabolare è comune nei giovani pazienti che lamentano un dolore inguinale a volte trafittivo nei movimenti di flessione estrema o nei cambi improvvisi di direzione. Sono spesso pazienti a cui viene fatta fare una radiografia che apparentemente viene refertata senza alcun problema.
L’origine del dolore inguinale entra in diagnosi differenziale tra differenti malattie. Può essere confuso con il dolore che deriva da ernie inguinali, magari microscopiche. Spesso viene interpretato specialmente negli sportivi come una pubalgia o una forma di tendinite degli adduttori. Molto raramente invece è diffusa nell’ambiente ortopedico la conoscenza del conflitto femoro-acetabolare.
Il conflitto femoro-acetabolare è entrato a far parte prepotentemente nella pratica clinica di tutti i giorni. Consiste nel contatto anomalo tra il collo femorale e il bacino del paziente. Questo contatto può essere determinato da una deformità sul collo femorale oppure da uno scorretto orientamento della coppa acetabolare.
Quale che sia l’origine del problema questo contatto anomalo avviene principalmente in una posizione di flessione associata a rotazione interna. Tale movimento è particolarmente comune in pratiche sportive come nel portiere di Hockey su ghiaccio (poco comune nelle nostre aree), ma anche in tutti gli sport con movimenti in flessione estrema come lo sci, oppure in chi per lavoro sta molto tempo seduto (autisti o piloti professionisti).
Il problema in parole povere
L’articolazione non è libera di avere tutta la sua escursione per un eccesso di osso o sul bacino o sul femore. Da cosa dipenda non si sa: alterazione congenita probabilmente. Certo è che questo continuo contatto è una delle probabili cause scatenanti dell’artrosi in età avanzata. In parole povere: se trascurato può portare a lungo termine all’evoluzione verso l’artrosi.
Ecco in una bella animazione del “The Hip and Groin Clinic” Irlandese che illustra il primo tipo di Conflitto dovuto alla formazione di una “Camma” sul collo femorale. Si vede chiaramente come il problema alimenti la comparsa di consumo e artrosi a livello dell’anca.
Come diagnosticarlo
Una visita accurata e una radiografia in accuratamente eseguita possono mostrare il problema legato al conflitto femoro-acetabolare. L’approfondimento per lo studio dell’articolazione è la risonanza magnetica che ci aiuta ad evidenziare un eventuale danno cartilagineo.
Il trattamento
La risoluzione del problema è l’eliminazione del contatto asportando l’osso in eccesso dal bacino o dal femore. Talvolta correggendo anche eventuali danni cartilaginei o del labbro acetabolare. Oggi è possibile eseguire il tutto in artroscopia, con una telecamera, attraverso piccoli fori attorno all’articolazione. Interventi di artroscopia anca vengono da me effettuati a Milano e Firenze.
Le forme meno gravi possono avvantaggiarsi di un protocollo di fisioterapia per correggere la posizione del bacino aiutando a liberare l’escursione di movimento dell’anca, rinforzare i muscoli, allungare le fasce. Alcuni casi con iniziale condropatia possono avvantaggiarsi di un trattamento infiltrativo con Acido Jaluronico eco-guidato.
Benvenuto, questo numero riceve solo messaggi di testo, non chiamate o messaggi vocali. Si possono porre brevi quesiti medici e il Dottor Castellani risponderà alle tue domande prima della visita medica.