Quanto tempo e come utilizzare le stampelle dopo un intervento di protesi

Quanto tempo e come utilizzare le stampelle dopo un intervento di protesi

L’utilizzo delle stampelle dopo un intervento di protesi

Dopo aver completato l’intervento di protesi, è necessario decidere per quanto tempo si dovranno utilizzare le stampelle. In generale, il periodo consigliato è di 4-6 settimane, a seconda delle circostanze specifiche.

 

 

Motivi per l’utilizzo delle stampelle

Contrariamente a quanto si potrebbe pensare, le stampelle non vengono utilizzate principalmente perché la protesi non è in grado di sostenere immediatamente il peso del corpo. Infatti, già il giorno stesso dell’intervento, vi verrà chiesto di camminare per testare la solidità della protesi. Il motivo principale per l’utilizzo delle stampelle è la necessità di proteggere i tessuti circostanti.

Riduzione del carico e prevenzione dell’infiammazione

L’utilizzo delle stampelle riduce il carico di lavoro sulle articolazioni appena operate, prevenendo così l’infiammazione dei tessuti circostanti. Questo è particolarmente importante dopo un intervento di protesi, in cui i tessuti potrebbero essere sensibili e richiedere un periodo di guarigione adeguato.

Mantenere l’equilibrio e prevenire le cadute

Dopo un intervento di protesi, può essere difficile mantenere l’equilibrio e c’è un rischio aumentato di cadute, soprattutto se si è stati limitati nei movimenti a causa dell’artrosi. Le stampelle forniscono un supporto stabile e aiutano a prevenire cadute indesiderate, riducendo così il rischio di danni all’articolazione appena impiantata.

Progressivamente abbandonare le stampelle

Di solito, dopo circa tre-quattro settimane, una delle due stampelle può essere abbandonata. È importante notare che la stampella da abbandonare è quella del lato opposto a quello operato. Ad esempio, se è stata eseguita una protesi all’anca destra, la stampella sinistra sarà mantenuta per fornire un maggiore supporto all’articolazione operata. Successivamente, si può passare all’utilizzo di una sola stampella e, con il tempo, abbandonarla del tutto.

Uso delle stampelle in situazioni specifiche

Anche quando si cammina senza stampelle, potrebbe essere utile conservarne una per determinate situazioni. Ad esempio, se si affronta un terreno irregolare o si visita un ambiente affollato, la stampella può offrire un ulteriore sostegno e servire da segnale per gli altri, indicando che si è in fase di convalescenza dopo un intervento.

Tempi di recupero variabili

È importante comprendere che i tempi di recupero senza alcun ausilio, come le stampelle, possono variare considerevolmente da persona a persona. Fattori come la durata dell’immobilità pre-operatoria, l’età del paziente, lo stato dell’articolazione e i procedimenti aggiuntivi eseguiti durante l’intervento possono influire sulla capacità di camminare senza assistenza. È sempre meglio seguire le indicazioni del medico e del fisioterapista per un recupero sicuro ed efficace.

L’importanza dell’uso corretto delle stampelle

Infine, è fondamentale utilizzare le stampelle correttamente per massimizzare i benefici e garantire la sicurezza durante la riabilitazione. Un video dedicato illustra le modalità corrette di utilizzo delle stampelle nelle prime fasi del recupero dopo un intervento.

Conclusione:

Le stampelle sono un supporto indispensabile per l’arto inferiore dopo un intervento di protesi. Consentono di alleggerire il carico di peso sull’articolazione, prevenire l’infiammazione dei tessuti circostanti e mantenere l’equilibrio durante la deambulazione. Seguire le indicazioni del medico e del fisioterapista è fondamentale per determinare per quanto tempo utilizzare le stampelle e per imparare a utilizzarle correttamente. Gradualmente, si potrà abbandonare l’uso delle stampelle e riprendere le normali attività quotidiane, garantendo una corretta guarigione e un recupero ottimale.

Curcuma come antinfiammatorio: mito o realtà?

Un viaggio intorno al ruolo antinfiammatorio della curcuma per le nostre articolazioni

Attorno alle proprietà terapeutiche di alcuni cibi c’è scritto di tutto. Di pozioni miracolose ne è pieno il web. Ma cosa c’è di vero riguardo la capacità di alcuni cibi di agire da veri e propri “farmaci” sul nostro corpo? Con questo articolo cominceranno una serie di “appuntamenti” sui miti o le realtà scientifiche di alcuni cibi e soprattutto sulla capacità di alcuni principi attivi di svolgere una attività antinfiammatoria nelle patologie articolari come l’artrosi.

Curcuma come antinfiammatorio e antiossidante

Cominciamo con una spezia divenuta molto popolare negli ultimi anni, non soltanto perché utilizzata nella cucina etnica, ma anche perché ha cominciato ad essere considerata un vero e proprio cibo funzionale: la Curcuma. Definita per anni lo zafferano dei poveri, già nella Medicina Ayurvedica era annoverata per le sue proprietà energetiche, antinfiammatorie e depurative. Ma cosa dice la scienza a riguardo? Esistono diversi studi che dimostrano la capacità della Curcuma di agire come antiossidante ed antinfiammatorio, oltre che come anti-diabetico ed anti-tumorale, questo grazie al suo principio attivo: la Curcumina. La Curcumina è un composto fenolico naturale, contenuto nella radice della pianta della curcuma, la cui azione farmacologica si esplica grazie alla capacità di questa molecola di ridurre non solo le citochine infiammatorie (come IL-1, IL-6, IL-8, TNF-alpha ed NF-kB) ma anche la produzione di Specie Reattive dell’Ossigeno.

Curcuma artrosi e pubblicazioni scientifiche

La letteratura scientifica è ricca di spunti riguardo la capacità dei curcuminoidi di migliorare la sintomatologia legata all’Osteoartrite. In questa patologia, causata sia da fattori genetici che ambientali, la cartilagine articolare si degrada a causa di processi infiammatori e stress ossidativo che vedono coinvolte citochine infiammatorie e metalloproteasi (MMPs), enzimi che degradano la matrice extracellulare. In diversi studi si è dimostrato che la curcumina è in grado di inibire l’azione di NF-KB e quella delle MMP nei condrociti umani, ovvero le cellule che compongono la cartilagine. Per di più pare che la Curcumina stimoli la produzione di Collagene di tipo II e di Glicosoaminoglicani, componenti della matrice extracellulare della cartilagine. Anche l’azione antinfiammatoria è ben documentata in letteratura, basti pensare che la Curcumina non solo è in grado di bloccare il funzionamento di ciclossigenasi e lipossigenasi, enzimi responsabili della cascata infiammatoria, ma riduce la produzione di radicali liberi nelle cellule della cartilagine umana.

Assorbimento della curcuma

Ma c’è un problema: diversi studi hanno dimostrato che la Curcumina è una molecola molto idrofobica e poco biodisponibile, questo significa che così com’è non viene assorbita ed assimilata in maniera adeguata dall’uomo, ecco perché esistono integratori con formulazioni specifiche che ne permettono una maggiore biodisponibilità.

Tuttavia esistono diversi modi per utilizzare al meglio la Curcuma in cucina ed assorbirne i principi attivi. Ecco a voi tre trucchetti da utilizzare per poter godere delle proprietà antinfiammatorie di questo alimento:

1. Una spolverata di pepe nero (ne basta davvero pochissimo) migliorerà l’assorbimento della curcumina. Secondo una ricerca la piperina contenuta nel pepe nero aiuta ad
aumentare del 154% la biodisponibilità della curcuma!
2. Poiché la curcumina è liposolubile, cioè si scioglie in sostanze grasse, il consiglio è quello di assumere la Curcuma mescolandola con olio extravergine di oliva oppure ghee o olio di cocco che forniranno un apporto adeguato di grassi per favorirne l’assorbimento
3. Riscaldare la curcuma mescolata al grasso per un massimo di 10-15 minuti permette di migliorarne l’assorbimento

Curcuma e artrosi: la ricetta antinfiammatoria

Volete una ricetta golosa, dall’azione antinfiammatoria e che faccia bene alle articolazioni? Riso rosso alla curcuma con verdure, facilissimo da fare e buonissimo da mangiare! Mettete a cuocere il riso ed aggiungete nell’acqua di cottura un cucchiaino di curcuma in polvere. Intanto tagliate le verdure che preferite a julienne mettetele a cuocere in padella con olio extravergine di oliva, curcuma, semi di sesamo e pepe e poco sale. Quando il riso sarà cotto, scolatelo e saltatelo 2 minuti in padella con le verdure (per un sapore super potete mantecare con una piccola quantità di ghee)!

Il controllo del dolore per le articolazioni: cominciamo a tavola

L’azione antinfiammatoria ed antiossidante è fondamentale per tenere sotto controllo il dolore nel paziente affetto da patologia articolare e la Curcuma è un ottimo antidolorifico naturale, se assunto nel modo giusto. Quindi Curcuma assolutamente promossa per il benessere articolare grazie alla presenza di Curcumina, ma attenzione a come la utilizzate in cucina! Piccoli accorgimenti vi aiuteranno a trarre il massimo beneficio dall’utilizzo di questa spezia preziosissima!

Le vostre articolazioni ed il vostro palato vi ringrazieranno!

 

Bibliografia

Reflections about osteoarthritis and Curcuma longa. Akuri MC et al., 2017 Parmacognosy

Review

Short-term effects of highlybioavailablecurcumin for treating knee osteoarthritis: A randomized, double-blind, placebo-controlled prospective study Nakagawa Y et al., 2014 J Orthop Sci

A current review of molecular mechanisms regarding osteoarthritis and pain. Lee AS et al.,

2013 Gene

Dolore articolazioni: un menù antinfiammatorio

L’infiammazione è la risposta naturale che il nostro organismo attiva per proteggersi e combattere i danni causati da fattori stressogeni, come fattori fisici, biologici, o chimici. In particolari condizioni questa situazione può divenire cronica, minacciando il normale funzionamento dei processi fisiologici di organi e apparati. L’infiammazione è spesso alla base della comparsa di dolore alle articolazioni nelle fasi anche iniziali dell’artrosi. Cerchiamo di capire come sia possibile contrastare l’infiammazione a tavola con un menù antinfiammatorio.

Dolore alle articolazioni e infiammazione: quale origine?

Lo stato di infiammazione cronica accompagna tipicamente le patologie metaboliche, come obesità e diabete, dove il tessuto adiposo in eccesso è responsabile della produzione di molecole che agiscono sullo sviluppo dell’infiammazione. Il grasso, infatti, non è solamente un organo di stoccaggio dei grassi, ma un vero e proprio organo endocrino che produce citochine dall’azione pro- infiammatoria. Una di queste molecole, la leptina, oltre ad agire sui sistemi che regolano la sazietà sembra avere un ruolo anche sul metabolismo della cartilagine e sullo sviluppo dell’infiammazione che tipicamente accompagna le artrosi.

Alimentazione e artrosi: eliminare il dolore alle articolazioni

Da un punto di vista fisio-patologico l’artrosi è caratterizzata non soltanto da fenomeni degenerativi della cartilagine articolare, ma anche dalla presenza di fenomeni infiammatori, e questo spiega perché l’artrosi di ginocchio, ad esempio, colpisca più frequentemente i soggetti sovrappeso o obesi e soggetti affetti da sindrome metabolica.

Dolore alle articolazioni e infiammazione: la prevenzione comincia a tavola

Ma come possiamo proteggere le nostre articolazioni a tavola? È fondamentale tenere presente un concetto molto semplice: se si vuole ridurre l’infiammazione dell’organismo, a tutti i livelli, il modo più facile per farlo è consumare più cibi anti-infiammatori e meno alimenti pro-infiammatori. La nostra alimentazione quotidiana va basata su alimenti nutrienti, ricchi di antiossidanti, sali minerali e vitamine, mentre andrebbero evitati il più possibile i prodotti trasformati e processati dell’industria alimentare, quelli ricchi di additivi chimici, conservanti, e coloranti, di zuccheri semplici e grassi saturi, trans o idrogenati. Perché gli anti-ossidanti sono così importanti? Perché la loro azione di contrasto all’infiammazione si basa sulla capacità di neutralizzare i radicali liberi, molecole reattive in grado di stimolare i processi infiammatori nelle cellule e che addirittura hanno la capacità di “mutare” il DNA.

Per controllare il dolore alle articolazioni, scegliamo gli alimenti giusti

Ma quali sono gli alimenti con azione anti-infiammatoria, che vanno consumati preferibilmente?

  • Verdure: meglio se di stagione, preferendo soprattutto broccoli, cavoli, cavolini di Bruxelles, cavolfiore, e altre Brassicaceae
  • Frutta: meglio se di stagione, soprattutto quella più ricca di antiossidanti come le vitamine A, C ed E
  • Frutta ad alto contenuto di grassi monoinsaturi: avocado e olive
  • Olio extravergine di oliva, ricco di acidi grassi monoinsaturi, Idrossitirosolo (antiossidante) e vitamina E
  • Pesce ricco in Omega 3: salmone e pesce azzurro
  • Frutta secca a guscio: noci, mandorle, pistacchi
  • Semi oleosi: semi di zucca, semi di lino, semi di girasole
  • Peperoni e peperoncino (ricchi di vitamina C)
  • Cioccolato fondente almeno all’80% e/o cacao puro
  • Spezie: curcuma, la cannella e lo zenzero
  • Tè verde
  • Un bicchiere di vino rosso al giorno (contenente Resveratrolo)

Cibi da evitare per artrosi e artrite:

I cibi che infiammano le articolazioni

Quali alimenti hanno azione pro-infiammatoria e vanno evitati?

  • Zucchero e bevande zuccherate (succhi di frutta zuccherati, gli energy drink, le bibite gasate)
  • Dolciumi e carboidrati raffinati (merendine, caramelle, torte e gelati)
  • Carni lavorate (insaccati, carne in scatola)
  • Snack preconfezionati (salatini, patatine)
  • Grassi trans idrogenati
  • Alcolici, in particolare i superalcolici

La giornata alimentare antinfiammatoria

Ho provato a costruire una giornata alimentare “anti-infiammatoria”, inserendo cibi adatti per coloro che soffrono di infiammazione legata alle articolazioni. Una dieta antinfiammatoria ben bilanciata dovrebbe fornire un adeguato quantitativo di proteine, carboidrati e grassi buoni a ogni pasto, assicurando un buon apporto di vitamine, minerali e fibre. Il consiglio è sempre quello di consumare almeno 2 litri di acqua al giorno ed utilizzare olio extravergine di oliva come condimento.

Ecco la giornata tipo per alimentarsi in modo antinfiammatorio

Colazione: Tè verde o caffè senza zucchero + yogurt greco con avena e kiwi

Pranzo: Riso integrale alla curcuma con dadolata di verdure insaporite ai semi di sesamo + contorno di cavolo cappuccio crudo condito con olio extravergine d’oliva e noci + macedonia di frutti di bosco conditi con succo di limone

Spuntino: Frutta secca o semi oleosi con frutta fresca di stagione

Cena: Salmone al cartoccio condito con fettine di limone + insalatona di verdure di stagione e avocado condita con olio extravergine di oliva e limone + pane integrale + un bicchiere di vino rosso + dessert di cioccolato fondente (almeno all’80%)

La salute delle articolazioni comincia a tavola

Diversi studi hanno dimostrato che una dieta antinfiammatoria, insieme all’esercizio fisico regolare e al sufficiente riposo possono apportare diversi benefici sulla salute del paziente artritico, attenuandone i sintomi e i dolori alle articolazioni e aiutandolo nella perdita del peso in eccesso, nel miglioramento dei livelli ematici di glicemia, colesterolo e trigliceridi e riducendo i livelli dei marcatori dell’infiammazione nel sangue. Per questo motivo è fondamentale scegliere uno stile di vita salutare e attuare una dieta ricca di alimenti antiinfiammatori per migliorare lo stato di salute generale.

Caffè e artrosi

Il caffè è stato oggetto di numerosi studi nel corso degli anni e alcune ricerche suggeriscono che potrebbe avere alcuni benefici per la salute. Tuttavia, attualmente non esistono prove scientifiche che suggeriscano che il caffè abbia un effetto diretto sull’artrosi, un tipo di degenerazione articolare caratterizzata dall’usura della cartilagine e delle ossa all’interno dell’articolazione.

Se è vero che alcune persone affette da artrosi possono scegliere di evitare il caffè a causa del suo potenziale irritante per l’apparato digerente, non esiste un legame diretto tra il consumo di questa bevanda e lo sviluppo o la progressione dell’artrosi.

Riferimenti bibliografici

Dieta e protesi: un’alimentazione sana può migliorare il recupero dopo l’intervento?

L’obesità rappresenta uno dei più importanti fattori di rischio per lo sviluppo di artrosi dell’anca e del ginocchio e l’intervento di protesi spesso é l’unica soluzione terapeutica efficace di fronte a questa patologia. Considerando l’aumento del numero di complicanze intra- e post- operatorie nel paziente obeso, non è raro che la prima misura di intervento consigliata dall’ortopedico consista proprio nella perdita di peso prima dell’intervento chirurgico. Associare dieta e protesi è dunque una carta vincente su tutti i fronti. Vediamo come possiamo ottenere un risultato efficace prima dell’intervento chirurgico di protesi di anca o di ginocchio.

Dieta e protesi: quali vantaggi?

Un approccio multidisciplinare deve avere come scopo non soltanto quello di informare il paziente sui potenziali rischi dell’intervento, ma soprattutto quello di sensibilizzarlo nell’intraprendere un percorso di rieducazione alimentare in modo da ottenere una efficace riduzione del peso prima di affrontare un intervento di protesi di anca o di ginocchio, minimizzando i rischi legati alla condizione di obesità e al sovrappeso.

Dieta e protesi: primo obiettivo misurare il grado di obesità

Lo strumento maggiormente utilizzato è il calcolo dell’Indice di Massa Corporea (BMI), che non è altro che il rapporto tra il peso (espresso in Kg) e il quadrato dell’altezza (espressa in metri). Questo parametro serve ad inquadrare un soggetto in una categoria che può andare dal sottopeso, al normopeso, fino a obesità di grado III. Sono normopeso gli individui con un BMI compreso tra 19 e 25. Avere un BMI maggiore di 25 espone il paziente a maggiori probabilità di sviluppare patologie che aumentano i rischi durante un intervento chirurgico. Tra queste ricordiamo: malattie cardiovascolari, ipertensione, diabete di tipo 2, ischemie, apneee notturne e Sindrome metabolica (una condizione caratterizzata dalla concomitanza di patologie cardiovascolari, sovrappeso e diabete 2).

Dieta e protesi: una corretta alimentazione migliora lo stile di vita prima dell’intervento

La perdita di peso pre-intervento rappresenta il primo step per il miglioramento dello stile di vita del paziente e richiede spesso un profondo cambiamento nell’approccio al cibo. Mangiare è l’atto più naturale che un organismo vivente possa compiere, ma il modo in cui mangiamo influisce profondamente sullo stato di salute. Il nostro organismo, per funzionare al meglio, ha bisogno di acqua, di macronutrienti (proteina, carboidrati, lipidi) e di micronutrienti (vitamine e Sali minerali). In media ogni giorno dovremmo quindi introdurre carboidrati, proteine e grassi, in quantità e percentuali variabili in base allo stile di vita, al sesso, all’età e alla quantità di attività fisica fatta quotidianamente.

Parole d’ordine a tavola: moderazione e qualità

Consumare piatti non troppo abbondanti ed evitare cibi spazzatura (merendine, cibo da fast food o cibi molto elaborati a livello industriale) sono il primo passo per prevenire non solo il sovrappeso, ma anche patologie cardiovascolari, diabete e malattie infiammatoria, tra cui le artriti.

Dieta e protesi: come faccio a perdere peso in salute prima dell’intervento?

La paura più grande delle persone in sovrappeso o obese è dover smettere di mangiare o dover seguire una alimentazione noiosa e “triste”. Niente di più sbagliato! Il cibo non deve essere un nemico, ma un alleato e rendere i piatti colorati, divertenti e gustosi è assolutamente fondamentale per aiutare il paziente a modificare il proprio stile di vita.

Perdere peso in salute ecco i trucchi

Non saltare la colazione

Questo è il pasto più importante della giornata. Via libera a pane integrale, frutta fresca, frutta secca, yogurt. Meglio evitare merendine e cibi industriali

Fare gli spuntini

Aiutano ad arrivare non troppo affamati al pranzo o alla cena e ci permettono di mantenere costante la glicemia evitando “su e giù” di zuccheri nel sangue che contribuiscono all’accumulo di grassi – sgranocchiare verdure crude durante la preparazione dei pasti, aiuta a evitare di “lanciarsi” in dispensa e divorare formaggi, grissini e salumi. Le fibre, inoltre, danno sazietà e riducono l’assorbimento di zuccheri e grassi.

Evitare zuccheri semplici

No categorico a merendine, zucchero nel caffè, bevande gasate e dolciumi, ricchi di zuccheri semplici. Lo zucchero è una molecola altamente infiammatoria, quindi va maneggiata con cura!

Creare piatti completi

Quello che prepariamo deve avere una parte di carboidrati complessi, meglio se integrali (pasta integrale, orzo, riso integrale, farro, quinoa…), una parte di proteine animali o vegetali (carne, pesce, legumi, formaggi magri, uova), una parte di grassi buoni (olio extravergine di oliva) e una bella porzione di fibre (verdure, meglio se di stagione)

Rispettare la stagionalità

La frutta e la verdura di stagione, oltre a essere più ricchi di antiossidanti, vitamine e Sali minerali, sono anche meno trattate con pesticidi…inoltre costano molto meno! Le fibre delle verdure danno molta sazietà, aiutando anche a ridurre le porzioni di carboidrati, grassi e proteine

NO categorico a cibi industriali e molto elaborati

Anziché comprare una cotoletta, non è meglio prepararsela? Non è più sano mangiare una fetta di ciambella fatta in casa piuttosto che comprare merendine?

Fare almeno 20 minuti di camminata a passo veloce al giorno

Il movimento aiuta non soltanto nella perdita di peso, ma anche nel mantenimento dei risultati! 

Dieta e protesi: le domande comuni

Quanto tempo ci vuole per perdere peso? Quanti chili dovrò perdere prima dell’intervento? Dovrò continuare a perdere peso anche dopo? Queste domande sono molto frequenti tra i pazienti sovrappeso o obesi che dovranno sottoporsi ad intervento di protesi articolare e la risposta dipende dalla gravità del sovrappeso e dalla motivazione del paziente. In genere, in pazienti obesi, è auspicabile perdere circa il 10% del peso corporeo prima dell’intervento per poi continuare con un bel percorso di rieducazione alimentare fino al raggiungimento del peso forma, anche dopo l’intervento chirurgico. I tempi sono variabili da paziente a paziente e dipendono molto da fattori come l’età, il sesso e la presenza di patologie metaboliche. È noto che la perdita di peso pre-operatoria riduca i rischi per il paziente e facilita la ripresa delle normali attività dopo l’intervento chirurgico.

Aiutare le articolazioni a tavola

Preservare il benessere articolare a tavola si può: ci sono infatti modelli alimentari ricchi di cibi che aiutano le nostre articolazioni, rafforzandole e contribuendo a mantenerle in salute. Uno di questi è la Dieta Mediterranea. L’olio d’oliva rappresenta la fonte principale di grassi in questo tipo di regime alimentare, è ricco di acidi grassi monoinsaturi (MUFA) e di composti fenolici, tocoferolo e carotenoidi che hanno una riconosciuta azione antiossidante e anti-infiammatoria. L’olio d’oliva è inoltre ricco di oleuropeina, idrossitirosolo e oleocantale, sostanze che agiscono da antiossidanti, riducendo l’azione delle citochine pro-infiammatorie e fanno da inibitori degli enzimi coinvolti nella cascata infiammatoria. La Dieta Mediterranea è inoltre ricca di frutta e verdure che forniscono vitamine del gruppo C (per esempio gli agrumi) e di cibi che costituiscono una ottima fonte di Omega 3 (pesce azzurro, frutta secca, semi). Sia la vitamina C che gli omega 3 svolgono un ruolo protettivo di enorme importanza sulle articolazioni, e garantiscono il benessere dei condrociti (le cellule che costituiscono la cartilagine) e della matrice extracellulare che li circonda.

Dieta e protesi: riduzione del dolore articolare

Così come una corretta alimentazione e la perdita di peso pre-operatoria rappresentano un valido strumento per la preparazione all’intervento chirurgico, allo stesso modo una corretta alimentazione post-operatoria può aiutare il paziente a una ripresa più rapida e alla riduzione del dolore articolare. La cartilagine, infatti, è un tessuto connettivo in cui le cellule (i condrociti) sono immersi in una matrice extracellulare costituita per lo più da collagene di tipo II, proteoglicani e aggrecani. Nelle artriti si assiste ad una progressiva perdita delle caratteristiche strutturali del tessuto e pertanto uno degli obiettivi della riabilitazione post-operatoria è proprio quello di riacquistare una corretta funzione articolare e una corretta omeostasi della cartilagine; in questo processo la dieta gioca un ruolo fondamentale.

Gli alimenti antinfiammatori naturali

Esistono molti alimenti contenenti sostanze antinfiammatorie naturali, in grado di agire sulla riduzione di molti dei sintomi tipici del post-operatorio, come ad esempio il dolore cronico. Tra questi ricordiamo:
– ZENZERO: ricco di gingerolo, aiuta nella riduzione dell’infiammazione e del dolore muscolare e articolare

– ANANAS: contiene Bromelina,un vero e proprio anti-infiammatorio

– TIMO: ha un effetto simile al Desametasone sulla riduzione del dolore

– CILIEGIE: riccissime di antiossidanti, che danno sollievo dal dolore

– OLIO EXTRAVERGINE D’OLIVA: contiene Idrossitirosolo, un importante antiossidante e alcuni composti simili da un punto di vista molecolare all’Ibuprofene

– SALMONE E PESCE AZZURRO: sono ricchi di Omega3, acidi grassi responsabili della riduzione dello stato infiammatorio a livello articolare

– UVA ROSSA: contiene Resveratrolo, dalle note proprietà anti-infiammatorie

– OLIO DI PESCE: contiene acido Decosaexoico (DHA) e acido Eicosapentoico (EPA), entrambi dalle proprietà anti-infiammatorie

Dieta e protesi: un approccio multidiscplinare

È possibile, dunque, concludere che una dieta sana, insieme alla perdita di peso pre- operatoria e a un programma riabilitativo studiato ad hoc migliorano fortemente la qualità di vita del paziente nel post-operatorio. Il percorso ottimale vede l’intervento ed il lavoro di equipe dell’Ortopedico, del Nutrizionista e del Fisioterapista, che effettueranno una valutazione complessiva del paziente, ottimizzandone il recupero sul breve e lungo termine.

Intervento protesi di spalla: quali sono le opzioni?

Mi hanno detto che devo subire un intervento di protesi di spalla.

Ma non tutte le protesi di spalla sono uguali. La tipologia di protesi di spalla è differente a seconda della patologia di cui ogni persona soffre. E per il buon risultato dell’intervento la giusta scelta tra protesi e protesi è il primo passo per il successo. Vediamo insieme cosa significa.

Quando un intervento protesi di spalla diventa necessario?

Un intervento di protesi di spalla non è mai obbligatorio. Come spesso succede in ortopedia, eccetto che talvolta per le fratture, esiste una scelta. Sempre.

Due condizioni sono necessarie:

  • La prima condizione necessaria, ma non sufficiente, consiste nell’avere una spalla consumata. Ci sono diversi tipi di consumo, ma per ricorrere alla protesi il consumo deve essere irreparabile.
  • La seconda condizione è che il consumo limiti fortemente la qualità della vita del soggetto coinvolto. Se una spalla anche distrutta dà pochi problemi meglio rispettarla. Non intendo dire che se ci sono pochi problemi bisogna accontentarsi. Intendo dire che la spalla può essere migliorata con le cure conservative.

Intervento protesi di spalla, può essere evitato riparando in tempo le lesioni di cuffia o legamentose

Meglio riparare che sostituire. Questo è un motto che vale sempre. Mentre nel ginocchio o peggio nell’anca la protesi è difficile da prevenire dato che le condizioni predisponenti sono scarsamente modificabili, nella spalla è diverso. La principale causa di artrosi della spalla sono le lesioni tendinee croniche. E le lesioni tendineee sono riparabili se prese in tempo. Altrimenti possono in età ancora giovane essere sostituite con un trapianto di tendini dalla schiena. Insomma prevenire è sempre meglio che curare.

Ho l’artrosi, che intervento devo eseguire?

Finito con le premesse, superata la possibilità delle cure conservative ed esclusa la possibilità di un transfer muscolo tendineo, un intervento di protesi di spalla può essere necessario.

Da che parte cominciare? Prima di tutto da una radiografia. La radiografia mostra un restringimento della rima articolare gleno omerale, oppure una risalita della testa omerale. Sono due famiglie diverse di problemi. Una legata principalmente alla forma che per genetica abbiamo della spalla, l’altra generalmente ad una lesione cronica irreparabile della cuffia dei rotatori.

Intervento protesi di spalla anatomica

Se il problema è uno scorrimento tra testa dell’omero e glena allora la protesi anatomica è la scelta giusta. A seconda dello stato dell’osso e dell’età del paziente questo impianto ha il vantaggio di essere molto poco invasivo. Può essere eseguito senza stelo in modo da poter essere facilmente sostituito se necessario nel futuro in caso di mobilizzazioni o usura dei tendini.

È più impegnativa la riabilitazione, ma il risultato finale è estremamente naturale come movimento e sensazioni per il paziente.

Intervento protesi di spalla inversa

Al contrario, se la testa omerale è risalita per l’assenza della cuffia dei rotatori, una protesi di spalla anatomica non può essere impiantata. Esiste dunque il modo di cambiare l’anatomia invertendola. Questo consente di avere una spalla stabile da subito senza la necessità della cuffia dei rotatori.

La riabilitazione è molto più semplice, mentre il risultato finale pur essendo apprezzato dalla popolazione specialmente negli anziani, non è del tutto naturale. Le nuove protesi stanno comunque progressivamente migliorando il feeling ed il design conferito da questa protesi di spalla.

Altri dubbi sull’ intervento di protesi di spalla

Ho registrato questo video per far comprendere meglio cosa succede nella spalla dopo un intervento di protesi di spalla anatomica o inversa.

Risorse esterne:

Artrosi: la mia spalla non si solleva più.

Questo sintomo può essere correlato ad una particolare forma di artrosi.

I problemi legati al consumo delle spalle sono spesso sottovalutati dal paziente per diversi motivi.

Il primo e più semplice fattore è legato al fatto che non camminiamo sulle mani. Sembra una cosa buffa da dire, ma è esattamente il motivo per cui permettiamo alle nostre spalle di ammalarsi così gravemente di artrosi prima di cercare l’attenzione di uno specialista.

Normalmente concediamo molte più attenzioni alle nostre ginocchia dato che ci camminiamo sopra ogni giorno: è come se ad ogni passo qualcuno ci ricordasse che qualcosa non funziona e che dobbiamo muoverci per fare qualcosa. Invece la spalla è diversa e la patologia specialmente nell’anziano è parecchio insidiosa.

L’artrosi si manifesta lentamente

Lentamente ogni giorno la spalla diventa un po’ meno brillante nei movimenti e si trovano dei compensi per continuare ad usarla in modo diverso. Non è raro vedere persone con gravi limitazioni funzionali che hanno praticamente sostituito nelle attività la spalla destra con quella sinistra. Giorno per giorno hanno semplicemente smesso di utilizzare la spalla malata, facendo tutto con quella opposta. E’ il motivo per cui spesso ci si accorge del problema quando la spalla buona smette anche lei di funzionare come deve, oppure quando il dolore non fa più respirare.

Ma cosa succede nelle spalle con questi sintomi? Come mai queste articolazioni sviluppano un’artrosi così grave in maniera così lenta? In questo articolo cercheremo di spiegare semplicemente i meccanismi che causano questo problema.

Come è fatta e come funziona la spalla

Il motivo risiede nell’anatomia normale della spalla. L’ articolazione è costituita da una sfera che si muove su una superficie piana. Per essere stabile nei movimenti ha bisogno di un aiuto che viene solo in parte dai legamenti che devono consentire una certa elasticità per permettere ampie escursioni di movimento. Il ruolo predominante viene invece svolto dai tendini che prendono il nome di cuffia dei rotatori. Questi tendini hanno il ruolo chiave di stabilizzare la sfera omerale nei movimenti al di sopra del livello del volto. E questo lavoro lo svolgono in maniera dinamica, orchestrando con disarmante semplicità un gioco di fini regolazioni che avvengono in maniera continua durante il movimento del braccio.

L’usura dei tendini fino alle lesioni della cuffia dei rotatori può portare all’artrosi

Immaginiamo quindi a quale usura siano sottoposti dei tendini che da soli devono controllare la stabilità di un’articolazione intrinsecamente instabile come la spalla. Se le cose non funzionano come dovuto il meccanismo si inceppa e l’usura porta a sfilacciare e rompere completamente questi tendini a partire dal sovraspinato. Il risultato: artrosi eccentrica della spalla. Cerchiamo insieme di capire cosa sia questa cosa che suona così complessa nel suo nome.

L’artrosi della spalla legata alle rotture della cuffia dei rotatori

artrosi eccentrica spallaL’artrosi eccentrica della spalla è il consumo della cartilagine (artrosi) dovuta al funzionamento non centrato della spalla (eccentrica). Quando la spalla non rimane centrata nella sua posizione naturale avviene una risalita della testa dell’omero non contrastata dall’azione naturale dei tendini. Il braccio trova un arresto soltanto appoggiandosi sull’osso della scapola detto Acromion.

In pratica invece che trovare il morbido supporto di un tendine, la cartilagine si trova a sfregare in maniera anomala contro una superficie dura e rigida. Nel tempo lo sfregamento corrode la cartilagine portando un’usura progressiva fino alla perdita completa del rivestimento detta Artrosi. Il primo effetto dell’artrosi è la percezione del dolore e di alcuni rumori detti scrosci articolari. Finchè questo meccanismo regge si tratta solo di controllare il dolore, ma i movimenti della spalla sono comunque garantiti.

Dall’artrosi alla spalla pseudoparalitica

Con il progredire del tempo questo meccanismo di compenso può alterarsi. Il cedimento delle strutture anatomiche arriva a non consentire più una stabilizzazione adeguata. Si arriva pertanto a quella che viene definita spalla pseudoparalitica. Un altro termine apparentemente difficile. Si tratta semplicemente di una spalla che non riesce più a sollevarsi nei comuni gesti quotidiani portando a dipendere da altre persone per le cose più semplici. Il motore della spalla funziona, ma manca una stabilizzazione che consenta di avere il cosiddetto “fulcro stabile”. Non si tratta infatti ovviamente di una paralisi del braccio, ma di una apparente perdita di forza. Da qui il termine pseudoparalitica (pseudo = falsa paralisi).

La risoluzione del problema: la protesi inversa di spalla.

protesi inversaCosa fare allora quando la spalla non riesce più a muoversi e il dolore diventa all’ordine del giorno? Esiste un’alternativa di successo al problema e consiste nel sostituire l’articolazione malata con una artificiale che prende il nome di protesi inversa di spalla. Altro nome difficile che può essere facilmente compreso.

Una protesi è un metodo artificiale che consiste nel cambiare un’articolazione danneggiata con una nuova. Il più delle volte gli ingegneri studiano protesi che cercano di replicare esattamente la forma normale dell’articolazione. Ma in questo caso la forma normale non permetterebbe una funzione adeguata. Ricordiamoci che il problema principale in questo caso è dipendente da una perdita dei tendini.

L’idea di Grammont per risolvere l’artrosi.

Un chirurgo francese chiamato Paul Grammont sviluppò l’idea di cambiare l’anatomia della spalla invertendola per dare un fulcro stabile. Il movimento diventa indipendente dall’azione dei tendini della cuffia dei rotatori ormai danneggiata. Da questa idea sono nate tutte le protesi moderne che consentono un recupero della funzione e della forza in tutte le principali attività quotidiane con grande soddisfazione per il paziente che aveva dovuto abituarsi a stare senza l’uso del braccio per non avere dolore.

Il messaggio per tutti quelli che soffrono di artrosi alla spalla.

Per tutti i pazienti che hanno perso l’uso della spalla per il dolore e la mancanza di forza, esiste una soluzione efficace che permette di recuperare l’uso del braccio cambiando artificialmente l’anatomia della spalla. Per sapere se questo intervento fa il caso vostro basta una visita specialistica dal chirurgo della spalla con una radiografia standard della spalla. Troverete una valida risposta al vostro problema.

Hai dolore alla spalla e non sai se si tratta di artrosi? Puoi capirlo cercando i 5 sintomi più comuni.

Per approfondire con un articolo scientifico sulla protesi inversa di Paul Grammont potete seguire questo link.

Artrosi anca e ginocchio

Principi base sull’artrosi di anca e ginocchio

L’artrosi è una malattia nelle nostre articolazioni che si manifesta con la perdita della superficie della cartilagine che normalmente riveste le nostre articolazioni. Artrosi di anca e ginocchio sono molto comuni.

Generalità sulla cartilagine

La superficie cartilaginea serve a far scorrere in maniera fluida un osso sull’altro senza che percepiamo dolore e senza che  percepiamo una difficoltà nel movimento. Infatti la cartilagine è una superficie molto liscia non innervata che permette lo scorrimento libero di uno sull’altro. Col passare del tempo questa superficie perfetta può perdere le sue caratteristiche diventando ruvida, irregolare, inadatta al movimento.

Le cause che determinano questa problematica che viene comunemente chiamata artrosi possono essere di natura diversa. Possono dipendere da un trauma avvenuto in giovane età, dalla rimozione di un menisco nel ginocchio, da un asse alterato di carico negli arti inferiori.

Come mai l’artrosi provoca dolore

Quale che sia la causa una volta sviluppata l’artrosi non permette le comuni attività che normalmente vengono svolte senza dolore. La degradazione successiva della cartilagine determina la liberazione di piccoli frammenti dell’articolazione che provocano una risposta infiammatoria della membrana interna dell’articolazione con gonfiore, dolore, perdita di funzione.

Nelle forme più avanzate di artrosi si può anche notare una riduzione della possibilità di movimento: estensione o flessione incompleta o difetti di rotazione sono le caratteristiche più comuni. Spesso l’artrosi si fa sentire maggiormente ai primi movimenti: quando ci si alza la mattina, dopo che si è stati seduti a vedere un film al cinema o quando si riprende la propria attività dopo un periodo di riposo. Questo avviene perché il liquido che lubrifica le articolazioni viene a mancare dopo un periodo di riposo e dopo alcuni movimenti si distribuisce compensando all’irregolarità articolari dovuti al consumo.

L’artrosi quindi rientra in quelle patologie degenerative che comportano una perdita di funzione dolorosa delle articolazioni.

Perchè le articolazioni con l’artrosi si deformano

osteofita in artrosi ginocchioUn altro segno di artrosi avanzata è la progressiva deformità delle articolazioni.

Spesso infatti l’artrosi specialmente nelle ginocchia porta la gamba a deformarsi diventando progressivamente vara o valga. Sarebbe opportuno accorgersi di queste variazioni di forma della gamba prima che siano molto avanzate, dato che una grave difformità nell’articolazione rende più difficile l’intervento di sostituzione protesica se necessario.

Un altro segno di artrosi avanzata è la presenza di quelli che si chiamano osteofiti. Gli osteofiti  non sono altro che il tentativo delle nostre articolazioni di ridurre la pressione articolare. Infatti con questo stratagemma il nostro organismo cerca di allargare la base di appoggio dalle due ossa per ridurne la pressione per unità di superficie. È un po’ come il principio delle racchette da neve quando si cammina sulla neve fresca: allargando con le ciaspole la superficie d’appoggio  si riduce la pressione evitando l’affondamento della neve.

Trattare l’artrosi senza intervento

Il trattamento dell’artrosi è conservativo cioè senza intervento nelle prime fasi della malattia.

Il trattamento conservativo per l’artrosi dell’anca e ginocchio si basa sulla ginnastica per mantenere il movimento elasticità, sulle applicazioni strumentali in centri di fisioterapia e sulla viscosupplementazione del ginocchio. La ginnastica deve essere impostata da un fisioterapista in maniera tale da trovare il corretto equilibrio tra l’esercizio dell’infiammazione del ginocchio.

Normalmente la migliore ginnastica prevede l’uso dell’acqua in piscine riscaldate e in termini più generali tutta quell’attività che non sia ad alto impatto sulle articolazioni: sono sconsigliate infatti le attività con un salto corsa e in generale tutto quello che prevede un impatto sul terreno. Vanno bene invece bicicletta nuoto e ginnastica dolce.

Per quanto riguarda le terapie fisiche dedicheremo una piccola parte a questa problematica. La viscosupplementazione è invece una tecnica con cui si introduce all’interno dell’articolazione una sostanza a base di acido jaluronico e serve a lubrificare l’articolazione, nutrirla e a ridurne l’infiammazione. Anche per questa procedura abbiamo scritto un articolo dedicato.

Artrosi dell’anca: possibili cause favorenti

Quando parliamo di artrosi dell’anca bisogna considerare alcune peculiarità di questa articolazione. Mentre per il ginocchio le cause più comuni di artrosi consistono in deviazioni di asse e esiti di traumi, nell’artrosi dell’anca esiste un’ ulteriore condizione predisponente dovuta alla forma propria dell’articolazione che è fatta come una sfera in una coppa.

Si tratta di una giuntura molto congruente che ha bisogno di grande stabilità ma allo stesso tempo di ampia possibilità di movimento. Se l’articolazione diventa troppo congruente, si parla di conflitto femoro acetabolare. Il conflitto è riconosciuto come una causa predisponente di artrosi di anca perché provoca un attrito dove non dovrebbe esserci.

Il conflitto può dipendere dal bacino orientato non correttamente e prende il nome di “Pincer” oppure dal collo del femore e prende il nome di “CAM”. Quale che sia il conflitto, l’artrosi dell’anca si sviluppa gradualmente nel tempo e può verificarsi più precocemente in caso di presenza di questo fattore predisponente.

Come accorgersi dell’artrosi dell’anca

L’artrosi dell’anca si manifesta essenzialmente con due sintomi: la riduzione del movimento e il dolore inguinale. La riduzione dell’elasticità del movimento nell’artrosi dell’anca limita prima di tutto le rotazioni. Tipico dell’artrosi dell’anca è la difficoltà di legarsi le scarpe o mettersi un calzino in quanto si fa fatica a raggiungersi il piede. Nelle forme più avanzate anche solo stare seduto provoca un dolore.

Il dolore inguinale è il secondo campanello d’allarme. Infatti l’artrosi dell’anca si irradia all’inguine costantemente nel movimento e nel carico. Tipico delle fasi inizali è confondere questo dolore per un’ernia inguinale nell’uomo o per un problema ginecologico nella donna. Talvolta il dolore inguinale scende nell’interno coscia e fa confondere l’artrosi dell’anca con un problema di ginocchio. Attenzione dunque ai sintomi iniziali che un ortopedico può facilmente insegnarvi a riconoscere.

Quando bisogna preoccuparsi dell’artrosi? Il trattamento chirurgico

Tutte le volte che la presenza di dolore nell’articolazione specialmente ai primi movimenti provoca un discorso forte nella vita quotidiana bisognerebbe rivolgersi a uno specialista per eseguire gli esami strumentali più opportuni (di solito una semplice radiografia)  per accertare lo stato di salute dell’articolazione.

Quando la radiografia dimostra che l’artrosi dell’articolazione è troppo avanzata per essere trattata con una terapia conservativa, allora il trattamento diventa chirurgico.

Per alcune categorie di pazienti che sono ancora giovani e con l’articolazione poco consumata alcune tecniche di ridistribuzione del carico come le osteotomie possono essere indicate.  Il principio di queste procedure si basa sulla correzione dei difetti dell’asse dell’arto inferiore per far passare il carico nel punto meno usurato dell’articolazione. Sono interventi che comportano una frattura dell’osso che viene poi sintetizzata con dei mezzi di fissazione.

In pazienti più anziani e quando vi sia un consumo completo dell’articolazione, quel consumo che noi definiamo osso sull’osso, allora l’unica soluzione è sostituire l’articolazione con una protesi.

La protesi non è altro che un impianto solitamente in titanio o cromo cobalto che viene fissato sull’osso e che fa scivolare un’articolazione sull’altra tramite l’utilizzo di una plastica estremamente dura chiamata polietilene. Un paziente con un’artrosi “osso su osso” sarà sicuramente molto soddisfatto dell’impianto di una protesi. Questo intervento non è libero da complicanze che sono peraltro piuttosto rare,  ma che devono essere conosciute dal paziente prima di affrontare l’intervento.

Nell’area Video Tutorial esistono contenuti registrati che spiegano passo passo tutte le principali implicazioni legate ad un intervento di protesi.

Conclusioni

In conclusione: l’artrosi è una malattia degenerativa delle articolazioni che comporta la perdita progressiva della superficie liscia che permettere lo scivolamento di un osso sull’altro chiamata cartilagine.

Questa degenerazione può essere di livello diverso e pertanto a trattamenti diversi per ogni stadio di malattia. Le forme precoci possono essere trattate senza chirurgia con una buona fisioterapia e con l’uso della acido jaluronico. Si può rallentare l’evoluzione del consumo nei giovani tramite degli interventi chiamati osteotomie. Per le forme di artrosi avanzata la soluzione definitiva consiste nella sostituzione protesica dell’articolazione.

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