I miei maestri: Andrea Baldini Ortopedico a Firenze

Nel mio percorso di crescita come chirurgo ortopedico sono arrivato a Firenze nel 2009. La spinta per me fu quella di aprire i miei orizzonti verso la chirurgia protesica delle grandi articolazioni dopo la mia bellissima esperienza di New York. In quel luogo, culla della chirurgia protesica moderna, il dottor Andrea Baldini aveva avuto il cuore della sua formazione chirurgica. Ma vediamo nel dettaglio il percorso che mi ha reso l’ortopedico che sono ora.

Il primo incontro con il dottor Andrea Baldini ortopedico a Firenze

Il primo incontro con il dottor Andrea Baldini in Toscana avvenne perché da ortopedico alle prime armi per riuscire a operare i miei primi pazienti mi spostavo ovunque ne trovassi la possibilità. Quel giorno ebbi modo di discutere con lui, che lavorava nella sala di fianco alla mia, di un caso che avrei operato dopo pochi minuti.

Il suo aiuto fu illuminante, tanto che gli chiesi come fare per andare negli Stati Uniti, nello stesso luogo dove si era formato lui stesso, ad apprendere tutti gli aggiornamenti più moderni in chirurgia protesica.

La borsa di Studio per l’Hospital for Special Surgery di New York

L’ispirazione fu tale che l’anno successivo vinsi una borsa di studio per andare negli USA. Un’esperienza coinvolgente da cui tornai pieno di iniziativa e di volontà per imparare ad esercitare al meglio la mia professione. Di fronte alla scelta, dopo la specializzazione, non ebbi dubbio: una posizione era libera con il dottor Andrea Baldini come ortopedico a Firenze e decisi immediatamente di iniziare questa avventura.

I primi anni a Firenze come chirurgo ortopedico

Appena dopo la specializzazione nel Gennaio 2009, mi sono dunque trasferito a Firenze dopo aver ricevuto l’invito ad entrare a fare parte del gruppo di Chirurgia Articolare Ricostruttiva diretto dal dottor Andrea Baldini, Specialista in chirurgia protesica di Anca e Ginocchio. Di fatto io provenivo da una formazione centrata pressoché completamente sulla Chirurgia della Spalla e la mia conoscenza sulle protesi di anca e sulle protesi di ginocchio era veramente limitata alla sola formazione di base conseguita durante la scuola di specializzazione a Milano.

Con il dottor Andrea Baldini la chirurgia protesica era differente

Da subito mi resi conto che la qualità della chirurgia protesica viaggiava a Firenze su un altro pianeta. Il dottor Andrea Baldini, già nel 2009, seguiva le più moderne tecniche chirurgiche di protesi al ginocchio e protesi all’anca.

Una grande attenzione al rispetto dei tessuti, l’uso di impianti protesici di prima qualità e all’avanguardia, una minuziosa tecnica ricostruttiva dell’articolazione. Già allora il paziente era al centro di tutto: in epoca in cui pochi ne parlavano e soprattutto all’estero, tutti i pazienti operati partecipavano ad una lezione preparatoria prima dell’intervento.

Il mio apprendimento come allievo del dottor Andrea Baldini

Con il dottor Andrea Baldini mi è stato possibile continuare la mia crescita come ortopedico a Firenze nella chirurgia protesica maggiore di ginocchio e anca. Al suo fianco ho operato i miei primi casi e ho potuto aiutarlo in migliaia di interventi chirurgici complessi di protesi di ginocchio e protesi di anca.

La progressiva evoluzione della gestione medica del paziente operato

In quegli anni il mio lavoro era dedicato da una parte a prendere in mano la direzione della Chirurgia della Spalla diventando il referente del gruppo in questo ambito, dall’altra nell’apprendere l’arte della chirurgia protesica di anca e ginocchio accanto al dottor Andrea Baldini. L’evoluzione in questo campo, affiancata dalla continua esigenza di migliorare, mi portò a concentrarmi molto sulla cura del paziente a cavallo dell’intervento chirurgico con l’obiettivo di ottimizzarne il recupero e limitarne il trauma legato all’intervento. Tale ricerca comprese il moderno concetto di Fast Track o Rapid Recovery oggi molto attuali, ma allora trascurati da tutti.

La gestione avanzata del paziente: il congresso del dottor Andrea Baldini a Firenze

Tutta la ricerca culminò nel Maggio 2014 a Firenze con un congresso internazionale in cui dare le regole per il Fast Track o recupero rapido dopo chirurgia protesica. I principi moderni di recupero rapido per protesi di anca e protesi di ginocchio finalmente venivano discussi ed affrontati di fronte ad una platea autorevole per la prima volta in Italia.

Il percorso Fast Track del dottor Andrea Baldini Ortopedico presso Villa Ulivella – IFCA di Firenze

Il grande supporto del gruppo GIOMI presso la Clinica di Villa Ulivella IFCA di Firenze ha permesso di adottare una ad una tutte le più moderne metodiche di gestione del paziente operato di protesi. Inoltre ci ha permesso di portare a zero il tasso di trasfusioni, ridurre la degenza (il paziente torna ad essere autonomo nel cammino dopo 2-3 giorni dall’intervento), ridurre il dolore legato all’intervento, iniziare la fisioterapia poche ore dopo l’operazione e minimizzare le complicanze legate allo stare a letto a lungo dopo la chirurgia.

Ad oggi sono oltre 6 anni che attuiamo a Villa Ulivella IFCA di Firenze il protocollo di recupero rapido Fast Track per tutti i pazienti che si operano con noi e i risultati sono evidenti. L’entusiasmo è molto alto dato che riusciamo finalmente a rendere meno invalidante possibile una chirurgia senza dubbio maggiore di Ortopedia.

L’ordine dei medici ha ospitato un mio articolo che riassume tutte le grandi novità che abbiamo introdotto.

Al termine del percorso di formazione con il dottor Andrea Baldini sono diventato, all’interno del gruppo di Villa Ulivella IFCA di Firenze, il responsabile della chirurgia della Spalla e un riferimento per la chirurgia protesica di Anca e di Ginocchio. In questo tipo di chirurgia, dopo oltre 10 anni di attività, seguo tutte le più moderne tecniche di recupero rapido che rientrano nei concetti del Fast track e del Rapid Recovery.

Protesi di ginocchio e protesi di anca: il dottor Lorenzo Castellani parla del Fast track

 

 

Dolore articolazioni: un menù antinfiammatorio

L’infiammazione è la risposta naturale che il nostro organismo attiva per proteggersi e combattere i danni causati da fattori stressogeni, come fattori fisici, biologici, o chimici. In particolari condizioni questa situazione può divenire cronica, minacciando il normale funzionamento dei processi fisiologici di organi e apparati. L’infiammazione è spesso alla base della comparsa di dolore alle articolazioni nelle fasi anche iniziali dell’artrosi. Cerchiamo di capire come sia possibile contrastare l’infiammazione a tavola con un menù antinfiammatorio.

Dolore alle articolazioni e infiammazione: quale origine?

Lo stato di infiammazione cronica accompagna tipicamente le patologie metaboliche, come obesità e diabete, dove il tessuto adiposo in eccesso è responsabile della produzione di molecole che agiscono sullo sviluppo dell’infiammazione. Il grasso, infatti, non è solamente un organo di stoccaggio dei grassi, ma un vero e proprio organo endocrino che produce citochine dall’azione pro- infiammatoria. Una di queste molecole, la leptina, oltre ad agire sui sistemi che regolano la sazietà sembra avere un ruolo anche sul metabolismo della cartilagine e sullo sviluppo dell’infiammazione che tipicamente accompagna le artrosi.

Alimentazione e artrosi: eliminare il dolore alle articolazioni

Da un punto di vista fisio-patologico l’artrosi è caratterizzata non soltanto da fenomeni degenerativi della cartilagine articolare, ma anche dalla presenza di fenomeni infiammatori, e questo spiega perché l’artrosi di ginocchio, ad esempio, colpisca più frequentemente i soggetti sovrappeso o obesi e soggetti affetti da sindrome metabolica.

Dolore alle articolazioni e infiammazione: la prevenzione comincia a tavola

Ma come possiamo proteggere le nostre articolazioni a tavola? È fondamentale tenere presente un concetto molto semplice: se si vuole ridurre l’infiammazione dell’organismo, a tutti i livelli, il modo più facile per farlo è consumare più cibi anti-infiammatori e meno alimenti pro-infiammatori. La nostra alimentazione quotidiana va basata su alimenti nutrienti, ricchi di antiossidanti, sali minerali e vitamine, mentre andrebbero evitati il più possibile i prodotti trasformati e processati dell’industria alimentare, quelli ricchi di additivi chimici, conservanti, e coloranti, di zuccheri semplici e grassi saturi, trans o idrogenati. Perché gli anti-ossidanti sono così importanti? Perché la loro azione di contrasto all’infiammazione si basa sulla capacità di neutralizzare i radicali liberi, molecole reattive in grado di stimolare i processi infiammatori nelle cellule e che addirittura hanno la capacità di “mutare” il DNA.

Per controllare il dolore alle articolazioni, scegliamo gli alimenti giusti

Ma quali sono gli alimenti con azione anti-infiammatoria, che vanno consumati preferibilmente?

  • Verdure: meglio se di stagione, preferendo soprattutto broccoli, cavoli, cavolini di Bruxelles, cavolfiore, e altre Brassicaceae
  • Frutta: meglio se di stagione, soprattutto quella più ricca di antiossidanti come le vitamine A, C ed E
  • Frutta ad alto contenuto di grassi monoinsaturi: avocado e olive
  • Olio extravergine di oliva, ricco di acidi grassi monoinsaturi, Idrossitirosolo (antiossidante) e vitamina E
  • Pesce ricco in Omega 3: salmone e pesce azzurro
  • Frutta secca a guscio: noci, mandorle, pistacchi
  • Semi oleosi: semi di zucca, semi di lino, semi di girasole
  • Peperoni e peperoncino (ricchi di vitamina C)
  • Cioccolato fondente almeno all’80% e/o cacao puro
  • Spezie: curcuma, la cannella e lo zenzero
  • Tè verde
  • Un bicchiere di vino rosso al giorno (contenente Resveratrolo)

Cibi da evitare per artrosi e artrite:

I cibi che infiammano le articolazioni

Quali alimenti hanno azione pro-infiammatoria e vanno evitati?

  • Zucchero e bevande zuccherate (succhi di frutta zuccherati, gli energy drink, le bibite gasate)
  • Dolciumi e carboidrati raffinati (merendine, caramelle, torte e gelati)
  • Carni lavorate (insaccati, carne in scatola)
  • Snack preconfezionati (salatini, patatine)
  • Grassi trans idrogenati
  • Alcolici, in particolare i superalcolici

La giornata alimentare antinfiammatoria

Ho provato a costruire una giornata alimentare “anti-infiammatoria”, inserendo cibi adatti per coloro che soffrono di infiammazione legata alle articolazioni. Una dieta antinfiammatoria ben bilanciata dovrebbe fornire un adeguato quantitativo di proteine, carboidrati e grassi buoni a ogni pasto, assicurando un buon apporto di vitamine, minerali e fibre. Il consiglio è sempre quello di consumare almeno 2 litri di acqua al giorno ed utilizzare olio extravergine di oliva come condimento.

Ecco la giornata tipo per alimentarsi in modo antinfiammatorio

Colazione: Tè verde o caffè senza zucchero + yogurt greco con avena e kiwi

Pranzo: Riso integrale alla curcuma con dadolata di verdure insaporite ai semi di sesamo + contorno di cavolo cappuccio crudo condito con olio extravergine d’oliva e noci + macedonia di frutti di bosco conditi con succo di limone

Spuntino: Frutta secca o semi oleosi con frutta fresca di stagione

Cena: Salmone al cartoccio condito con fettine di limone + insalatona di verdure di stagione e avocado condita con olio extravergine di oliva e limone + pane integrale + un bicchiere di vino rosso + dessert di cioccolato fondente (almeno all’80%)

La salute delle articolazioni comincia a tavola

Diversi studi hanno dimostrato che una dieta antinfiammatoria, insieme all’esercizio fisico regolare e al sufficiente riposo possono apportare diversi benefici sulla salute del paziente artritico, attenuandone i sintomi e i dolori alle articolazioni e aiutandolo nella perdita del peso in eccesso, nel miglioramento dei livelli ematici di glicemia, colesterolo e trigliceridi e riducendo i livelli dei marcatori dell’infiammazione nel sangue. Per questo motivo è fondamentale scegliere uno stile di vita salutare e attuare una dieta ricca di alimenti antiinfiammatori per migliorare lo stato di salute generale.

Caffè e artrosi

Il caffè è stato oggetto di numerosi studi nel corso degli anni e alcune ricerche suggeriscono che potrebbe avere alcuni benefici per la salute. Tuttavia, attualmente non esistono prove scientifiche che suggeriscano che il caffè abbia un effetto diretto sull’artrosi, un tipo di degenerazione articolare caratterizzata dall’usura della cartilagine e delle ossa all’interno dell’articolazione.

Se è vero che alcune persone affette da artrosi possono scegliere di evitare il caffè a causa del suo potenziale irritante per l’apparato digerente, non esiste un legame diretto tra il consumo di questa bevanda e lo sviluppo o la progressione dell’artrosi.

Riferimenti bibliografici

Dieta e protesi: un’alimentazione sana può migliorare il recupero dopo l’intervento?

L’obesità rappresenta uno dei più importanti fattori di rischio per lo sviluppo di artrosi dell’anca e del ginocchio e l’intervento di protesi spesso é l’unica soluzione terapeutica efficace di fronte a questa patologia. Considerando l’aumento del numero di complicanze intra- e post- operatorie nel paziente obeso, non è raro che la prima misura di intervento consigliata dall’ortopedico consista proprio nella perdita di peso prima dell’intervento chirurgico. Associare dieta e protesi è dunque una carta vincente su tutti i fronti. Vediamo come possiamo ottenere un risultato efficace prima dell’intervento chirurgico di protesi di anca o di ginocchio.

Dieta e protesi: quali vantaggi?

Un approccio multidisciplinare deve avere come scopo non soltanto quello di informare il paziente sui potenziali rischi dell’intervento, ma soprattutto quello di sensibilizzarlo nell’intraprendere un percorso di rieducazione alimentare in modo da ottenere una efficace riduzione del peso prima di affrontare un intervento di protesi di anca o di ginocchio, minimizzando i rischi legati alla condizione di obesità e al sovrappeso.

Dieta e protesi: primo obiettivo misurare il grado di obesità

Lo strumento maggiormente utilizzato è il calcolo dell’Indice di Massa Corporea (BMI), che non è altro che il rapporto tra il peso (espresso in Kg) e il quadrato dell’altezza (espressa in metri). Questo parametro serve ad inquadrare un soggetto in una categoria che può andare dal sottopeso, al normopeso, fino a obesità di grado III. Sono normopeso gli individui con un BMI compreso tra 19 e 25. Avere un BMI maggiore di 25 espone il paziente a maggiori probabilità di sviluppare patologie che aumentano i rischi durante un intervento chirurgico. Tra queste ricordiamo: malattie cardiovascolari, ipertensione, diabete di tipo 2, ischemie, apneee notturne e Sindrome metabolica (una condizione caratterizzata dalla concomitanza di patologie cardiovascolari, sovrappeso e diabete 2).

Dieta e protesi: una corretta alimentazione migliora lo stile di vita prima dell’intervento

La perdita di peso pre-intervento rappresenta il primo step per il miglioramento dello stile di vita del paziente e richiede spesso un profondo cambiamento nell’approccio al cibo. Mangiare è l’atto più naturale che un organismo vivente possa compiere, ma il modo in cui mangiamo influisce profondamente sullo stato di salute. Il nostro organismo, per funzionare al meglio, ha bisogno di acqua, di macronutrienti (proteina, carboidrati, lipidi) e di micronutrienti (vitamine e Sali minerali). In media ogni giorno dovremmo quindi introdurre carboidrati, proteine e grassi, in quantità e percentuali variabili in base allo stile di vita, al sesso, all’età e alla quantità di attività fisica fatta quotidianamente.

Parole d’ordine a tavola: moderazione e qualità

Consumare piatti non troppo abbondanti ed evitare cibi spazzatura (merendine, cibo da fast food o cibi molto elaborati a livello industriale) sono il primo passo per prevenire non solo il sovrappeso, ma anche patologie cardiovascolari, diabete e malattie infiammatoria, tra cui le artriti.

Dieta e protesi: come faccio a perdere peso in salute prima dell’intervento?

La paura più grande delle persone in sovrappeso o obese è dover smettere di mangiare o dover seguire una alimentazione noiosa e “triste”. Niente di più sbagliato! Il cibo non deve essere un nemico, ma un alleato e rendere i piatti colorati, divertenti e gustosi è assolutamente fondamentale per aiutare il paziente a modificare il proprio stile di vita.

Perdere peso in salute ecco i trucchi

Non saltare la colazione

Questo è il pasto più importante della giornata. Via libera a pane integrale, frutta fresca, frutta secca, yogurt. Meglio evitare merendine e cibi industriali

Fare gli spuntini

Aiutano ad arrivare non troppo affamati al pranzo o alla cena e ci permettono di mantenere costante la glicemia evitando “su e giù” di zuccheri nel sangue che contribuiscono all’accumulo di grassi – sgranocchiare verdure crude durante la preparazione dei pasti, aiuta a evitare di “lanciarsi” in dispensa e divorare formaggi, grissini e salumi. Le fibre, inoltre, danno sazietà e riducono l’assorbimento di zuccheri e grassi.

Evitare zuccheri semplici

No categorico a merendine, zucchero nel caffè, bevande gasate e dolciumi, ricchi di zuccheri semplici. Lo zucchero è una molecola altamente infiammatoria, quindi va maneggiata con cura!

Creare piatti completi

Quello che prepariamo deve avere una parte di carboidrati complessi, meglio se integrali (pasta integrale, orzo, riso integrale, farro, quinoa…), una parte di proteine animali o vegetali (carne, pesce, legumi, formaggi magri, uova), una parte di grassi buoni (olio extravergine di oliva) e una bella porzione di fibre (verdure, meglio se di stagione)

Rispettare la stagionalità

La frutta e la verdura di stagione, oltre a essere più ricchi di antiossidanti, vitamine e Sali minerali, sono anche meno trattate con pesticidi…inoltre costano molto meno! Le fibre delle verdure danno molta sazietà, aiutando anche a ridurre le porzioni di carboidrati, grassi e proteine

NO categorico a cibi industriali e molto elaborati

Anziché comprare una cotoletta, non è meglio prepararsela? Non è più sano mangiare una fetta di ciambella fatta in casa piuttosto che comprare merendine?

Fare almeno 20 minuti di camminata a passo veloce al giorno

Il movimento aiuta non soltanto nella perdita di peso, ma anche nel mantenimento dei risultati! 

Dieta e protesi: le domande comuni

Quanto tempo ci vuole per perdere peso? Quanti chili dovrò perdere prima dell’intervento? Dovrò continuare a perdere peso anche dopo? Queste domande sono molto frequenti tra i pazienti sovrappeso o obesi che dovranno sottoporsi ad intervento di protesi articolare e la risposta dipende dalla gravità del sovrappeso e dalla motivazione del paziente. In genere, in pazienti obesi, è auspicabile perdere circa il 10% del peso corporeo prima dell’intervento per poi continuare con un bel percorso di rieducazione alimentare fino al raggiungimento del peso forma, anche dopo l’intervento chirurgico. I tempi sono variabili da paziente a paziente e dipendono molto da fattori come l’età, il sesso e la presenza di patologie metaboliche. È noto che la perdita di peso pre-operatoria riduca i rischi per il paziente e facilita la ripresa delle normali attività dopo l’intervento chirurgico.

Aiutare le articolazioni a tavola

Preservare il benessere articolare a tavola si può: ci sono infatti modelli alimentari ricchi di cibi che aiutano le nostre articolazioni, rafforzandole e contribuendo a mantenerle in salute. Uno di questi è la Dieta Mediterranea. L’olio d’oliva rappresenta la fonte principale di grassi in questo tipo di regime alimentare, è ricco di acidi grassi monoinsaturi (MUFA) e di composti fenolici, tocoferolo e carotenoidi che hanno una riconosciuta azione antiossidante e anti-infiammatoria. L’olio d’oliva è inoltre ricco di oleuropeina, idrossitirosolo e oleocantale, sostanze che agiscono da antiossidanti, riducendo l’azione delle citochine pro-infiammatorie e fanno da inibitori degli enzimi coinvolti nella cascata infiammatoria. La Dieta Mediterranea è inoltre ricca di frutta e verdure che forniscono vitamine del gruppo C (per esempio gli agrumi) e di cibi che costituiscono una ottima fonte di Omega 3 (pesce azzurro, frutta secca, semi). Sia la vitamina C che gli omega 3 svolgono un ruolo protettivo di enorme importanza sulle articolazioni, e garantiscono il benessere dei condrociti (le cellule che costituiscono la cartilagine) e della matrice extracellulare che li circonda.

Dieta e protesi: riduzione del dolore articolare

Così come una corretta alimentazione e la perdita di peso pre-operatoria rappresentano un valido strumento per la preparazione all’intervento chirurgico, allo stesso modo una corretta alimentazione post-operatoria può aiutare il paziente a una ripresa più rapida e alla riduzione del dolore articolare. La cartilagine, infatti, è un tessuto connettivo in cui le cellule (i condrociti) sono immersi in una matrice extracellulare costituita per lo più da collagene di tipo II, proteoglicani e aggrecani. Nelle artriti si assiste ad una progressiva perdita delle caratteristiche strutturali del tessuto e pertanto uno degli obiettivi della riabilitazione post-operatoria è proprio quello di riacquistare una corretta funzione articolare e una corretta omeostasi della cartilagine; in questo processo la dieta gioca un ruolo fondamentale.

Gli alimenti antinfiammatori naturali

Esistono molti alimenti contenenti sostanze antinfiammatorie naturali, in grado di agire sulla riduzione di molti dei sintomi tipici del post-operatorio, come ad esempio il dolore cronico. Tra questi ricordiamo:
– ZENZERO: ricco di gingerolo, aiuta nella riduzione dell’infiammazione e del dolore muscolare e articolare

– ANANAS: contiene Bromelina,un vero e proprio anti-infiammatorio

– TIMO: ha un effetto simile al Desametasone sulla riduzione del dolore

– CILIEGIE: riccissime di antiossidanti, che danno sollievo dal dolore

– OLIO EXTRAVERGINE D’OLIVA: contiene Idrossitirosolo, un importante antiossidante e alcuni composti simili da un punto di vista molecolare all’Ibuprofene

– SALMONE E PESCE AZZURRO: sono ricchi di Omega3, acidi grassi responsabili della riduzione dello stato infiammatorio a livello articolare

– UVA ROSSA: contiene Resveratrolo, dalle note proprietà anti-infiammatorie

– OLIO DI PESCE: contiene acido Decosaexoico (DHA) e acido Eicosapentoico (EPA), entrambi dalle proprietà anti-infiammatorie

Dieta e protesi: un approccio multidiscplinare

È possibile, dunque, concludere che una dieta sana, insieme alla perdita di peso pre- operatoria e a un programma riabilitativo studiato ad hoc migliorano fortemente la qualità di vita del paziente nel post-operatorio. Il percorso ottimale vede l’intervento ed il lavoro di equipe dell’Ortopedico, del Nutrizionista e del Fisioterapista, che effettueranno una valutazione complessiva del paziente, ottimizzandone il recupero sul breve e lungo termine.

Sclerosi dei tetti acetabolari anca

Cosa significa quando si legge sul risultato di una RX (radiografia) di anca: sclerosi dei tetti acetabolari?

Quante parole incomprensibili popolano i nostri esami diagnostici. Affrontiamo alcuni termini molto frequenti per provare a capirci qualcosa. Magari prima della irrinunciabile visita medica con lo specialista.

Il tema di questo approfondimento è la frase sclerosi dei tetti acetabolari che può generare alcuni dubbi in chi legge.

Vuoi sapere subito cosa fare? Ecco l’infografica: se trovi almeno due problemi che ti riguardano meglio rivolgersi subito all’ortopedico.

sclerosi tetti acetabolari

Sclerosi dei tetti acetabolari

Proviamo a scomporre in termini questa frase. Scomponendo in piccole parti tutto diventa più semplice.

Cosa significa sclerosi?

La sclerosi è un indurimento. Tutti i tessuti hanno una loro specifica densità normale. La densità dei tessuti è direttamente corrispondente alla loro funzione. Il tessuto morbido sotto il tallone serve ad ammortizzare. Quello duro delle ossa serve a sorreggere. La densità dei menischi serve ad ammortizzare e stabilizzare. Anche le articolazioni hanno una loro densità. L’osso appena al di sotto della cartilagine si chiama osso subcondrale. Questo è il primo strato di osso che trasmette il carico dell’articolazione al resto dello scheletro. Stiamo parlando dunque di uno strato di tessuto molto soggetto al peso del corpo. Quando l’articolazione è normale, la cartilagine, spessa alcuni millimetri specialmente nelle anche, provvede a distribuire il carico a tutto l’osso subcondrale senza che si concentri in alcun punto specifico. La sclerosi subcondrale è dunque un primo esempio di coxoartrosi.

Come si vede la sclerosi ossea in radiografia

La sclerosi ossea è questo indurimento dell’osso sotto la cartilagine dovuto a un sovraccarico dell’articolazione. Nella radiografia la sclerosi si manifesta con l’addensamento dell’osso che appare come una linea rinforzata. L’osso normale nella coxartrosi bilaterale dell’anca si presenta in radiografia con una graduale scala di grigi. Invece, quando comincia ad addensarsi, risulta come una linea bianca più spessa al di sotto dello spazio articolare. In un modo ancora più semplice la sclerosi ossea viene segnalata dal radiologo nel referto della radiografia ogni volta che è visibile nella lastra.

La sclerosi subcondrale ossea come primo segnale di artrosi dell’anca (coxartrosi)

Quando la cartilagine comincia a mancare il carico si concentra in pochi punti. L’osso sub-condrale subisce quindi un carico concentrato. La reazione dell’osso ad un carico concentrato provoca un cambiamento della sua densità. L’addensamento dell’osso si vede sulle radiografie e il radiologo scrive sul referto frasi come:

  • sclerosi dell’osso subcondrale;
  • sclerosi localizzata in zona di carico;
  • sclerosi dei tetti acetabolari;
  • aree di sclerosi articolare.

Abbiamo dunque capito che la sclerosi è una reazione di difesa del nostro osso in risposta ad un sovraccarico dovuto alla perdita parziale della cartilagine.

La coxartrosi bilaterale può manifestarsi con una sclerosi dei tetti acetabolari

Un quadro iniziale di coxartrosi (artrosi dell’anca) può manifestarsi bilateralmente provocando fastidi ad entrambe le anche. Molto spesso ci troveremo di fronte a un quadro lievemente differente tra le due articolazioni. Infatti ognuno di noi ha un lato dominante che utilizza preferenzialmente. La cosa più comune è trovare da un lato un’artrosi di I o II grado secondo Kellgren Lawrence e sull’altro lato una sclerosi dei tetti acetabolari. Solo nei quadri molto iniziali le due anche saranno identiche.

Cosa sono i tetti acetabolari?

Gli acetaboli sono parte dell’articolazione dell’anca. Sono come delle coppe scavate nel bacino che accolgono la testa del femore per costituire l’articolazione dell’anca. I tetti acetabolari sono la parte dell’acetabolo (del bacino) soggetta alla maggior parte del carico. Si tratta del tetto dell’articolazione dove passa tutto il peso del corpo. È chiaro dunque che sotto il peso del corpo questa sia la prima parte soggetta a sclerosi in caso di perdita di cartilagine.

Tetti acetabolari: quando preoccuparsi?

Di fatto la sclerosi dei tetti acetabolari è un qualcosa di benigno e molto iniziale nella manifestazione dell’artrosi dell’anca. Gli aspetti del tetto acetabolare che devono preoccupare maggiormente sono piuttosto la presenza di calcificazioni, la presenza di un tetto acetabolare sfuggente e la presenza di osteofiti acetabolari.

Calcificazioni acetabolari

Le calcificazioni sono sempre un segno di sofferenza infiammatoria dell’articolazione. Si tratta di presenza di calcio in tessuti che normalmente devono essere morbidi. La trasformazione calcifica dei tessuti provoca una rigidità che è causa di frequenti infiammazioni dolorose. Non esiste una vera e propria terapia delle calcificazioni acetabolari, ma si possono fare cure mirate al controllo dell’infiammazione e al mantenimento dell’elasticità del movimento.

Tetto acetabolare sfuggente

Questa caratteristica è tipica di una displasia dell’anca. Abbiamo detto che l’acetabolo è come una coppa accogliente che ospita l’articolazione dell’anca. La mancanza di un’adeguata copertura la testa del femore tende a uscire verso l’alto dal suo alloggiamento. Chiaramente le strutture capsulari e legamentose sono così forti che non provocano una lussazione dell’anca, ma si crea una condizione di sublussazione e carico eccentrico che provocano usura. Questa condizione nota come displasia dell’anca o sfuggenza del tetto acetabolare va seguita molto attentamente nel tempo. Se presente in età giovanile può essere trattata nei casi più gravi con osteotomie di bacino, in età adulta conviene procedere con una protesi d’anca prima che il consumo sia tale da rendere altamente complesso questa soluzione.

Osteofiti acetabolari

Quando si parla di osteofiti siamo sempre in un quadro avanzato di artrosi. L’osteofita è una protuberanza dell’osso che il nostro corpo crea per distribuire più largamente le pressioni in assenza di cartilagine. Questo sforzo potenzialmente positivo, genera una situazione controproducente per il movimento che viene di fatto incarcerato e bloccato da queste formazioni ossee. Gli osteofiti sono la prima causa di rigidità dell’anca con artrosi limitando gravemente il movimento di rotazione e rendendo di fatto molto difficile raggiungere il piede per vestirsi, mettere un calzino o allacciarsi le scarpe.

Come si diagnostica la sclerosi dei tetti acetabolari?

La radiografia del bacino sotto carico è in grado di evidenziare questo problema. Si tratta di una lastra comune. L’unica accortezza come sempre è che venga eseguita con il peso del corpo cioè con il paziente in piedi. Infatti nelle radiografie la valutazione dell’entità della cartilagine residua è valutabile in maniera indiretta. Infatti la cartilagine si dice che è radiotrasparente, cioè non si vede un una radiografia normale. Al contrario si vedono bene le ossa. Chiaramente in assenza di carico cioè se non si sta in piedi, lo spazio che si vede in radiografia tra un osso e l’altro potrebbe essere dovuto ad una articolazione rilassata e non alla effettiva presenza di cartilagine. Viceversa se la radiografia viene eseguita “sotto carico” cioè con il paziente in piedi lo spazio che resta tra il femore e il bacino nell’articolazione dell’anca (coxofemorale) sarà con certezza dovuto alla presenza di cartilagine, a prescindere o meno dalla presenza della sclerosi subcondrale dei tetti acetabolari.

L’interpretazione del referto di radiografia

Torniamo al nostro referto di radiografia. Se nelle righe leggiamo sclerosi dei tetti acetabolari significa che c’è una sofferenza della cartilagine dell’anca. Generalmente non si tratta di un consumo completo che verrebbe descritto con parole diverse. Si impone però una valutazione ortopedica per la visione diretta delle immagini. Una valutazione diretta delle immagini quantifica il grado di usura presente e determina un trattamento.

Evitiamo le preoccupazioni inutili

Un referto radiologico è la descrizione di un’immagine. Tale descrizione si presta pertanto ad una interpretazione soggettiva della realtà. Se chiedessimo a 3 critici di arte di descriverci la Gioconda di Leonardo molto probabilmente ognuno si fermerebbe in maniera molto diversa a descriverne i dettagli. Allo stesso modo può succedere ai radiologi nella descrizione di una sclerosi dei tetti acetabolari di trovare termini molto diversi per parlarne, talvolta anche esagerando nella loro descrizione. La valutazione di un problema ortopedico come ricordiamo sempre non può prescindere da due cose fondamentali: la visita medica e la visualizzazione diretta dell’immagine da parte dell’ortopedico. Prima di preoccuparci inutilmente vediamo dunque nella pratica cosa fare nell’ultimo capitolo.

Sclerosi dei tetti acetabolari: cosa fare in pratica?

Ogni volta che su un referto viene scritto: sclerosi dei tetti acetabolari bisogna cominciare a preoccuparsi per un’artrosi dell’anca. Generalmente però in questa fase il trattamento è conservativo, senza intervento chirurgico. Una combinazione di rinforzo muscolare, terapia infiltrativa e condroprotettori.

Metodo pratico per decidere se eseguire una visita dallo specialista

Se avete avuto la diagnosi di sclerosi dei tetti acetabolari o di una coxartrosi su un referto radiografico se rispondete di si ad almeno 2 di queste domande vale la pena di eseguire una visita specialistica ortopedica per affrontare il problema.

  • Ho dolore all’inguine mentre cammino e sollevo la gamba. Tipicamente fa male quando entro ed esco dalla macchina o dopo che ho camminato per 500 metri. Se faccio di più la notte mi fa molto male
  • Ho difficoltà a raggiungere il piede per vestirmi o infilare un calzino
  • Prendo più di 2-3 volte al mese un antinfiammatorio per ridurre il dolore che sento
  • Ho smesso di fare cose che prima facevo per via del dolore: non faccio più sport, non esco con gli amici, evito alcune attività in casa
  • Ho notato che la gamba che mi fa male è diventata più corta dell’altra: è come se quando cammino sul lato che fa male mi mancasse del terreno sotto al piede e le persone cominciano a dirmi che zoppico mentre cammino

Se vi riconoscete in queste parole una visita specialistica ortopedica è necessaria per chiarire l’origine del problema e affrontarla con terapie conservative o chirurgiche adeguate allo stadio della vostra malattia.

Approfondimenti per chi lo desidera sulla coxartrosi di anca

Per chi volesse approfondire l’aspetto delle immagini radiografiche può visualizzare questa radiografia di bacino che può aiutare a rendersi conto di come appare una radiografia dell’anca sana e malata.

La protesi di anca deve essere riservata solo alle artrosi con completa scomparsa della rima articolare.

Se hai una diagnosi di coxartrosi di anca e ti hanno detto che devi operarti puoi trovare cosa significa per noi la chirurgia mini-invasiva secondo il protocollo fast track che eseguiamo presso la clinica IFCA Villa Ulivella di Firenze dove esercitiamo la nostra professione.

Riduzione della rima articolare coxo-femorale

Cosa significa quando si legge sul risultato di una RX (radiografia) di anca: riduzione della rima articolare coxo-femorale?

Quante parole incomprensibili popolano i nostri esami diagnostici. Affrontiamo alcuni termini molto frequenti per provare a capirci qualcosa. Magari prima della irrinunciabile visita medica con lo specialista.

Il tema di questo approfondimento è la frase riduzione della rima articolare coxo-femorale che può generare alcuni dubbi in chi legge.

Riduzione della rima articolare coxo-femorale

Proviamo a scomporre in termini questa frase. Scomponendo in piccole parti tutto diventa più semplice.

Rima articolare cos’è?

La rima articolare è lo spazio articolare. Le articolazioni sono l’incontro di due ossa che devono avere un movimento. Per avere un movimento senza dolore bisogna che le ossa siano ricoperte da cartilagine. La cartilagine non si vede nelle radiografie perchè non è dura. Pertanto quando si fa una radiografia dell’articolazione rimane uno spazio apparentemente vuoto tra le due ossa. Questo spazio in termini tecnici si chiama rima articolare. Se la radiografia viene eseguita sotto carico, cioè mentre si sta in piedi con il peso del corpo sopra, la rima rappresenta la quantità di cartilagine presente in un’articolazione.

Riduzione della rima articolare cos’è?

Quando la rima articolare si riduce significa che diminuisce lo spessore della cartilagine. La malattia che comporta una riduzione dello spessore della cartilagine si chiama artrosi. L’artrosi avviene per usura nelle persone più anziane o nei giovani in seguito a traumi. Non tutte le artrosi descritte come riduzione della rima articolare sono davvero gravi. Dipende da quanto è ridotta la rima. Per averne un’idea serve la valutazione diretta delle immagini da parte di un ortopedico. Una piccola riduzione deve essere trattata senza operazione con infiltrazioni di anca. Solo quando la rima articolare scompare si può parlare di una protesi.

Cosa significa coxo-femorale?

Sono nomi latini. Coxo deriva dal latino e significa coscia letteralmente. Il termine descrive scientificamente l’articolazione dell’anca tra il femore e il bacino.

L’interpretazione del referto di radiografia

Torniamo al nostro referto di radiografia. Se nelle righe leggiamo riduzione della rima articolare coxo-femorale significa che c’è una sofferenza della cartilagine dell’anca. Generalmente non si tratta di un consumo completo che verrebbe descritto con parole diverse. Si impone però una valutazione ortopedica per la visione diretta delle immagini. Una valutazione diretta delle immagini quantifica il grado di usura presente e determina un trattamento.

Riduzione della rima articolare coxo-femorale: cosa fare in pratica?

Ogni volta che su un referto viene scritto: riduzione della rima articolare coxo-femorale bisogna cominciare a preoccuparsi per un’artrosi dell’anca. Generalmente però in questa fase il trattamento è conservativo, senza intervento chirurgico. Una combinazione di rinforzo muscolare, terapia infiltrativa e condroprotettori.

Per chi volesse approfondire l’aspetto delle immagini radiografiche può visualizzare questa radiografia di bacino che può aiutare a rendersi conto di come appare una radiografia dell’anca sana e malata.

La protesi di anca deve essere riservata solo alle artrosi con completa scomparsa della rima articolare.

Riabilitazione protesi anca: guida agli esercizi

Una protesi totale di anca è un intervento di grandissima soddisfazione per chirurgo e paziente. Si tratta della protesi con il tasso di successo più alto in ortopedia. Ma un buon recupero non dipende solo dalla tecnica chirurgica eseguita. Una buona riabilitazione come sempre potenzia moltissimo la bontà del risultato ottenuto.

Ecco la strategia migliore per una buona riabilitazione in caso di impianto di protesi di anca  con l’obiettivo di raggiungere di un movimento completo e riprendere le funzioni motorie.

Camminare dopo protesi anca: riabilitazione con esercizi consigliati per rieducare l’articolazione alla sua funzione completa in sicurezza

È possibile stampare la scheda completa degli esercizi da effettuare dopo l’intervento di protesi di anca per la riabilitazione a casa cliccando sul bottone seguente.

NB: Gli esercizi potrebbero non essere adatti alla vostra specifica situazione ed hanno un carattere indicativo. Consultate il vostro specialista prima di eseguire questi esercizi per la riabilitazione di protesi di anca.

Camminare bene dopo protesi anca: da cosa dipende?

Uno degli obiettivi principali per cui un paziente si opera di protesi di anca è tornare a camminare bene. Il cammino è ciò che ci rende liberi di andare dove ci pare: fondamentale per la nostra libertà. Come fare quindi a tornare a camminare bene dopo un intervento di protesi?

Camminare bene significa operarsi con una tecnica che risparmia i muscoli del passo

Prima di tutto dipende dal chirurgo. Le tecniche chirurgiche infatti si sono evolute nel tempo in un senso di mini invasività. Per quanto riguarda il cammino la mini invasività consiste nel non danneggiare i muscoli del passo. Il principale muscolo del passo è il gluteo medio. Incredibilmente esistono delle vie chirurgiche di accesso all’anca che passano attraverso il muscolo gluteo medio. Meglio evitare. La via che usiamo noi risparmia completamente il gluteo medio e consente dunque un pieno ritorno al cammino normale

Camminare bene dopo protesi di anca significa tornare a camminare subito

Sembra una banalità da scrivere. Se vogliamo camminare bene bisogna camminare subito. Nel nostro centro il paziente cammina dopo un intervento di protesi di anca il giorno stesso dell’intervento. Nonostante sia ovvio che bisogna ricominciare subito a camminare, la maggior parte dei centri in Italia mette in piedi il paziente dopo 1 o 2 giorni dall’intervento. Per un anziano 1 o 2 giorni a letto significano sacrificare una gran parte della massa muscolare e doverla ricostruire con la fisioterapia. Nel protocollo fast track che seguiamo i nostri pazienti camminano il giorno stesso dell’intervento.

Camminare bene dopo una protesi di anca significa fare gli esercizi giusti al momento giusto

Ed eccoci allo scopo di questo articolo. Troverete ben spiegati tutti gli esercizi da eseguire per tornare a camminare bene dopo un intervento di protesi totale di anca. Il segreto: la progressività degli esercizi. Poche cose ben eseguite saranno l’obiettivo da raggiungere. La costanza di pochi esercizi a casa ripetuti più volte al giorno saranno il vostro segreto per il recupero completo e il ritorno alla normalità.

Protesi di anca: esercizi da evitare

Dopo un intervento di protesi totale di anca esistono degli esercizi che non devono essere immediatamente eseguiti. Il più comune che viene sempre fatto fare portando più svantaggi che vantaggi è l’elevazione a gamba tesa. L’esercizio di elevazione a gamba tesa a parte un rinforzo muscolare del quadricipite non porta alcun vantaggio sulla riabilitazione della protesi di anca appena eseguita. Questo esercizio di elevazione a gamba tesa sottopone l’impianto protesico appena impiantato a uno stress di leva molto elevato. Ogni protesi di anca viene ormai impiantata nel bacino senza usare cemento, a meno di casi estremamente particolari. La coppa senza cemento deve avere l’opportunità di integrarsi prima di essere sottoposta a carichi di leva. Questa integrazione negli impianti moderni avviene in circa 3 settimane. Prima di quella data inseriamo le elevazioni a gamba tesa negli esercizi da evitare dopo protesi di anca.

Esercizi per camminare bene dopo protesi anca

Esercizio n° 1 Scendere dal letto

Da supino a letto sollevare il tronco sostenendosi sui gomiti, portare il dorso del piede sano sotto la caviglia dell’arto operato di protesi d’anca, per sostenerlo. Ruotando sul sedere portarsi con le gambe fuori dal letto. Portare i piedi a terra paralleli ed alzarsi in piedi sostenendosi soprattutto sull’arto sano.
Esercizio 1 riabilitazione protesi anca

Esercizio n° 2 Risalire a letto

Appoggiare il sedere al bordo del letto, con le mani appoggiate all’indietro scivolare sino ad essere seduti. Sostenere l’arto operato di protesi d’anca con l’arto sano e ruotare sul sedere per andare sdraiati.
esercizio 2 per riprendere a camminare dopo protesi anca

Esercizio n°3 Ponte

Da supino a letto si mantiene l’arto operato di protesi d’anca esteso. L’arto sano va flesso all’anca ed al ginocchio portando la pianta del piede appoggiata al letto. Premendo sulla pianta del piede alzare il bacino verso l’alto. Sostare in questa posizione per qualche secondo e poi tornare ad appoggiare il bacino sul letto.
Esercizio 3 camminare dopo protesi anca

Esercizio n° 4 Flesso estensione di caviglia

In posizione supina a letto flettere dorsalmente e plantarmente la caviglia. Coordinare il movimento con gli atti respiratori per non accelerare troppo il movimento: inspirare e portare il piede verso la testa, espirare e fare la punta. 20 ripetizioni complete ogni ora.
Esercizio 4: protesi anca riabilitazione

Esercizio n° 5 Contrazioni isometriche del quadricipite

Da supino a letto, con il calcagno dell’arto operato di protesi d’anca appoggiato su un rialzo (piccolo cuscino o asciugamano ripiegato), premere il dietro del ginocchio dell’arto operato verso il letto e mantenere per 5 secondi.
esercizio 5: esercizi protesi anca

Esercizio n° 6 Flessioni d’anca da seduto

Seduto a bordo letto o su una sedia, alzare la coscia dell’arto operato di protesi d’anca portando il ginocchio verso l’alto, sostare in questa posizione per qualche secondo e tornare alla posizione di partenza.
esercizio 6: esercizi protesi anca

Esercizio n° 7 Abduzione d’anca da sdraiato (da svolgere in fase avanzata di recupero)

Sdraiato sul fianco dell’arto sano. L’arto sano è flesso all’anca ed al ginocchio, l’arto operato di protesi d’anca è esteso appoggiato al sano. Mantenendo l’arto operato esteso alzarlo verso l’alto sino al massimo tollerato.
Sostare in questa posizione per qualche secondo e poi portare l’arto operato giù ed appoggiarlo nuovamente.
esercizio 7: riabilitazione protesi anca

Esercizio n° 8 Sedersi

Usare una sedia con braccioli non troppo bassa. Portare l’arto operato di protesi d’anca avanti mantenendo il peso sull’arto sano, andare a cercare i braccioli all’indietro con le mani, scendere fino alla seduta della sedia.
Esercizio 8 per la riabilitazione protesi anca

Esercizio n° 9 e 10 Allacciarsi le scarpe

Evitare di arrivare al piede dell’arto operato di protesi d’anca passando esternamente al ginocchio. Questo movimento obbliga ad una rotazione interna della coscia che è un movimento pericoloso da evitare.

Maniera corretta di allacciarsi le scarpe. Il modo sicuro di arrivare al piede dell’arto operato è di passare internamente al ginocchio con le mani e con il tronco.
esercizi protesi anca 9 e 10

Esercizio n° 11 Salire in punta di piedi

In piedi con le mani appoggiate per sostegno ad un tavolo o altro oggetto solido, alzarsi in punta di piedi lentamente e poi scendere col calcagno a terra.
esercizio 11

Esercizio n° 12 Flessione d’anca da in piedi

In piedi con le mani appoggiate per sostegno ad un tavolo o altro oggetto solido, alzare la coscia dell’arto operato di protesi d’anca portando il ginocchio verso l’alto, il ginocchio e l’anca si vanno flettendo sino ad arrivare entrambe all’angolo retto.
Sostare in questa posizione qualche secondo e poi riportare il piede a terra.
esercizio 12

Esercizio n° 13 Estensione d’anca

In piedi con le mani appoggiate per sostegno ad un tavolo o
altro oggetto solido, portare l’arto operato di protesi d’anca teso all’indietro contraendo il gluteo.
Sostare in questa posizione qualche secondo e tornare avanti.
esercizio 13 per una ottimale riabilitazione dopo protesi anca

Esercizio n° 14 Abduzione d’anca da in piedi

In piedi con le mani appoggiate per sostegno ad un tavolo o
altro oggetto solido, mantenendo l’arto operato esteso alzarlo lateralmente sino al massimo tollerato. Sostare in questa posizione qualche secondo e poi riportare il piede a terra.
Esercizio 14: riprendere a camminare dopo protesi anca

Esercizio n° 15 Salire le scale

Approcciare le scale con il corrimano dal lato operato di protesi d’anca e con una stampella dall’altro lato. Facendo appoggio sulla stampella e sul corrimano staccare il piede sano e portarlo sullo scalino superiore.
Facendo carico sull’arto sano salire con tutto il corpo e portare il piede dell’arto operato al pari del sano sullo scalino. Ripetere l’operazione sino in cima.
esercizio 15 riabilitazione dopo protesi anca

Esercizio n° 16 Scendere le scale

Affrontare la scala con l’arto sano vicino al corrimano e con una stampella nella mano dell’arto operato. Iniziare la discesa portando la mano del lato sano un po’ più in basso sul corrimano. Poi portare arto operato e stampella verso lo scalino sottostante. Arto operato e stampella, assieme alla mano sul corrimano, mantengono il peso mentre si porta il piede dell’arto sano al pari dell’operato sullo scalino in basso. Ripetere l’operazione sino al fondo della scala.
Esercizio 16 camminare dopo protesi anca

Esercizio n° 17 Cyclette

La cyclette deve avere la seduta regolata in modo tale che l’arto inferiore sia ben esteso quando il pedale è in basso. La cyclette per la riabilitazione della protesi d’anca è un vero prodigio. Permette allo stesso tempo di mantenere il tono muscolare e di incrementare la fluidità del movimento. Tutti gli operati di protesi di anca dovrebbero avere al domicilio una cyclette per progredire autonomamente con la rieducazione.
Esercizio 17 la cyclette per riprendere a camminare dopo protesi anca

Esercizio n° 18 Camminare con due stampelle

Portare le due stampelle avanti ed appoggiarle circa mezzo metro avanti ai piedi, poi portare il piede dell’arto operato avanti in linea con le due stampelle, infine anche il piede dell’arto sano si porta al pari del piede operato e stampelle.
In un secondo momento, raggiunta una buona disinvoltura del gesto, le prime due fasi si possono unire, ovvero: le due stampelle e l’arto operato avanzano insieme, l’arto sano poi si porta al loro pari.

Esercizi n° 19 e 20 Entrare e uscire dall’auto

Con le spalle alla porta aperta dell’auto sedersi sulla poltrona. Il movimento per entrare in auto inizia dalla prima gamba (la sinistra nell’immagine), segue il tronco e per ultima la seconda gamba. In caso di protesi d’anca attenzione
a non flettere la coscia sul tronco oltre i 90°.
Uscire dall’auto. Portare fuori dall’auto la gamba vicino allo sportello mantenendo sguardo e tronco orientati anch’essi verso l’uscita. Nel caso di protesi d’anca fare attenzione a non flettere la coscia sul tronco oltre i 90°. Per ultima esce la seconda gamba che si riavvicina alla prima. La mano vicina allo sportello si mantiene a questo. Con entrambi i piedi saldi a terra e con l’aiuto della mano allo sportello alzarsi in piedi.
esercizi 19 e 20 per la riabilitazione dopo protesi anca

 

Di seguito trovi un video che mostra gli esercizi per la riabilitazione della protesi d’anca.

 

L’anatomia semplice dell’anca

Pochi elementi utili a capire l’articolazione dell’anca.

L’anca è una delle più grosse articolazioni del corpo umano. Sostiene il peso di tutto il corpo e deve pertanto avere una stabilità intrinseca molto elevata. E’ costituita da una grossa sfera e da una coppa che l’accoglie. Essendo un’articolazione molto congruente non tollera imperfezioni al suo interno che vengono immediatamente percepite.

A completare la congruenza ci sono strutture morbide dette legamenti che agiscono come funi d’ormeggio, la capsula articolare che a questo livello è molto spessa, il labbro acetabolare che è come una guarnizione attorno al giunto.

L’interno della coppa e la sfera sono rivestite da uno spesso strato di cartilagine, che con l’età può essere sede di usura. E’ da immaginare come una superficie estremamente liscia e morbida che permette uno scorrimento delle ossa senza attrito e con un certo grado di ammortizzazione.

Sull’articolazione dell’anca agiscono inoltre un grandissimo numero di gruppi muscolari per un totale di 19 differenti muscoli. A secondo della loro azione si parla di abduttori, adduttori, intra ed extrarotatori. E’ importante ricordare che tutti questi muscoli hanno più di una funzione e lavorano in sincronia tra di loro. Il principale gruppo muscolare è quello dei muscoli glutei ed agisce determinando la stabilità del bacino durante la deambulazione. Nella fase della deambulazione monopodalica infatti, sono i muscoli glutei a tenere il bacino orizzontale evitandone la caduta.  Superficialmente ai glutei si trova il tensore della fascia che si continua verso il basso con la fascia lata che è una importante struttura che contribuisce notevolmente alla stabilità del bacino durante il passo.

Ecco un utile video animato dell’anatomia dell’anca:

Infiltrazioni anca: raggiungere con efficacia l’articolazione per trattare il dolore

Come per le altre articolazioni, le infiltrazioni con acido ialuronico nell’anca possono aiutare l’artrosi moderata dell’anca in trattamento conservativo

L’artrosi moderata dell’anca può essere molto invalidante, manifestandosi con dolore profondo inguinale o gluteo che si accentua nel cammino. Spesso tale dolore limita la persona nella sua autonomia di marcia e nelle attività quotidiane o sportive. Ma non sempre la soluzione deve essere necessariamente un’operazione chirurgica. Qualche volta un trattamento conservativo che includa infiltrazioni con acido ialuronico all’anca può essere sufficiente. Specialmente nei giovani e in chi non ha un consumo completo “osso su osso”.

In tutto il mondo si sta tentando di controllare il numero di interventi protesici eseguiti e il primo passo per ritardare il ricorso al bisturi è il trattamento conservativo che si basa su una serie di semplici norme che puntano a ridurre il carico sulle articolazioni, ridurre il peso corporeo, controllare l’infiammazione, mantenere l’arco di movimento e conservare il tono muscolare. Affianco a tutto questo esiste la possibilità di introdurre con infiltrazioni dell’anca dell’acido jaluronico.

Per approfondire e capire meglio cosa è l’acido jaluronico consultate il capitolo di Wikipedia.

Come funzionano le infiltrazioni di acido ialuronico nell’anca

infiltrazioni acido ialuronico ancaL’acido jaluronico ha prima di tutto un ruolo lubrificante. Può essere immaginato come un olio denso che fa muovere nuovamente un cardine arrugginito.

L’anca con l’artrosi ha perso il rivestimento liscio che normalmente è costituito dalla cartilagine sana. In presenza di artrosi, quello che normalmente scivola senza attrito nè rumore comincia a ingripparsi e perdere la fludità del movimento. Se mettiamo qualcosa di lubrificante non curiamo certo la malattia, ma consentiamo a una superficie diventata rugosa di compensare a questo danno iniziale.

Tuttavia, pensare all’acido jaluronico come un solo lubrificante sarebbe molto limitativo. L’azione non è dunque solo meccanica, ma anche biologica. L’articolazione malata non produce più il normale liquido che nutre l’anca. L’acido jaluronico fornisce un ottimo supporto biologico all’articolazione, nutrimento e modulazione dell’attività infiammatoria legata alla malattia dell’artrosi. Per questo motivo l’attività dell’acido jaluronico è un ottimo coadiuvante all’azione di tutte le altre norme per la conservazione del movimento, il calo ponderale e la modificazione delle attività.

Come essere sicuri che il farmaco raggiunga la destinazione durante le infiltrazioni

Ecografo lo strumento per monitorare le infiltrazioni di acido ialuronico all'ancaL’anca è un’articolazione assai profonda, circondata da vasi e nervi, avvolta da una spessa capsula. Pensare di raggiungere l’articolazione con un ago evitando i rischi e puntando direttamente all’obiettivo è assai arduo. Chi ha studiato il problema ha pubblicato lavori che sostengono che infiltrare senza una guida l’articolazione dell’anca è come tirare una monetina: raggiungiamo l’articolazione solo in un caso su due. Per questo motivo, chiunque esegua tale procedura deve utilizzare un sistema di guida per essere sicuro di mettere il farmaco esattamente dove serve.

Due sono le metodiche più diffuse a tale scopo: la radiografia e l’ecografia.

Con la radiografia si indirizza l’ago e si controlla la sua effettiva presenza all’interno dell’articolazione: solo quando si vede l’ago dentro si inietta il farmaco. E’ un metodo pratico ed efficace, l’unica controindicazione è l’esposizione ad una piccola dose di raggi, i cui effetti negativi sono noti.

ecografia per monitorare le infiltrazioni di acido ialuronico nell'ancaLa seconda metodologia è la guida ecografica. Con una semplice ecografia si identifica l’articolazione e si segue in tempo reale il percorso dell’ago per raggiungerla. Quando si raggiunge la destinazione si può infiltrare.

Solo guidando la procedura si può essere sicuri dell’accuratezza dell’infiltrazione dell’anca.

Quante volte si può eseguire infiltrazioni dell’anca durante l’anno

Esistono diversi tipi di farmaco per infiltrazione. Nell’anca, data la posizione profonda e la necessità di organizzarsi per una procedura guidata, si preferisce utilizzare prodotti ad elevato dosaggio o molto densi che persistano più a lungo nell’articolazione. Pertanto si tratta di eseguire secondo due diversi schemi o due infiltrazioni ravvicinate a distanza di 1 mese con l’obiettivo di mantenersi senza sintomi per 1 anno, oppure 3 infiltrazioni una ogni 4 mesi per mantenere una costante supplementazione nell’articolazione.

A seconda del prodotto utilizzato quindi è variabile lo schema terapeutico seguito.

Come sapere se l’acido jaluronico è un’alternativa utile nel mio caso

L’unico modo per sapere con esattezza se le infiltrazioni con acido ialuronico dell’anca che ha fatto l’amico o il vicino di casa sono adatte anche a me è l’esecuzione di una radiografia del bacino sotto carico (è fondamentale essere in piedi quando si fanno i raggi) e consultare un ortopedico per una visita medica accurata. Infatti la risposta alla terapia infiltrativa può essere molto variabile a seconda del consumo radiografico dell’articolazione e delle condizioni cliniche.

Qualche volta inoltre di fronte a viva infiammazione e dolore può essere indicata l’associazione con altri prodotti che forniscano un’azione antinfiammatoria più rapida.

I pilastri del trattamento conservativo dell’artrosi dell’anca

Affianco alle infiltrazioni dell’anca ci sono altri consigli utili per controllare il dolore:

  • Perdita di peso corporeo: bastano 5 kg persi per sentire un ottimo beneficio.
  • Mantenimento del movimento e rinforzo muscolare: rimanere elastici e forti aiuta a compensare il consumo. Il migliore risultato nell’artrosi si ottiene facendo ginnastica in acqua per non avere infiammazione.
  • Uso di bastoni da trekking nel cammino prolungato.
  • Portare calzature ammortizzanti.
  • Assumere farmaci antinfiammatori solo sotto la supervisione del medico.

Il conflitto femoro-acetabolare dell’anca

Dolore all’anca in giovane età: può trattarsi del conflitto femoro-acetabolare.

L’articolazione dell’anca è costituita da una testa femorale sferica e una coppa acetabolare nel bacino. Non si è molto parlato fino ai tempi recenti di un problema che può riguardare i giovani adulti specialmente che praticano sport che comporta estrema flessione e intra-rotazione dell’anca: il conflitto femoro-acetabolare dell’anca. In realtà il conflitto femoro-acetabolare è comune nei giovani pazienti che lamentano un dolore inguinale a volte trafittivo nei movimenti di flessione estrema o nei cambi improvvisi di direzione. Sono spesso pazienti a cui viene fatta fare una radiografia che apparentemente viene refertata senza alcun problema.

L’origine del dolore inguinale entra in diagnosi differenziale tra differenti malattie. Può essere confuso con il dolore che deriva da ernie inguinali, magari microscopiche. Spesso viene interpretato specialmente negli sportivi come una pubalgia o una forma di tendinite degli adduttori. Molto raramente invece è diffusa nell’ambiente ortopedico la conoscenza del conflitto femoro-acetabolare.

artroscopia anca milano per il conflitto femoro-acetabolare

 

 

 

 

 

Il conflitto femoro-acetabolare è entrato a far parte prepotentemente nella pratica clinica di tutti i giorni. Consiste nel contatto anomalo tra il collo femorale e il bacino del paziente. Questo contatto può essere determinato da una deformità sul collo femorale oppure da uno scorretto orientamento della coppa acetabolare.

Quale che sia l’origine del problema questo contatto anomalo avviene principalmente in una posizione di flessione associata a rotazione interna. Tale movimento è particolarmente comune in pratiche sportive come nel portiere di Hockey su ghiaccio (poco comune nelle nostre aree), ma anche in tutti gli sport con movimenti in flessione estrema come lo sci, oppure in chi per lavoro sta molto tempo seduto (autisti o piloti professionisti).

Il problema in parole povere

L’articolazione non è libera di avere tutta la sua escursione per un eccesso di osso o sul bacino o sul femore. Da cosa dipenda non si sa: alterazione congenita probabilmente. Certo è che questo continuo contatto è una delle probabili cause scatenanti dell’artrosi in età avanzata. In parole povere: se trascurato può portare a lungo termine all’evoluzione verso l’artrosi.

Ecco in una bella animazione del “The Hip and Groin Clinic” Irlandese che illustra il primo tipo di Conflitto dovuto alla formazione di una “Camma” sul collo femorale. Si vede chiaramente come il problema alimenti la comparsa di consumo e artrosi a livello dell’anca.

Come diagnosticarlo

artroscopia anca milano per la diagnosi di conflitto femoro-acetabolareUna visita accurata e una radiografia in accuratamente eseguita possono mostrare il problema legato al conflitto femoro-acetabolare. L’approfondimento per lo studio dell’articolazione è la risonanza magnetica che ci aiuta ad evidenziare un eventuale danno cartilagineo.

Il trattamento

La risoluzione del problema è l’eliminazione del contatto asportando l’osso in eccesso dal bacino o dal femore. Talvolta correggendo anche eventuali danni cartilaginei o del labbro acetabolare. Oggi è possibile eseguire il tutto in artroscopia, con una telecamera, attraverso piccoli fori attorno all’articolazione. Interventi di artroscopia anca vengono da me effettuati a Milano e Firenze.

Le forme meno gravi possono avvantaggiarsi di un protocollo di fisioterapia per correggere la posizione del bacino aiutando a liberare l’escursione di movimento dell’anca, rinforzare i muscoli, allungare le fasce. Alcuni casi con iniziale condropatia possono avvantaggiarsi di un trattamento infiltrativo con Acido Jaluronico eco-guidato.

Preparazione all’intervento di sostituzione dell’anca

Una breve guida per prepararsi all’intervento di protesi d’anca

È utile, una volta fatta la diagnosi e deciso per l’intervento chiurgico, prepararsi all’intervento di sostituzione dell’anca seguendo alcuni piccoli e semplici consigli. Proprio con queste piccole cose si può migliorare la propria esperienza facilitando tutto il percorso ed evitando inutili rischi.

Il primo consiglio utile consiste nel perdere peso e di iniziare un programma di esercizi mirati. Alcuni esercizi sono possibili anche con l’articolazione malata e possono aiutare ad arrivare all’intervento con un tono muscolare migliore. Una ginnastica posturale dolce e il rinforzo dei muscoli addominali possono essere di grande aiuto: quando nel primo post-operatorio non potrete contare sulla vostra gamba, sarà molto utile negli spostamenti avere un buon tono della muscolatura centrale e delle braccia.

Se il paziente fuma è opportuno parlarne con il medico. Il fumo infatti può aumentare pericolosamente i rischi chirurgici e rallentare il processo di guarigione. Esistono molte strategie per aiutare il fumatore a smettere o quantomeno a limitare il fumo nel periodo post-operatorio.

Se si stanno eseguendo degli interventi odontoiatrici, sarà opportuno terminarli per evitare il passaggio di germi dalla bocca al sangue, che potrebbero infettare l’articolazione. Durante l’intervento ci potrà essere bisogno di sangue e il chirurgo farà richiesta alla banca del sangue nel caso in cui occorra una trasfusione. Solo in alcuni casi molto selezionati, sarà possibile donare anticipatamente il proprio sangue per poi usufruirne dopo l’intervento se sarà necessario. Se rientrate in questi rari casi l’anestesista al pre-ricovero velo dirà inserendovi automaticamente nel protocollo delle “autotrasfusioni”.

Circa quattro settimane prima dell’intervento

  • Informarsi sull’anatomia dell’anca e sulla relativa chirurgia sostitutiva.
    Potrà essere utile imparare come funziona l’anca e in cosa consiste l’intervento sostitutivo. Vedi gli articoli correlati e il video della lezione ai pazienti.
  • Preparare delle domande da rivolgere al medico
    Spesso l’agitazione fa scordare le domande da fare durante la visita. Se siete ansiosi e vi capita di scordare quello che dovete domandare, segnatevi le domande su un foglio e avrete modo di domandare al medico tutto ciò che vi interessa prima dell’intervento. Inoltre siamo abituati a tenere una lezione al mese per i pazienti che sono in nota per l’intervento e anche in questa sede potrete domandare tutto quello che vi viene in mente. Una registrazione della lezione è presente sul sito se volete guardarla.

Circa tre settimane prima dell’intervento

  • Chiedere aiuto ad amici e familiari
    Per molte settimane il paziente avrà bisogno di aiuto quando si dovrà lavare, andare in bagno, preparare i pasti, fare il bucato, sbrigare le faccende domestiche, fare la spesa, andare dal medico e fare esercizi. Contattare i parenti o gli amici in tempo utile per poter organizzare l’aiuto necessario. Considerate che avrete modo di fare la riabilitazione durante il ricovero e che arriverete a casa quando sarete sufficientemente autonomi per le cose di base. In ogni caso un po’ di aiuto nei primi tempi vi potrà fare comodo. Se non avete nessuno considerate di organizzarvi per tempo con servizi sociali e/o misericordie.
  • Preparare la casa per il recupero
  • Sistemare le cose che si usano frequentemente, come i prodotti per pulire la casa o il cibo in scatola, in armadi facili da raggiungere. Evitare gli armadietti troppo alti o troppo bassi poiché potrebbero richiedere l’uso di uno sgabello o sarebbe necessario inginocchiarsi.
  • Preparare i pasti in precedenza e surgelarli prima dell’intervento. Cucinare sarà più facile e richiederà meno fatica. Preparare pasti sufficienti per una settimana circa.
  • Verificare che la casa sia sicura e che non vi sia il rischio di cadere o di inciampare. Fissare al muro i cavi elettrici e i fili del telefono, togliere i tappeti e mettere un tappetino antisdrucciolo nella vasca da bagno. Mettere il letto al piano terra, in modo da evitare le scale.

Circa due settimane prima dell’intervento

  • Evitare i farmaci antinfiammatori
    Il medico vieterà l’assunzione di aspirina o farmaci antinfiammatori non steroidei per un paio di settimane prima dell’intervento. Sarà possibile assumere farmaci a base di paracetamolo. Esistono anche prodotti locali che non contengono antinfiammatorio e vi possono aiutare. È opportuno parlarne con il medico.
  • Comprare o noleggiare l’attrezzatura speciale consigliata dal medico, tra cui stampelle, rialzo per il water e piccoli dispositivi, ad esempio aste afferra tutto. Questi articoli si trovano nella maggior parte dei reparti di articoli sanitari delle ortopedie. Iniziare a impratichirsi con l’uso di questi dispositivi.
  • Annotare tutti i farmaci che si assumono, la posologia e la frequenza
    Ciò sarà necessario quando si effettuerà il prericovero. Vedi a tale proposito la sezione del sito dedicata alla pre-ospedalizzazione.
  • Prericovero in ospedale
    La visita pre-operatoria in clinica avverrà circa due settimane prima dell’intervento. I pazienti residenti al di fuori della regione in cui verranno operati potranno, se non possono organizzarsi per venire al pre-ricovero, dovranno eseguire autonomamente gli accertamenti e inviarli al chirurgo per tempo via posta o e-mail. Verificare con il chirurgo la prassi da seguire in base alla casistica personale. Se al momento si stanno assumendo farmaci, portare con sé la lista in cui si sarà indicato il nome dei farmaci, la posologia e la frequenza di assunzione.
  • Considerate di organizzarvi per la spesa alimentare per quando sarete di ritorno a casa: Esselunga per esempio consente di eseguire la spesa on-line (sicuramente se non siete abituati a comprare su internet avete un nipote-figlio-vicino di casa che può farlo per voi) e la recapita direttamente a casa in forma molto economica per chi ha superato i 70 anni.

La settimana dell’intervento

Valigia dell’ospedale
Qui di seguito si riporta una lista di oggetti da portare all’ospedale in preparazione all’intervento.

  • Effetti personali come spazzolino da denti, dentifricio, spazzola, occhiali o lenti a contatto, pettine, deodorante, schiuma da barba o rasoio elettrico, shampoo, indumenti intimi e vestaglia
  • Pantofole o scarpe basse con suole di gomma e chiusura con velcro per camminare nei corridoi.
  • Indumenti comodi per il ritorno a casa.
  • I farmaci che si stanno prendendo al momento. Occorre inoltre trascrivere le informazioni relative ai farmaci da consegnare al personale dell’ospedale. Assicurarsi di annotare il nome, il dosaggio e la frequenza di assunzione dei farmaci. Indicare le eventuali allergie di cui si soffre ai medici e al personale infermieristico.
  • Lasciare a casa gioielli, carte di credito, assegni e oggetti di valore personale. Portare solamente denaro sufficiente ad acquistare stampelle e calze elastiche (se non le avete già), quotidiani, riviste e articoli simili.

Il giorno prima dell’intervento

Non mangiare, né bere nulla dopo mezzanotte
L’anestesista molto probabilmente proibirà di mangiare e di bere (neanche l’acqua sarà ammessa) la notte prima dell’intervento. Verificare questo aspetto con l’anestesista).

Guardate i nostri video per i pazienti che devono affrontare un intervento di anca o ginocchio.

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Si possono porre brevi quesiti medici e il Dottor Castellani risponderà alle tue domande prima della visita medica.