Recupero dopo un intervento di protesi: il giorno zero e i primi esercizi

Il giorno dell’intervento e il recupero in reparto

Il giorno dell’intervento, dopo essere rientrati in reparto, si entra nella fase che comunemente chiamiamo “giorno zero”. Questa giornata segna l’esecuzione dell’intervento chirurgico e si concentra principalmente sul recupero delle funzioni corporee e sull’eliminazione dell’effetto dell’anestesia, specialmente per gli arti inferiori, come anca e ginocchio.

Il recupero delle funzioni e l’eliminazione dell’anestesia

Ebbene, tutta la prima fase è dedicata al recupero delle funzioni e al passaggio dell’anestesia, specialmente per l’arto inferiore. Il fisioterapista vi farà alzare dal letto, mettendovi prima seduti a bordo letto e successivamente alzandovi in piedi con l’ausilio delle stampelle. Vi insegnerà anche come rimettervi a letto. Questi semplici movimenti rappresentano il primo passo verso il ritorno alla normalità e il recupero dopo l’operazione.

La prima seduta di fisioterapia e l’utilizzo della macchina del ghiaccio

La prima seduta di fisioterapia consiste nell’apprendere i movimenti basilari. Inoltre, vi verrà applicata una macchina del ghiaccio che produce freddo e compressione nell’area dell’articolazione interessata, particolarmente per i pazienti con arti inferiori. Questa compressione a freddo riduce notevolmente gli edemi e il gonfiore della gamba, facilitando il processo di guarigione e l’esecuzione degli esercizi nei giorni successivi.

Opzione di noleggio della macchina del freddo per la terapia domiciliare

È possibile anche noleggiare una macchina del freddo da portare a casa per continuare la terapia fisica con il freddo. Per maggiori informazioni su come ottenere questa macchina, potete rivolgervi alla mia segretaria, che vi fornirà tutti i contatti necessari.

Gli obiettivi del giorno zero

Alla fine del primo giorno, gli obiettivi principali da raggiungere sono: essere in grado di alimentarsi autonomamente, utilizzare il bagno in modo indipendente e acquisire autonomia nei trasferimenti dal letto alla sedia, dalla sedia in piedi, in piedi alla sedia e dalla sedia al letto. Questi sono gli obiettivi da raggiungere. Durante il primo giorno, ovviamente, non si percorrono distanze superiori a 10-15 metri, poiché l’obiettivo è evitare di infiammare l’articolazione. Tuttavia, la verticalizzazione è estremamente importante poiché aiuta a riacquistare fiducia e forza nell’articolazione, facendovi sentire che già dal primo giorno è in grado di sosten

ere il peso del corpo.

Preparazione a casa e esercizi nel recupero post-operatorio

Nei video successivi, vedremo come eseguire gli esercizi e come prepararci a casa per sapere in anticipo cosa fare durante i giorni di recupero post-operatorio.

La riattivazione della pompa muscolare dopo un intervento di protesi

Introduzione

La prima cosa che vi verrà richiesta in reparto è di cominciare ad attivare la vostra pompa muscolare, cioè ricominciare a muovere il quadricipite. Questo è il primo esercizio più semplice per tornare di nuovo proprietari della propria articolazione dopo gli interventi di protesi di anca e di ginocchio.

Esercizio di movimento del quadricipite

Nello specifico, il paziente è sdraiato e gli viene chiesto di muovere su e giù il piede e le caviglie. Questo movimento, simile a schiacciare e mollare il pedale di un freno dell’acceleratore, riattiva il muscolo del polpaccio e favorisce la circolazione del sangue verso il centro.

Benefici dell’esercizio

Questo esercizio può sembrare banale e molto semplice, ma è veramente importante. Riattiva l’intera circolazione sanguigna e aiuta a prevenire il rischio di trombosi delle vene profonde, che è uno dei rischi dopo un intervento di protesi. L’esercizio favorisce il movimento del sangue, evitando la stasi e riducendo significativamente il rischio per i pazienti.

Recupero dopo protesi di anca e di ginocchio: la contrazione isometrica del quadricipite

Esercizio fondamentale per recuperare la forza nell’articolazione e riattivare il muscolo

Questo è un esercizio fondamentale per recuperare la forza nell’articolazione e per riattivare il muscolo che è uno tra i primi responsabili della funzione della nostra gamba per il cammino.

Prima si piega la gamba sana e con questo movimento si stabilizza il bacino poi si mette il piede a martello, si tira a 90 gradi il piede su, si schiaccia il ginocchio contro il letto, quindi si fa scomparire lo spazio che c’è tra il ginocchio e il letto, e si mantiene contratto per 3-4 secondi il muscolo. Questa è la prima fase è una fase propedeutica poi si può rilasciare per riposarsi e poi di nuovo si può ripetere l’esercizio: piede a martello, schiacciare indietro, tenere contratto il muscolo.

Questa è la prima fase propedeutica per qualsiasi altro esercizio alzarsi dal letto richiederà questo tipo di sforzo, fare gli esercizi per stendere il ginocchio e recuperare il movimento richiederà questo tipo di sforzo, quindi già dal giorno zero appena tornati in reparto questo sarà un esercizio che potete fare senza problemi per riattivare la vostra muscolatura. Sembra una cosa piccola però dalle cose piccole poi giorno per giorno costruiremo quello che è il nostro protocollo di recupero rapido.

Scendere dal letto dopo un intervento di protesi

Gestire la manovra in sicurezza con alcuni consigli

Scendere dal letto dopo un intervento di protesi sembra una cosa banale, ma appena operati diventerà difficile anche quello che all’inizio poteva sembrare semplice. Scendere dal letto con alcuni consigli è una manovra che possiamo gestire in sicurezza e che nel nostro reparto dove seguiamo un protocollo di recupero rapido avviene già il giorno stesso dell’intervento e fa parte degli esercizi di base di quello che chiamiamo il giorno zero, il giorno dell’intervento.

E va bene vediamo allora come si fa a fare in sicurezza questa cosa. Per scendere dal letto la prima cosa da fare è portare il piede della gamba sana sotto il piede della gamba operata, in questo modo la gamba operata è sostenuta vedete da una visione frontale come si fa si entra sottopiede, a questo punto la gamba è sostenuta e si può gradualmente sollevare la gamba facendo forza con quella sana e fare un movimento di rotazione del busto per portare entrambe le gambe fuori dal letto.

E a questo punto il gioco è fatto, si accompagna la discesa della gamba operata aiutandosi con quella sana e la posizione seduta è stata raggiunta. Quindi questo è un movimento base che sarà il primo che il fisioterapista vi insegnerà in reparto. Esercitatevi a casa anche senza aver fatto la protesi in modo da capire bene in che modo facilmente potete aiutarvi e aiutare chi vi sta intorno per passare dallo sdraiato alla posizione seduta a bordo letto.

E ora vediamo come salire sul letto dopo un intervento di protesi

Tutti i movimenti dopo l’intervento

Tutti i movimenti che prima di operarsi ci sembravano normali, dopo essere operati nelle prime fasi possono essere difficoltosi. Questa è la strategia migliore per riuscire a risalire nel letto dalla posizione seduta dopo un intervento di protesi.

La posizione iniziale

Il paziente è seduto a bordo letto con le gambe giù dal letto per salire. Come prima cosa, si prende con il piede sano il tallone della gamba operata per aiutare la gamba operata a sollevarsi, applicando la forza con la gamba sana. Con una rotazione del busto, si portano entrambe le gambe sul letto.

La posizione sdraiata

A questo punto, si può ritrarre il piede da sotto la gamba operata e la posizione raggiunta è quella sdraiata. In queste fasi spezzettate del movimento, si riesce a ottenere quello che è un movimento naturale, anche appena dopo l’intervento. Questo raggiungerete il giorno stesso dell’intervento in reparto, grazie al nostro fisioterapista e al nostro protocollo di recupero rapido.

Camminare con le stampelle dopo l’intervento

Importanza del primo giorno post-operatorio

È molto importante camminare con le stampelle già dal primo giorno post-operatorio. Anche se i passi potrebbero essere piccoli e potreste aver bisogno di un deambulatore, le stampelle sono un esercizio fondamentale per non inciampare, non infiammare il ginocchio e per diventare autonomi nelle attività quotidiane.

Come camminare con le stampelle

Il paziente utilizza due bastoni canadesi, uno da ciascun lato. Porta avanti entrambe le stampelle, poi porta avanti la gamba operata appoggiando bene il tallone. Il piede viene sollevato con la punta sollevata, e poi viene portata in pari la seconda gamba.

Tecnica corretta

È importante che le stampelle vadano avanti per prime. Il passo non deve essere troppo lungo, e il tallone del piede operato deve toccare il suolo come prima cosa. Non cercate di andare di punta a toccare il pavimento. Successivamente, si scende di punta con l’altro piede e si porta in pari. Ripetere il movimento con entrambe le gambe.

Se imparate a fare questo movimento correttamente anche prima dell’intervento, sarete autonomi molto più velocemente. Questo è l’esercizio madre di tutti gli esercizi che vi permetterà di avere il recupero rapido che meritate.

Quanto tempo e come utilizzare le stampelle dopo un intervento di protesi

Quanto tempo e come utilizzare le stampelle dopo un intervento di protesi

L’utilizzo delle stampelle dopo un intervento di protesi

Dopo aver completato l’intervento di protesi, è necessario decidere per quanto tempo si dovranno utilizzare le stampelle. In generale, il periodo consigliato è di 4-6 settimane, a seconda delle circostanze specifiche.

 

 

Motivi per l’utilizzo delle stampelle

Contrariamente a quanto si potrebbe pensare, le stampelle non vengono utilizzate principalmente perché la protesi non è in grado di sostenere immediatamente il peso del corpo. Infatti, già il giorno stesso dell’intervento, vi verrà chiesto di camminare per testare la solidità della protesi. Il motivo principale per l’utilizzo delle stampelle è la necessità di proteggere i tessuti circostanti.

Riduzione del carico e prevenzione dell’infiammazione

L’utilizzo delle stampelle riduce il carico di lavoro sulle articolazioni appena operate, prevenendo così l’infiammazione dei tessuti circostanti. Questo è particolarmente importante dopo un intervento di protesi, in cui i tessuti potrebbero essere sensibili e richiedere un periodo di guarigione adeguato.

Mantenere l’equilibrio e prevenire le cadute

Dopo un intervento di protesi, può essere difficile mantenere l’equilibrio e c’è un rischio aumentato di cadute, soprattutto se si è stati limitati nei movimenti a causa dell’artrosi. Le stampelle forniscono un supporto stabile e aiutano a prevenire cadute indesiderate, riducendo così il rischio di danni all’articolazione appena impiantata.

Progressivamente abbandonare le stampelle

Di solito, dopo circa tre-quattro settimane, una delle due stampelle può essere abbandonata. È importante notare che la stampella da abbandonare è quella del lato opposto a quello operato. Ad esempio, se è stata eseguita una protesi all’anca destra, la stampella sinistra sarà mantenuta per fornire un maggiore supporto all’articolazione operata. Successivamente, si può passare all’utilizzo di una sola stampella e, con il tempo, abbandonarla del tutto.

Uso delle stampelle in situazioni specifiche

Anche quando si cammina senza stampelle, potrebbe essere utile conservarne una per determinate situazioni. Ad esempio, se si affronta un terreno irregolare o si visita un ambiente affollato, la stampella può offrire un ulteriore sostegno e servire da segnale per gli altri, indicando che si è in fase di convalescenza dopo un intervento.

Tempi di recupero variabili

È importante comprendere che i tempi di recupero senza alcun ausilio, come le stampelle, possono variare considerevolmente da persona a persona. Fattori come la durata dell’immobilità pre-operatoria, l’età del paziente, lo stato dell’articolazione e i procedimenti aggiuntivi eseguiti durante l’intervento possono influire sulla capacità di camminare senza assistenza. È sempre meglio seguire le indicazioni del medico e del fisioterapista per un recupero sicuro ed efficace.

L’importanza dell’uso corretto delle stampelle

Infine, è fondamentale utilizzare le stampelle correttamente per massimizzare i benefici e garantire la sicurezza durante la riabilitazione. Un video dedicato illustra le modalità corrette di utilizzo delle stampelle nelle prime fasi del recupero dopo un intervento.

Conclusione:

Le stampelle sono un supporto indispensabile per l’arto inferiore dopo un intervento di protesi. Consentono di alleggerire il carico di peso sull’articolazione, prevenire l’infiammazione dei tessuti circostanti e mantenere l’equilibrio durante la deambulazione. Seguire le indicazioni del medico e del fisioterapista è fondamentale per determinare per quanto tempo utilizzare le stampelle e per imparare a utilizzarle correttamente. Gradualmente, si potrà abbandonare l’uso delle stampelle e riprendere le normali attività quotidiane, garantendo una corretta guarigione e un recupero ottimale.

I miei maestri: Andrea Baldini Ortopedico a Firenze

Nel mio percorso di crescita come chirurgo ortopedico sono arrivato a Firenze nel 2009. La spinta per me fu quella di aprire i miei orizzonti verso la chirurgia protesica delle grandi articolazioni dopo la mia bellissima esperienza di New York. In quel luogo, culla della chirurgia protesica moderna, il dottor Andrea Baldini aveva avuto il cuore della sua formazione chirurgica. Ma vediamo nel dettaglio il percorso che mi ha reso l’ortopedico che sono ora.

Il primo incontro con il dottor Andrea Baldini ortopedico a Firenze

Il primo incontro con il dottor Andrea Baldini in Toscana avvenne perché da ortopedico alle prime armi per riuscire a operare i miei primi pazienti mi spostavo ovunque ne trovassi la possibilità. Quel giorno ebbi modo di discutere con lui, che lavorava nella sala di fianco alla mia, di un caso che avrei operato dopo pochi minuti.

Il suo aiuto fu illuminante, tanto che gli chiesi come fare per andare negli Stati Uniti, nello stesso luogo dove si era formato lui stesso, ad apprendere tutti gli aggiornamenti più moderni in chirurgia protesica.

La borsa di Studio per l’Hospital for Special Surgery di New York

L’ispirazione fu tale che l’anno successivo vinsi una borsa di studio per andare negli USA. Un’esperienza coinvolgente da cui tornai pieno di iniziativa e di volontà per imparare ad esercitare al meglio la mia professione. Di fronte alla scelta, dopo la specializzazione, non ebbi dubbio: una posizione era libera con il dottor Andrea Baldini come ortopedico a Firenze e decisi immediatamente di iniziare questa avventura.

I primi anni a Firenze come chirurgo ortopedico

Appena dopo la specializzazione nel Gennaio 2009, mi sono dunque trasferito a Firenze dopo aver ricevuto l’invito ad entrare a fare parte del gruppo di Chirurgia Articolare Ricostruttiva diretto dal dottor Andrea Baldini, Specialista in chirurgia protesica di Anca e Ginocchio. Di fatto io provenivo da una formazione centrata pressoché completamente sulla Chirurgia della Spalla e la mia conoscenza sulle protesi di anca e sulle protesi di ginocchio era veramente limitata alla sola formazione di base conseguita durante la scuola di specializzazione a Milano.

Con il dottor Andrea Baldini la chirurgia protesica era differente

Da subito mi resi conto che la qualità della chirurgia protesica viaggiava a Firenze su un altro pianeta. Il dottor Andrea Baldini, già nel 2009, seguiva le più moderne tecniche chirurgiche di protesi al ginocchio e protesi all’anca.

Una grande attenzione al rispetto dei tessuti, l’uso di impianti protesici di prima qualità e all’avanguardia, una minuziosa tecnica ricostruttiva dell’articolazione. Già allora il paziente era al centro di tutto: in epoca in cui pochi ne parlavano e soprattutto all’estero, tutti i pazienti operati partecipavano ad una lezione preparatoria prima dell’intervento.

Il mio apprendimento come allievo del dottor Andrea Baldini

Con il dottor Andrea Baldini mi è stato possibile continuare la mia crescita come ortopedico a Firenze nella chirurgia protesica maggiore di ginocchio e anca. Al suo fianco ho operato i miei primi casi e ho potuto aiutarlo in migliaia di interventi chirurgici complessi di protesi di ginocchio e protesi di anca.

La progressiva evoluzione della gestione medica del paziente operato

In quegli anni il mio lavoro era dedicato da una parte a prendere in mano la direzione della Chirurgia della Spalla diventando il referente del gruppo in questo ambito, dall’altra nell’apprendere l’arte della chirurgia protesica di anca e ginocchio accanto al dottor Andrea Baldini. L’evoluzione in questo campo, affiancata dalla continua esigenza di migliorare, mi portò a concentrarmi molto sulla cura del paziente a cavallo dell’intervento chirurgico con l’obiettivo di ottimizzarne il recupero e limitarne il trauma legato all’intervento. Tale ricerca comprese il moderno concetto di Fast Track o Rapid Recovery oggi molto attuali, ma allora trascurati da tutti.

La gestione avanzata del paziente: il congresso del dottor Andrea Baldini a Firenze

Tutta la ricerca culminò nel Maggio 2014 a Firenze con un congresso internazionale in cui dare le regole per il Fast Track o recupero rapido dopo chirurgia protesica. I principi moderni di recupero rapido per protesi di anca e protesi di ginocchio finalmente venivano discussi ed affrontati di fronte ad una platea autorevole per la prima volta in Italia.

Il percorso Fast Track del dottor Andrea Baldini Ortopedico presso Villa Ulivella – IFCA di Firenze

Il grande supporto del gruppo GIOMI presso la Clinica di Villa Ulivella IFCA di Firenze ha permesso di adottare una ad una tutte le più moderne metodiche di gestione del paziente operato di protesi. Inoltre ci ha permesso di portare a zero il tasso di trasfusioni, ridurre la degenza (il paziente torna ad essere autonomo nel cammino dopo 2-3 giorni dall’intervento), ridurre il dolore legato all’intervento, iniziare la fisioterapia poche ore dopo l’operazione e minimizzare le complicanze legate allo stare a letto a lungo dopo la chirurgia.

Ad oggi sono oltre 6 anni che attuiamo a Villa Ulivella IFCA di Firenze il protocollo di recupero rapido Fast Track per tutti i pazienti che si operano con noi e i risultati sono evidenti. L’entusiasmo è molto alto dato che riusciamo finalmente a rendere meno invalidante possibile una chirurgia senza dubbio maggiore di Ortopedia.

L’ordine dei medici ha ospitato un mio articolo che riassume tutte le grandi novità che abbiamo introdotto.

Al termine del percorso di formazione con il dottor Andrea Baldini sono diventato, all’interno del gruppo di Villa Ulivella IFCA di Firenze, il responsabile della chirurgia della Spalla e un riferimento per la chirurgia protesica di Anca e di Ginocchio. In questo tipo di chirurgia, dopo oltre 10 anni di attività, seguo tutte le più moderne tecniche di recupero rapido che rientrano nei concetti del Fast track e del Rapid Recovery.

Protesi di ginocchio e protesi di anca: il dottor Lorenzo Castellani parla del Fast track

 

 

La sutura continua auto ritentiva: un vantaggio reale per il recupero rapido dopo una protesi di ginocchio

Continuiamo il viaggio nel recupero rapido post-operatorio (Fast Track) delle protesi di ginocchio. Un dettaglio ci aiuta a prevenire gli ematomi, prima causa di rallentamento del recupero. Una sutura autobloccante per ottenere una chiusura perfetta. Un ennesimo particolare che ha portato Villa Ulivella a Firenze ad essere un centro di eccellenza per il recupero rapido Fast track dopo interventi di protesi.

Il Fast track in chirurgia protesica, una novità per il recupero rapido dopo gli interventi di protesi

Essere in piedi subito dopo un intervento di protesi non è una magia. E’ il risultato di un lavoro combinato tra tutte le figure che si occupano di ortopedia all’interno di un ospedale. Non basta cambiare una o due cose. Tutta la filosofia attorno all’intervento deve cambiare per ottenere il risultato. Nel percorso fast track che abbiamo ormai adottato da anni, moltissimi sono i cambiamenti che abbiamo introdotto.

Una causa frequente di ritardo nel recupero rapido sono gli ematomi

Nella protesi di ginocchio, dato che l’intervento consiste nel cambiare completamente l’articolazione, un po’ di sanguinamento è normale. Nel passato un certo numero di pazienti rallentavano il loro recupero perchè dall’articolazione il sanguinamento si riversava all’esterno. Un ematoma (il classico livido dopo un trauma che tutti conosciamo) è particolarmente doloroso nelle prime fasi dopo l’intervento. Immaginiamoci quanto ci dispiace dover rallentare il recupero dopo l’intervento per la presenza di un dolore non necessario come quello di un ematoma nel sottocute.

Strategie per ridurre gli ematomi negli interventi di protesi Fast Track

Per prevenire il sanguinamento adottiamo durante tutti gli interventi una serie di procedure: la chiusura dei vasi mediante piccole bruciature, il controllo della pressione, l’uso di laccio pneumatico rilasciandolo a metà intervento per controllare le perdite, il controllo della pressione sanguigna, l’uso di farmaci anti emorragici, la flessione del ginocchio nelle prime ore dopo l’intervento. Oltre a tutto questo il mantenimento di una camera articolare stagna autolimita il sanguinamento e previene la dolorosa uscita dell’ematoma nel sottocute.

Ottenere nel fast track di protesi di ginocchio un’articolazione stagna

Per chiudere in maniera stagna l’articolazione del ginocchio nel passato ricorrevamo ad un elevato numero di punti di sutura. La cosa si rifletteva negativamente sul paziente in diversi modi: un tempo di chiusura lungo, un fastidio legato a numerosi corpi estranei (i punti) all’interno dell’articolazione, una ferita molto dura per la presenza dei nodi e per quanto la chiusura fosse molto accurata la possibiltà comunque di fuoriuscite di sangue attraverso la ferita. La ricerca ha però sviluppato un moderno sistema di chiusura continuo auto-serrante. Vediamone i vantaggi.

Sutura continua per protesi di ginocchio fast track

La sutura continua ha diversi vantaggi. Il primo è di velocità: essendo un unico passaggio di un unico filo è molto più rapida. Permette quindi un notevole risparmio di tempo durante la chirurgia. Minore è il tempo di intervento, minori sono le possibilità di infezione. Il secondo vantaggio è la chiusura stagna: un unico filo permette di sigillare completamente la capsula articolare. Per riuscirci ancora meglio il filo è stato reso rugoso. La presenza di queste piccole irregolarità o squame superficiali fa in modo che sia auto-serrante. Basta quindi passarlo e tirarlo perchè si blocchi dove è stato messo. Il terzo vantaggio è l’assenza di nodi che eliminano i fastidi durante lo scorrimento dell’articolazione nei movimenti.

Suture autobloccanti nelle protesi fast track: come funzionano

Il principio è quello di un filo passato in una sola direzione, dotato di alette che non permettono al filo di tornare indietro. La sicurezza del punto è quindi garantita ad ogni passaggio senza necessità di nodi. Il punto poi si riassorbirà lentamente all’interno senza bisogno di essere rimosso.

Sutura nelle protesi fast track: vero vantaggio nelle protesi di ginocchio?

Da quando abbiamo introdotto presso la nostra clinica le procedure protesiche con recupero rapido (fast track) abbiamo cambiato tantissimi particolari nella gestione dei nostri pazienti. E’ difficile a posteriori sapere quale di questi dettagli è stato più influente nel determinare il successo di questa procedura. Ognuno è un tassello importante per portare l’attenzione anche sui piccoli gesti e tendere al risultato finale. Sicuramente evitare l’ematoma chirurgico è un passo estermamente importante per tornare alla normalità prima del normale. Forse non è solo aver cambiato la sutura che ha fatto scomparire il problema. Come si dice: cambiamo nel piccolo per arrivare a modificare il grande.

Bibliografia

Does Barbed Suture Lower Cost and Improve Outcome in Total Knee Arthroplasty? A Randomized Controlled Trial.  J Arthroplasty. 2017 May;32(5):1474-1477. 

 

Dolore articolazioni: un menù antinfiammatorio

L’infiammazione è la risposta naturale che il nostro organismo attiva per proteggersi e combattere i danni causati da fattori stressogeni, come fattori fisici, biologici, o chimici. In particolari condizioni questa situazione può divenire cronica, minacciando il normale funzionamento dei processi fisiologici di organi e apparati. L’infiammazione è spesso alla base della comparsa di dolore alle articolazioni nelle fasi anche iniziali dell’artrosi. Cerchiamo di capire come sia possibile contrastare l’infiammazione a tavola con un menù antinfiammatorio.

Dolore alle articolazioni e infiammazione: quale origine?

Lo stato di infiammazione cronica accompagna tipicamente le patologie metaboliche, come obesità e diabete, dove il tessuto adiposo in eccesso è responsabile della produzione di molecole che agiscono sullo sviluppo dell’infiammazione. Il grasso, infatti, non è solamente un organo di stoccaggio dei grassi, ma un vero e proprio organo endocrino che produce citochine dall’azione pro- infiammatoria. Una di queste molecole, la leptina, oltre ad agire sui sistemi che regolano la sazietà sembra avere un ruolo anche sul metabolismo della cartilagine e sullo sviluppo dell’infiammazione che tipicamente accompagna le artrosi.

Alimentazione e artrosi: eliminare il dolore alle articolazioni

Da un punto di vista fisio-patologico l’artrosi è caratterizzata non soltanto da fenomeni degenerativi della cartilagine articolare, ma anche dalla presenza di fenomeni infiammatori, e questo spiega perché l’artrosi di ginocchio, ad esempio, colpisca più frequentemente i soggetti sovrappeso o obesi e soggetti affetti da sindrome metabolica.

Dolore alle articolazioni e infiammazione: la prevenzione comincia a tavola

Ma come possiamo proteggere le nostre articolazioni a tavola? È fondamentale tenere presente un concetto molto semplice: se si vuole ridurre l’infiammazione dell’organismo, a tutti i livelli, il modo più facile per farlo è consumare più cibi anti-infiammatori e meno alimenti pro-infiammatori. La nostra alimentazione quotidiana va basata su alimenti nutrienti, ricchi di antiossidanti, sali minerali e vitamine, mentre andrebbero evitati il più possibile i prodotti trasformati e processati dell’industria alimentare, quelli ricchi di additivi chimici, conservanti, e coloranti, di zuccheri semplici e grassi saturi, trans o idrogenati. Perché gli anti-ossidanti sono così importanti? Perché la loro azione di contrasto all’infiammazione si basa sulla capacità di neutralizzare i radicali liberi, molecole reattive in grado di stimolare i processi infiammatori nelle cellule e che addirittura hanno la capacità di “mutare” il DNA.

Per controllare il dolore alle articolazioni, scegliamo gli alimenti giusti

Ma quali sono gli alimenti con azione anti-infiammatoria, che vanno consumati preferibilmente?

  • Verdure: meglio se di stagione, preferendo soprattutto broccoli, cavoli, cavolini di Bruxelles, cavolfiore, e altre Brassicaceae
  • Frutta: meglio se di stagione, soprattutto quella più ricca di antiossidanti come le vitamine A, C ed E
  • Frutta ad alto contenuto di grassi monoinsaturi: avocado e olive
  • Olio extravergine di oliva, ricco di acidi grassi monoinsaturi, Idrossitirosolo (antiossidante) e vitamina E
  • Pesce ricco in Omega 3: salmone e pesce azzurro
  • Frutta secca a guscio: noci, mandorle, pistacchi
  • Semi oleosi: semi di zucca, semi di lino, semi di girasole
  • Peperoni e peperoncino (ricchi di vitamina C)
  • Cioccolato fondente almeno all’80% e/o cacao puro
  • Spezie: curcuma, la cannella e lo zenzero
  • Tè verde
  • Un bicchiere di vino rosso al giorno (contenente Resveratrolo)

Cibi da evitare per artrosi e artrite:

I cibi che infiammano le articolazioni

Quali alimenti hanno azione pro-infiammatoria e vanno evitati?

  • Zucchero e bevande zuccherate (succhi di frutta zuccherati, gli energy drink, le bibite gasate)
  • Dolciumi e carboidrati raffinati (merendine, caramelle, torte e gelati)
  • Carni lavorate (insaccati, carne in scatola)
  • Snack preconfezionati (salatini, patatine)
  • Grassi trans idrogenati
  • Alcolici, in particolare i superalcolici

La giornata alimentare antinfiammatoria

Ho provato a costruire una giornata alimentare “anti-infiammatoria”, inserendo cibi adatti per coloro che soffrono di infiammazione legata alle articolazioni. Una dieta antinfiammatoria ben bilanciata dovrebbe fornire un adeguato quantitativo di proteine, carboidrati e grassi buoni a ogni pasto, assicurando un buon apporto di vitamine, minerali e fibre. Il consiglio è sempre quello di consumare almeno 2 litri di acqua al giorno ed utilizzare olio extravergine di oliva come condimento.

Ecco la giornata tipo per alimentarsi in modo antinfiammatorio

Colazione: Tè verde o caffè senza zucchero + yogurt greco con avena e kiwi

Pranzo: Riso integrale alla curcuma con dadolata di verdure insaporite ai semi di sesamo + contorno di cavolo cappuccio crudo condito con olio extravergine d’oliva e noci + macedonia di frutti di bosco conditi con succo di limone

Spuntino: Frutta secca o semi oleosi con frutta fresca di stagione

Cena: Salmone al cartoccio condito con fettine di limone + insalatona di verdure di stagione e avocado condita con olio extravergine di oliva e limone + pane integrale + un bicchiere di vino rosso + dessert di cioccolato fondente (almeno all’80%)

La salute delle articolazioni comincia a tavola

Diversi studi hanno dimostrato che una dieta antinfiammatoria, insieme all’esercizio fisico regolare e al sufficiente riposo possono apportare diversi benefici sulla salute del paziente artritico, attenuandone i sintomi e i dolori alle articolazioni e aiutandolo nella perdita del peso in eccesso, nel miglioramento dei livelli ematici di glicemia, colesterolo e trigliceridi e riducendo i livelli dei marcatori dell’infiammazione nel sangue. Per questo motivo è fondamentale scegliere uno stile di vita salutare e attuare una dieta ricca di alimenti antiinfiammatori per migliorare lo stato di salute generale.

Caffè e artrosi

Il caffè è stato oggetto di numerosi studi nel corso degli anni e alcune ricerche suggeriscono che potrebbe avere alcuni benefici per la salute. Tuttavia, attualmente non esistono prove scientifiche che suggeriscano che il caffè abbia un effetto diretto sull’artrosi, un tipo di degenerazione articolare caratterizzata dall’usura della cartilagine e delle ossa all’interno dell’articolazione.

Se è vero che alcune persone affette da artrosi possono scegliere di evitare il caffè a causa del suo potenziale irritante per l’apparato digerente, non esiste un legame diretto tra il consumo di questa bevanda e lo sviluppo o la progressione dell’artrosi.

Riferimenti bibliografici

Dieta e protesi: un’alimentazione sana può migliorare il recupero dopo l’intervento?

L’obesità rappresenta uno dei più importanti fattori di rischio per lo sviluppo di artrosi dell’anca e del ginocchio e l’intervento di protesi spesso é l’unica soluzione terapeutica efficace di fronte a questa patologia. Considerando l’aumento del numero di complicanze intra- e post- operatorie nel paziente obeso, non è raro che la prima misura di intervento consigliata dall’ortopedico consista proprio nella perdita di peso prima dell’intervento chirurgico. Associare dieta e protesi è dunque una carta vincente su tutti i fronti. Vediamo come possiamo ottenere un risultato efficace prima dell’intervento chirurgico di protesi di anca o di ginocchio.

Dieta e protesi: quali vantaggi?

Un approccio multidisciplinare deve avere come scopo non soltanto quello di informare il paziente sui potenziali rischi dell’intervento, ma soprattutto quello di sensibilizzarlo nell’intraprendere un percorso di rieducazione alimentare in modo da ottenere una efficace riduzione del peso prima di affrontare un intervento di protesi di anca o di ginocchio, minimizzando i rischi legati alla condizione di obesità e al sovrappeso.

Dieta e protesi: primo obiettivo misurare il grado di obesità

Lo strumento maggiormente utilizzato è il calcolo dell’Indice di Massa Corporea (BMI), che non è altro che il rapporto tra il peso (espresso in Kg) e il quadrato dell’altezza (espressa in metri). Questo parametro serve ad inquadrare un soggetto in una categoria che può andare dal sottopeso, al normopeso, fino a obesità di grado III. Sono normopeso gli individui con un BMI compreso tra 19 e 25. Avere un BMI maggiore di 25 espone il paziente a maggiori probabilità di sviluppare patologie che aumentano i rischi durante un intervento chirurgico. Tra queste ricordiamo: malattie cardiovascolari, ipertensione, diabete di tipo 2, ischemie, apneee notturne e Sindrome metabolica (una condizione caratterizzata dalla concomitanza di patologie cardiovascolari, sovrappeso e diabete 2).

Dieta e protesi: una corretta alimentazione migliora lo stile di vita prima dell’intervento

La perdita di peso pre-intervento rappresenta il primo step per il miglioramento dello stile di vita del paziente e richiede spesso un profondo cambiamento nell’approccio al cibo. Mangiare è l’atto più naturale che un organismo vivente possa compiere, ma il modo in cui mangiamo influisce profondamente sullo stato di salute. Il nostro organismo, per funzionare al meglio, ha bisogno di acqua, di macronutrienti (proteina, carboidrati, lipidi) e di micronutrienti (vitamine e Sali minerali). In media ogni giorno dovremmo quindi introdurre carboidrati, proteine e grassi, in quantità e percentuali variabili in base allo stile di vita, al sesso, all’età e alla quantità di attività fisica fatta quotidianamente.

Parole d’ordine a tavola: moderazione e qualità

Consumare piatti non troppo abbondanti ed evitare cibi spazzatura (merendine, cibo da fast food o cibi molto elaborati a livello industriale) sono il primo passo per prevenire non solo il sovrappeso, ma anche patologie cardiovascolari, diabete e malattie infiammatoria, tra cui le artriti.

Dieta e protesi: come faccio a perdere peso in salute prima dell’intervento?

La paura più grande delle persone in sovrappeso o obese è dover smettere di mangiare o dover seguire una alimentazione noiosa e “triste”. Niente di più sbagliato! Il cibo non deve essere un nemico, ma un alleato e rendere i piatti colorati, divertenti e gustosi è assolutamente fondamentale per aiutare il paziente a modificare il proprio stile di vita.

Perdere peso in salute ecco i trucchi

Non saltare la colazione

Questo è il pasto più importante della giornata. Via libera a pane integrale, frutta fresca, frutta secca, yogurt. Meglio evitare merendine e cibi industriali

Fare gli spuntini

Aiutano ad arrivare non troppo affamati al pranzo o alla cena e ci permettono di mantenere costante la glicemia evitando “su e giù” di zuccheri nel sangue che contribuiscono all’accumulo di grassi – sgranocchiare verdure crude durante la preparazione dei pasti, aiuta a evitare di “lanciarsi” in dispensa e divorare formaggi, grissini e salumi. Le fibre, inoltre, danno sazietà e riducono l’assorbimento di zuccheri e grassi.

Evitare zuccheri semplici

No categorico a merendine, zucchero nel caffè, bevande gasate e dolciumi, ricchi di zuccheri semplici. Lo zucchero è una molecola altamente infiammatoria, quindi va maneggiata con cura!

Creare piatti completi

Quello che prepariamo deve avere una parte di carboidrati complessi, meglio se integrali (pasta integrale, orzo, riso integrale, farro, quinoa…), una parte di proteine animali o vegetali (carne, pesce, legumi, formaggi magri, uova), una parte di grassi buoni (olio extravergine di oliva) e una bella porzione di fibre (verdure, meglio se di stagione)

Rispettare la stagionalità

La frutta e la verdura di stagione, oltre a essere più ricchi di antiossidanti, vitamine e Sali minerali, sono anche meno trattate con pesticidi…inoltre costano molto meno! Le fibre delle verdure danno molta sazietà, aiutando anche a ridurre le porzioni di carboidrati, grassi e proteine

NO categorico a cibi industriali e molto elaborati

Anziché comprare una cotoletta, non è meglio prepararsela? Non è più sano mangiare una fetta di ciambella fatta in casa piuttosto che comprare merendine?

Fare almeno 20 minuti di camminata a passo veloce al giorno

Il movimento aiuta non soltanto nella perdita di peso, ma anche nel mantenimento dei risultati! 

Dieta e protesi: le domande comuni

Quanto tempo ci vuole per perdere peso? Quanti chili dovrò perdere prima dell’intervento? Dovrò continuare a perdere peso anche dopo? Queste domande sono molto frequenti tra i pazienti sovrappeso o obesi che dovranno sottoporsi ad intervento di protesi articolare e la risposta dipende dalla gravità del sovrappeso e dalla motivazione del paziente. In genere, in pazienti obesi, è auspicabile perdere circa il 10% del peso corporeo prima dell’intervento per poi continuare con un bel percorso di rieducazione alimentare fino al raggiungimento del peso forma, anche dopo l’intervento chirurgico. I tempi sono variabili da paziente a paziente e dipendono molto da fattori come l’età, il sesso e la presenza di patologie metaboliche. È noto che la perdita di peso pre-operatoria riduca i rischi per il paziente e facilita la ripresa delle normali attività dopo l’intervento chirurgico.

Aiutare le articolazioni a tavola

Preservare il benessere articolare a tavola si può: ci sono infatti modelli alimentari ricchi di cibi che aiutano le nostre articolazioni, rafforzandole e contribuendo a mantenerle in salute. Uno di questi è la Dieta Mediterranea. L’olio d’oliva rappresenta la fonte principale di grassi in questo tipo di regime alimentare, è ricco di acidi grassi monoinsaturi (MUFA) e di composti fenolici, tocoferolo e carotenoidi che hanno una riconosciuta azione antiossidante e anti-infiammatoria. L’olio d’oliva è inoltre ricco di oleuropeina, idrossitirosolo e oleocantale, sostanze che agiscono da antiossidanti, riducendo l’azione delle citochine pro-infiammatorie e fanno da inibitori degli enzimi coinvolti nella cascata infiammatoria. La Dieta Mediterranea è inoltre ricca di frutta e verdure che forniscono vitamine del gruppo C (per esempio gli agrumi) e di cibi che costituiscono una ottima fonte di Omega 3 (pesce azzurro, frutta secca, semi). Sia la vitamina C che gli omega 3 svolgono un ruolo protettivo di enorme importanza sulle articolazioni, e garantiscono il benessere dei condrociti (le cellule che costituiscono la cartilagine) e della matrice extracellulare che li circonda.

Dieta e protesi: riduzione del dolore articolare

Così come una corretta alimentazione e la perdita di peso pre-operatoria rappresentano un valido strumento per la preparazione all’intervento chirurgico, allo stesso modo una corretta alimentazione post-operatoria può aiutare il paziente a una ripresa più rapida e alla riduzione del dolore articolare. La cartilagine, infatti, è un tessuto connettivo in cui le cellule (i condrociti) sono immersi in una matrice extracellulare costituita per lo più da collagene di tipo II, proteoglicani e aggrecani. Nelle artriti si assiste ad una progressiva perdita delle caratteristiche strutturali del tessuto e pertanto uno degli obiettivi della riabilitazione post-operatoria è proprio quello di riacquistare una corretta funzione articolare e una corretta omeostasi della cartilagine; in questo processo la dieta gioca un ruolo fondamentale.

Gli alimenti antinfiammatori naturali

Esistono molti alimenti contenenti sostanze antinfiammatorie naturali, in grado di agire sulla riduzione di molti dei sintomi tipici del post-operatorio, come ad esempio il dolore cronico. Tra questi ricordiamo:
– ZENZERO: ricco di gingerolo, aiuta nella riduzione dell’infiammazione e del dolore muscolare e articolare

– ANANAS: contiene Bromelina,un vero e proprio anti-infiammatorio

– TIMO: ha un effetto simile al Desametasone sulla riduzione del dolore

– CILIEGIE: riccissime di antiossidanti, che danno sollievo dal dolore

– OLIO EXTRAVERGINE D’OLIVA: contiene Idrossitirosolo, un importante antiossidante e alcuni composti simili da un punto di vista molecolare all’Ibuprofene

– SALMONE E PESCE AZZURRO: sono ricchi di Omega3, acidi grassi responsabili della riduzione dello stato infiammatorio a livello articolare

– UVA ROSSA: contiene Resveratrolo, dalle note proprietà anti-infiammatorie

– OLIO DI PESCE: contiene acido Decosaexoico (DHA) e acido Eicosapentoico (EPA), entrambi dalle proprietà anti-infiammatorie

Dieta e protesi: un approccio multidiscplinare

È possibile, dunque, concludere che una dieta sana, insieme alla perdita di peso pre- operatoria e a un programma riabilitativo studiato ad hoc migliorano fortemente la qualità di vita del paziente nel post-operatorio. Il percorso ottimale vede l’intervento ed il lavoro di equipe dell’Ortopedico, del Nutrizionista e del Fisioterapista, che effettueranno una valutazione complessiva del paziente, ottimizzandone il recupero sul breve e lungo termine.

Distensione fluida della borsa gastrocnemio-semimembranoso

Cosa significa quando si legge sul risultato di una Risonanza magnetica (RMN) o di una ecografia di ginocchio distensione fluida della borsa gastrocnemio-semimembranoso (Cisti di Baker)?

Quante parole incomprensibili popolano i nostri esami diagnostici. Affrontiamo alcuni termini molto frequenti per provare a capirci qualcosa. Magari prima della irrinunciabile visita medica con lo specialista.

Il tema di questo approfondimento è la frase distensione fluida della borsa gastrocnemio-semimembranoso, altre volte scritta come Cisti di Baker che può generare alcuni dubbi in chi legge.

Distensione fluida della borsa gastrocnemio-semimembranoso (cisti di Baker)

Proviamo a scomporre in termini questa frase. Scomponendo in piccole parti tutto diventa più semplice.

Cosa significa distensione fluida?

Il nostro corpo non ammette spazi vuoti. Guardando ecografie e risonanze magnetiche, tutti i tessuti sono in continuità l’uno con l’altro. Quando un tessuto si infiamma generalmente produce del liquido. Il liquido occupa le zone meno resistenti riempiendole. Quando queste zone sono riempite di fluido sono ben visibili negli esami perchè sono distese. Questo chiarisce il termine distensione fluida: è liquido infiammatorio in uno spazio virtualmente non presente nel ginocchio normale.

Cosa è una borsa?

Le borse sono strutture sierose morbide che si interpongono tra piani di scorrimento. Tutte le volte che muscoli o tendini devono scorrere l’uno sull’altro liberamente senza attriti, in quel punto c’è una borsa. Essendo molto soffice e scorrevole è il punto dove più facilmente si può accumulare del liquido infiammatorio.

Cosa significa gastrocnemio-semimembranoso?

Sono due muscoli che scorrono l’uno sull’altro nella parte posteriore del ginocchio. E’ il punto dove si trova la borsa che può riempirsi di liquido. In parole semplici è uno spazio tra il polpaccio e i muscoli della coscia.

borsa gastrocnemio-semimembranoso-disegno

L’interpretazione del referto di RMN o ecografia

Torniamo al nostro referto di radiografia. Se nelle righe leggiamo distensione fluida della borsa gastrocnemio-semimembranoso (oppure più semplicemente cisti di Baker) significa che c’è un’infiammazione del ginocchio che provoca formazione di liquido che si sfoga nel punto di minore resistenza. Si tratta di uno spazio lasso presente tra due muscoli posteriori e interni del ginocchio che si riempie di liquido.

Cisti di Baker: cosa fare in pratica?

Ogni volta che su un referto viene scritto distensione fluida della borsa gastrocnemio-semimembranoso (cisti di Baker) significa che qualcosa nel ginocchio non sta funzionando bene causando un’infiammazione. Le cause più comuni sono: un menisco degenerato che determina infiammazione cronica al ginocchio; condropatia o artrosi del ginocchio; malattie infiammatorie di origine reumatica.

Quale che sia la causa, di per sé la cisti di Baker non deve essere trattata a meno che non dia grossi fastidi al ginocchio. Per esempio una grave distensione fluida della borsa gastrocnemio-semimembranoso potrebbe impedire un piegamento completo del ginocchio. In questo caso c’è la possibilità di aspirare la cisti sotto guida ecografica per svuotarla completamente. Spesso il trattamento non è definitivo, ma quanto meno generalmente ci vuole del tempo prima che la recidiva della cisti di Baker avvenga in una maniera così importante come prima.

I casi più gravi possono essere trattati anche chiudendo la cisti in artroscopia con un intervento. Si tratta di casi molto rari e anche la chirurgia può fallire tornando lo stesso problema. Dove si riconosca una causa intrarticolare importante il trattamento del danno determina la risoluzione del problema: per esempio una lesione franca del menisco o un’artrosi importante del ginocchio.

Protesi di ginocchio: dolore e ritorno alla normalità

Quando l’artrosi non permette una qualità della vita sufficiente la protesi di ginocchio può essere la soluzione giusta

Quando è davvero il momento di operarsi per una protesi di ginocchio? Non smetterò mai di spiegarlo abbastanza, ci si deve operare quando due elementi coincidono:

  1. Un’artrosi osso su osso del ginocchio: questo è il criterio fondamentale senza il quale è poco prudente operarsi. L’artrosi osso su osso si può evidenziare con una radiografia correttamente eseguita.
  2. Una limitazione della vita quotidiana che non permette più di fare le cose che piacciono: una passeggiata con gli amici, una giornata con i nipoti, una vacanza in una città d’arte.

Protesi ginocchio tempi di recupero dopo l’intervento

Una volta deciso di operarsi, molti si chiedono quanto tempo è necessario per tornare alla normalità, per godersi la protesi di ginocchio nella vita normale di tutti i giorni. Abbiamo cercato di riassumere il percorso di recupero in questo video tutorial.

Il tempo complessivo per il recupero completo dopo la protesi di ginocchio

Il tempo complessivo è da considerare per un recupero al 100% è di circa 6 mesi. Lo sappiamo perchè i pazienti che hanno due ginocchia da operare e non possono fare un intervento bilaterale simultaneo, ci chiedono di essere operati dopo questo lasso di tempo. In realtà il periodo peggiore è quello che passa nei primi 2 mesi dall’intervento, tempo in cui i tessuti ancora devono accettare il fatto di avere una protesi di ginocchio nuova al loro interno. E’ un periodo di alti e bassi in cui talvolta subentra anche una depressione nel paziente a cui sembra di non risolvere il problema. Dopo un intervento di protesi di ginocchio per ridurre il dolore possono essere necessari degli antinfiammatori e una moderazione delle attività.

Protesi ginocchio durata del periodo con le stampelle

Nelle protesi di ginocchio le stampelle sono al servizio del paziente e non viceversa. La protesi è in grado fin da subito di sopportare un carico completo del peso corporeo. Sono protesi cementate e fissate ottimamente all’osso anche in caso di osteoporosi. Le stampelle servono soltanto ai tessuti circostanti per non infiammarsi nella fase di post intervento di protesi di ginocchio e non dare dolore. Inoltre dato che il muscolo non è da subito alla stessa forza di prima dell’intervento, possono servire per garantire l’equilibrio. Le stampelle servono a compensare la forza nel salire e scendere le scale. Per tutti questi motivi, dopo un intervento di protesi di ginocchio la durata del periodo di utilizzo delle stampelle è di circa 45 giorni.

Il ritorno a casa è il momento più delicato

Appena tornati a casa è il momento più pericoloso dopo l’intervento di protesi di ginocchio. Tutti tendiamo a fare di più appena tornati a casa. Si deve badare a se stessi, si deve magari aiutare delle altre persone. Si tende quindi a fare più di quello che un ginocchio appena operato può davvero fare. Si rischia pertanto di infiammare l’articolazione.
Per evitare che la protesi al ginocchio dia maggiore dolore di quanto non sia normale dopo un intervento è bene ricordare che bisogna andare piano e procedere per gradi.

Quando si può guidare la macchina?

La macchina si comincia a guidare non appena si abbandonano le stampelle. Inoltre bisogna avere il controllo sufficiente nella propria muscolatura per comandare i pedali. Considerando che un intervento di protesi di ginocchio prevede tempi di recupero di circa 45 giorni di stampelle, si riesce a guidare agevolmente generalmente intorno ai 2 mesi. Meglio evitare comunque lunghi viaggi in macchina prima di 6 mesi dall’intervento.

 

Artrosi bilaterale di ginocchio: risolverla in un unico intervento

Nell’artrosi bilaterale di ginocchio gli interventi simultanei sono possibili

Il consumo di un’articolazione può colpire simultaneamente entrambe le ginocchia. Si parla di artrosi bilaterale quando i sintomi del consumo colpiscono entrambe le ginocchia insieme. I pazienti più giovani che hanno l’indicazione all’intervento di protesi possono oggi operare entrambe le ginocchia durante un solo intervento. Vediamo nel dettaglio rischi e benefici della procedura.

Artrosi bilaterale delle ginocchia: quando bisogna operarsi

L’intervento nell’artrosi non è la sola cosa possibile. Tante persone trovano un beneficio sufficiente dalla terapia che noi chiamiamo conservativa, cioè senza intervento. Ho spesso approfondito questo argomento parlando di riabilitazione e di trattamenti infiltrativi più o meno avanzati. Quando allora bisogna davvero operarsi? Esistono due condizioni che fanno scegliere il paziente e il suo ortopedico per l’intervento. La prima è la presenza di una radiografia fatta bene che mostra una cartilagine completamente finita. La seconda è una compromissione importante della qualità della vita che non migliora con i trattamenti conservativi (senza intervento).

Contatto osso su osso alla radiografia sotto carico

Le radiografie sono uno strumento fondamentale per inquadrare un’artrosi bilaterale o monolaterale di ginocchio. Devono però essere eseguite correttamente. In pronto soccorso ad esempio è inutile andare. Si rischia di perdere una giornata, si toglie il posto a persone che hanno bisogno urgente di cure e si esce con un esame completamente inutile in quanto vengono eseguite lastre per le fratture e non per l’artrosi. Le lastre corrette vengono fatte sotto carico, cioè stando in piedi. Solo così si riesce a visualizzare correttamente quanto sono consumate le cartilagini. A seconda di dove fa male poi possono essere chieste diverse “proiezioni”. Le proiezioni non sono altro che le pose di quando si scatta una foto. Per avere un’idea precisa del viso di una persona si scatta una foto di fronte e una di profilo. Così si costruisce un indentikit perfetto. La stessa regola si applica alle radiografie. Una radiografia che mostra sotto carico un consumo osso su osso della cartilagine ha indicazione all’intervento. Ma non è il solo criterio. Il medico chirurgo non opera radiografie, ma persone. Passiamo dunque al secondo criterio necessario per operarsi.

Riduzione inaccettabile della qualità della vita

A volte ci sono persone che convivono bene con l’artrosi. Non farò mai un intervento a queste persone anche se le radiografie sono distrutte. Se una persona con lastre distrutte deve rinunciare a qualcosa che gli piace, convivere con il dolore o riuscire a muoversi prendendo farmaci antinfiammatori ogni giorno, allora conviene operarsi. Altrimenti no. Consideriamo sempre il rischio di distruggersi lo stomaco con pillole di antinfiammatori ogni giorno. I nostri ospedali sono pieni di persone che hanno ulcere o gastriti croniche per abuso di farmaci antinfiammatori. Piuttosto che arrivare a quello, molto meglio operarsi per risolvere il problema.

Artrosi bilaterale con qualità della vita compromessa

Quando si arriva a soddisfare entrambi i criteri precedenti e i dolori sono identici da entrambi i lati è possibile risolvere il problema contemporaneamente in un unico intervento. A volte è proprio consigliato di farlo. A volte invece è il paziente che preferisce per avere un’unica riabilitazione. Vediamo quali sono i criteri per operare contemporaneamente un’artrosi bilaterale di ginocchio.

Vantaggi di una protesi bilaterale simultanea di ginocchio

Trattamento delle gravi deformità

Quando le ginocchia si sono molto stortate per l’artrosi, dopo operati il ginocchio malato può danneggiare quello appena operato perchè si appoggia su di esso durante il cammino. Questo è particolarmente vero nelle gambe a X dette tecnicamente ginocchia valghe.

Risparmio di tempo

Unico intervento per artrosi bilaterale di ginocchio significa unico ricovero, unica fisioterapia, unico recupero. Si elimina il problema una volta per tutte. Questo elemento è solitamente un vantaggio per chi ancora ha attività lavorativa intensa e ogni giorno di assenza comporta una perdita economica.

Risparmio economico

Una protesi bilaterale costa di meno. Tutto ciò che si acquista o noleggia per il recupero post-operatorio serve per entrambe le ginocchia. Anche le sedute fisioterapiche sono uniche. Il costo di un solo ricovero a pagamento si riduce.

Svantaggi di una protesi di ginocchio bilaterale simultanea

Maggiore invasività

Questo è certo. Due ginocchia insieme affaticano molto di più il fisico. Si tratta pertanto di un intervento che può essere gestito solo in centri di riferimento con protocolli avanzati di gestione medica perioperatoria. Devono essere applicate tutte le precauzioni per: avere un intervento rapido, limitare le perdite di sangue, non immobilizzare mai il paziente. Il percorso deve seguire quindi le logiche del FAST TRACK. Proprio per questo motivo selezioniamo accuratamente in base ad età e salute generale i pazienti adatti alla procedura. Caso per caso si valuterà poi se i rischi maggiori valgono la pena di essere corsi o no.

Non c’è un arto buono su cui appoggiarsi

Questo è un falso mito. Quando proponiamo un intervento bilaterale è perchè le ginocchia sono distrutte bilateralmente. Non operiamo mai ginocchia che non causano una grave limitazione al paziente (vedi sopra). Chi ha eventuale indicazione alla simultaneità di intervento, non avrebbe nessuna gamba buona su cui appoggiarsi in nessun caso. Nemmeno operandole una alla volta.

Candidato ideale alle protesi di ginocchio bilaterale simultanea

Si tratta di pazienti giovani generalmente sotto i 60 anni di età. Sono pazienti con un consumo osso su osso della cartilagine alla radiografia. Sono pazienti con dolore intenso e grave compromissione della qualità della vita che conivolge entrambe le ginocchia in ugual misura.

Sono ideali i casi in cui una sola parte del ginocchio è malata e c’è dunque indicazione alla protesi monocompartimentale di ginocchio. In questo caso infatti l’invasività dell’intervento è più che dimezzata e i rischi di una bilaterale simultanea sono sovrapponibili a quelli che si corrono operando un solo lato alla volta.

Non bisonga avere avuto o soffrire di malattie importanti che compromettano il cuore, il respiro o la funzionalità di organi vitali come fegato o reni. Non bisogna soffrire di diabete scompensato o altre gravi patologie metaboliche.

Se pensate di appartenere a questa categoria di pazienti parliamone in ambulatorio e discutiamone il reale vantaggio in termini pratici.

Protesi totale o protesi monocompartimentale di ginocchio

Che differenza c’è tra una protesi totale e una protesi monocompartimentale di ginocchio

In caso di artrosi al ginocchio di grado avanzato, la soluzione al dolore può diventare la protesi al ginocchio. Spesso però non risulta chiaro che differenza ci sia tra la protesi tradizionale completa e la protesi monocompartimentale. In questo video tutorial affrontiamo le principali differenze.

Il contenuto del video in breve

Non esiste una protesi giusta ed una sbagliata. Il criterio di scelta dipende dal consumo dell’articolazione.

I vantaggi della protesi monocompartimentale:

  • Minore invasività: risparmio dei tendini e dei muscoli, perdita di sangue minore durante l’intervento
  • Recupero più facile: meno riabilitazione e ritorno rapido alla normalità
  • Ginocchio più naturale: mantenendo i propri legamenti e i 2/3 del ginocchio si ha una sensazione di un ginocchio più normale

Svantaggi della protesi monocompartimentale:

  • Il resto del ginocchio sarà soggetto a consumo negli anni: potrebbe insorgere dolore in altre sedi
  • Non è possibile trattare tutti i tipi di artrosi con una protesi monocompartimentale di ginocchio

In sostanza dunque discutete approfonditamente con il vostro medico sul tipo di artrosi che coinvolge il vostro ginocchio per capire quale sia la protesi che meglio si adatta per la vostra malattia. Se siete interessati potete consultare altri video tutorial.

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