Dieta e protesi: un’alimentazione sana può migliorare il recupero dopo l’intervento?

L’obesità rappresenta uno dei più importanti fattori di rischio per lo sviluppo di artrosi dell’anca e del ginocchio e l’intervento di protesi spesso é l’unica soluzione terapeutica efficace di fronte a questa patologia. Considerando l’aumento del numero di complicanze intra- e post- operatorie nel paziente obeso, non è raro che la prima misura di intervento consigliata dall’ortopedico consista proprio nella perdita di peso prima dell’intervento chirurgico. Associare dieta e protesi è dunque una carta vincente su tutti i fronti. Vediamo come possiamo ottenere un risultato efficace prima dell’intervento chirurgico di protesi di anca o di ginocchio.

Dieta e protesi: quali vantaggi?

Un approccio multidisciplinare deve avere come scopo non soltanto quello di informare il paziente sui potenziali rischi dell’intervento, ma soprattutto quello di sensibilizzarlo nell’intraprendere un percorso di rieducazione alimentare in modo da ottenere una efficace riduzione del peso prima di affrontare un intervento di protesi di anca o di ginocchio, minimizzando i rischi legati alla condizione di obesità e al sovrappeso.

Dieta e protesi: primo obiettivo misurare il grado di obesità

Lo strumento maggiormente utilizzato è il calcolo dell’Indice di Massa Corporea (BMI), che non è altro che il rapporto tra il peso (espresso in Kg) e il quadrato dell’altezza (espressa in metri). Questo parametro serve ad inquadrare un soggetto in una categoria che può andare dal sottopeso, al normopeso, fino a obesità di grado III. Sono normopeso gli individui con un BMI compreso tra 19 e 25. Avere un BMI maggiore di 25 espone il paziente a maggiori probabilità di sviluppare patologie che aumentano i rischi durante un intervento chirurgico. Tra queste ricordiamo: malattie cardiovascolari, ipertensione, diabete di tipo 2, ischemie, apneee notturne e Sindrome metabolica (una condizione caratterizzata dalla concomitanza di patologie cardiovascolari, sovrappeso e diabete 2).

Dieta e protesi: una corretta alimentazione migliora lo stile di vita prima dell’intervento

La perdita di peso pre-intervento rappresenta il primo step per il miglioramento dello stile di vita del paziente e richiede spesso un profondo cambiamento nell’approccio al cibo. Mangiare è l’atto più naturale che un organismo vivente possa compiere, ma il modo in cui mangiamo influisce profondamente sullo stato di salute. Il nostro organismo, per funzionare al meglio, ha bisogno di acqua, di macronutrienti (proteina, carboidrati, lipidi) e di micronutrienti (vitamine e Sali minerali). In media ogni giorno dovremmo quindi introdurre carboidrati, proteine e grassi, in quantità e percentuali variabili in base allo stile di vita, al sesso, all’età e alla quantità di attività fisica fatta quotidianamente.

Parole d’ordine a tavola: moderazione e qualità

Consumare piatti non troppo abbondanti ed evitare cibi spazzatura (merendine, cibo da fast food o cibi molto elaborati a livello industriale) sono il primo passo per prevenire non solo il sovrappeso, ma anche patologie cardiovascolari, diabete e malattie infiammatoria, tra cui le artriti.

Dieta e protesi: come faccio a perdere peso in salute prima dell’intervento?

La paura più grande delle persone in sovrappeso o obese è dover smettere di mangiare o dover seguire una alimentazione noiosa e “triste”. Niente di più sbagliato! Il cibo non deve essere un nemico, ma un alleato e rendere i piatti colorati, divertenti e gustosi è assolutamente fondamentale per aiutare il paziente a modificare il proprio stile di vita.

Perdere peso in salute ecco i trucchi

Non saltare la colazione

Questo è il pasto più importante della giornata. Via libera a pane integrale, frutta fresca, frutta secca, yogurt. Meglio evitare merendine e cibi industriali

Fare gli spuntini

Aiutano ad arrivare non troppo affamati al pranzo o alla cena e ci permettono di mantenere costante la glicemia evitando “su e giù” di zuccheri nel sangue che contribuiscono all’accumulo di grassi – sgranocchiare verdure crude durante la preparazione dei pasti, aiuta a evitare di “lanciarsi” in dispensa e divorare formaggi, grissini e salumi. Le fibre, inoltre, danno sazietà e riducono l’assorbimento di zuccheri e grassi.

Evitare zuccheri semplici

No categorico a merendine, zucchero nel caffè, bevande gasate e dolciumi, ricchi di zuccheri semplici. Lo zucchero è una molecola altamente infiammatoria, quindi va maneggiata con cura!

Creare piatti completi

Quello che prepariamo deve avere una parte di carboidrati complessi, meglio se integrali (pasta integrale, orzo, riso integrale, farro, quinoa…), una parte di proteine animali o vegetali (carne, pesce, legumi, formaggi magri, uova), una parte di grassi buoni (olio extravergine di oliva) e una bella porzione di fibre (verdure, meglio se di stagione)

Rispettare la stagionalità

La frutta e la verdura di stagione, oltre a essere più ricchi di antiossidanti, vitamine e Sali minerali, sono anche meno trattate con pesticidi…inoltre costano molto meno! Le fibre delle verdure danno molta sazietà, aiutando anche a ridurre le porzioni di carboidrati, grassi e proteine

NO categorico a cibi industriali e molto elaborati

Anziché comprare una cotoletta, non è meglio prepararsela? Non è più sano mangiare una fetta di ciambella fatta in casa piuttosto che comprare merendine?

Fare almeno 20 minuti di camminata a passo veloce al giorno

Il movimento aiuta non soltanto nella perdita di peso, ma anche nel mantenimento dei risultati! 

Dieta e protesi: le domande comuni

Quanto tempo ci vuole per perdere peso? Quanti chili dovrò perdere prima dell’intervento? Dovrò continuare a perdere peso anche dopo? Queste domande sono molto frequenti tra i pazienti sovrappeso o obesi che dovranno sottoporsi ad intervento di protesi articolare e la risposta dipende dalla gravità del sovrappeso e dalla motivazione del paziente. In genere, in pazienti obesi, è auspicabile perdere circa il 10% del peso corporeo prima dell’intervento per poi continuare con un bel percorso di rieducazione alimentare fino al raggiungimento del peso forma, anche dopo l’intervento chirurgico. I tempi sono variabili da paziente a paziente e dipendono molto da fattori come l’età, il sesso e la presenza di patologie metaboliche. È noto che la perdita di peso pre-operatoria riduca i rischi per il paziente e facilita la ripresa delle normali attività dopo l’intervento chirurgico.

Aiutare le articolazioni a tavola

Preservare il benessere articolare a tavola si può: ci sono infatti modelli alimentari ricchi di cibi che aiutano le nostre articolazioni, rafforzandole e contribuendo a mantenerle in salute. Uno di questi è la Dieta Mediterranea. L’olio d’oliva rappresenta la fonte principale di grassi in questo tipo di regime alimentare, è ricco di acidi grassi monoinsaturi (MUFA) e di composti fenolici, tocoferolo e carotenoidi che hanno una riconosciuta azione antiossidante e anti-infiammatoria. L’olio d’oliva è inoltre ricco di oleuropeina, idrossitirosolo e oleocantale, sostanze che agiscono da antiossidanti, riducendo l’azione delle citochine pro-infiammatorie e fanno da inibitori degli enzimi coinvolti nella cascata infiammatoria. La Dieta Mediterranea è inoltre ricca di frutta e verdure che forniscono vitamine del gruppo C (per esempio gli agrumi) e di cibi che costituiscono una ottima fonte di Omega 3 (pesce azzurro, frutta secca, semi). Sia la vitamina C che gli omega 3 svolgono un ruolo protettivo di enorme importanza sulle articolazioni, e garantiscono il benessere dei condrociti (le cellule che costituiscono la cartilagine) e della matrice extracellulare che li circonda.

Dieta e protesi: riduzione del dolore articolare

Così come una corretta alimentazione e la perdita di peso pre-operatoria rappresentano un valido strumento per la preparazione all’intervento chirurgico, allo stesso modo una corretta alimentazione post-operatoria può aiutare il paziente a una ripresa più rapida e alla riduzione del dolore articolare. La cartilagine, infatti, è un tessuto connettivo in cui le cellule (i condrociti) sono immersi in una matrice extracellulare costituita per lo più da collagene di tipo II, proteoglicani e aggrecani. Nelle artriti si assiste ad una progressiva perdita delle caratteristiche strutturali del tessuto e pertanto uno degli obiettivi della riabilitazione post-operatoria è proprio quello di riacquistare una corretta funzione articolare e una corretta omeostasi della cartilagine; in questo processo la dieta gioca un ruolo fondamentale.

Gli alimenti antinfiammatori naturali

Esistono molti alimenti contenenti sostanze antinfiammatorie naturali, in grado di agire sulla riduzione di molti dei sintomi tipici del post-operatorio, come ad esempio il dolore cronico. Tra questi ricordiamo:
– ZENZERO: ricco di gingerolo, aiuta nella riduzione dell’infiammazione e del dolore muscolare e articolare

– ANANAS: contiene Bromelina,un vero e proprio anti-infiammatorio

– TIMO: ha un effetto simile al Desametasone sulla riduzione del dolore

– CILIEGIE: riccissime di antiossidanti, che danno sollievo dal dolore

– OLIO EXTRAVERGINE D’OLIVA: contiene Idrossitirosolo, un importante antiossidante e alcuni composti simili da un punto di vista molecolare all’Ibuprofene

– SALMONE E PESCE AZZURRO: sono ricchi di Omega3, acidi grassi responsabili della riduzione dello stato infiammatorio a livello articolare

– UVA ROSSA: contiene Resveratrolo, dalle note proprietà anti-infiammatorie

– OLIO DI PESCE: contiene acido Decosaexoico (DHA) e acido Eicosapentoico (EPA), entrambi dalle proprietà anti-infiammatorie

Dieta e protesi: un approccio multidiscplinare

È possibile, dunque, concludere che una dieta sana, insieme alla perdita di peso pre- operatoria e a un programma riabilitativo studiato ad hoc migliorano fortemente la qualità di vita del paziente nel post-operatorio. Il percorso ottimale vede l’intervento ed il lavoro di equipe dell’Ortopedico, del Nutrizionista e del Fisioterapista, che effettueranno una valutazione complessiva del paziente, ottimizzandone il recupero sul breve e lungo termine.

Protesi di spalla: obiettivo tornare alla normalità

La protesi di spalla anatomica deve essere la prima scelta

La protesi di spalla è un intervento che può rendersi necessario di fronte ad un consumo dell’articolazione di grado avanzato che provochi un grave disturbo nelle attività di tutti i giorni. Negli anni i risultati di questo intervento si sono mostrati sempre più affidabili, consentendo a molte persone di tornare a condurre una vita normale.

Indicazioni della protesi di spalla: anatomica o inversa

Nel tempo si sono anche delineate delle linee guida per la scelta del tipo di impianto. Ogni volta che i tendini siano irreparabilmente danneggiati è consigliato l’impianto della protesi inversa, mentre quando i tendini sono normali la scelta cade su un impianto anatomico. Il risultato in termini di recupero del movimento più simile possibile a quello normale, la protesi anatomica è di gran lunga superiore alla protesi inversa.

Facilità del recupero e risultati a distanza

Alcuni fattori collaterali hanno però portato molti chirurghi a scegliere un impianto non anatomico anche quando i tendini sella cuffia dei rotatori sono presenti in considerazione di due fattori. La facilità del recupero post-operatorio nelle protesi inverse e la paura che una cuffia intatta in un paziente anziano possa non essere funzionale. Si aggiungono anche dei dati molto incoraggianti sulla sopravvivenza dell’impianto inverso di epoca moderna.

Dobbiamo abbandonare dunque l’impianto anatomico?

Le statistiche parlano chiaro: la protesi anatomica in pazienti anziani con tendini integri ha risultati ottimali in termini di punteggi sia di soddisfazione soggettiva del paziente sia di parametri oggettivi. Smettere di impiantarla solo per timore di fallimenti sarebbe un errore. Ne ha parlato recentemente il dottor Gilles Walch, maestro mio e di intere generazioni di chirurghi della spalla, durante il Barcelona Shoulder Course 2018. La giusta selezione del paziente e la corretta tecnica chirurgica devono essere la guida per impiantare sempre più frequentemente protesi anatomiche, quando sia ovviamente possibile.

Il paziente ideale per la protesi anatomica di spalla

I criteri di selezione sono noti e non vanno abbandonati. Le artrosi concentriche che abbiano un consumo dell’articolazione senza risalita della testa omerale sono l’obiettivo. L’indagine TAC è essenziale per valutare la possibilità dell’impianto. L’analisi TAC permette in previsione di un impianto protesico di valutare parametri fondamentali. Confermare l’integrità della cuffia valutando l’atrofia grassa dei ventri muscolari della cuffia dei rotatori. Valutare il tipo di usura ossea per correggere ove possibile inclinazione e versione della glena. Se sei interessato ad approfondire tutte le opzioni di trattamento esiste puoi guardare la pagina dedicata all’artrosi della spalla.

Il posizionamento della glena nella protesi di spalla

Il punto cruciale per la sopravvivenza dell’impianto diventa dunque il corretto posizionamento della superficie glenoidea. La ricerca ci viene incontro dunque con impianti sempre più evoluti che diventano osteointegranti, permettono di correggere deficit di orientamento e permettono di ospitare innesti di osso dove necessario per colmare difetti altrimenti incolmabili con la tecnica di preparazione.

Messaggio finale per i pazienti che devono essere operati di protesi di spalla

La protesi di spalla non è una sola. Esistono differenti tipologie e differenti tecniche per adattare la chirurgia alle necessità del paziente. E’ fondamentale sviscerare il problema prima di operarsi per capire veramente quale sia la scelta ottimale. In particolare bisogna chiedersi se i propri tendini della cuffia dei rotatori siano integri oppure no. Già dalla radiografia ci può essere un’idea per il tipo di consumo. L’esame TAC diventa poi fondamentale per chiarire lo stato dei muscoli della cuffia dei rotatori. Il passaggio successivo è la stima dei difetti ossei. Dove ci sia un difetto osseo correggibile bisogna prepararsi ad affrontarlo. Difetti ossei maggiori potranno invece far propendere per impianti differenti.

Artrosi bilaterale di ginocchio: risolverla in un unico intervento

Nell’artrosi bilaterale di ginocchio gli interventi simultanei sono possibili

Il consumo di un’articolazione può colpire simultaneamente entrambe le ginocchia. Si parla di artrosi bilaterale quando i sintomi del consumo colpiscono entrambe le ginocchia insieme. I pazienti più giovani che hanno l’indicazione all’intervento di protesi possono oggi operare entrambe le ginocchia durante un solo intervento. Vediamo nel dettaglio rischi e benefici della procedura.

Artrosi bilaterale delle ginocchia: quando bisogna operarsi

L’intervento nell’artrosi non è la sola cosa possibile. Tante persone trovano un beneficio sufficiente dalla terapia che noi chiamiamo conservativa, cioè senza intervento. Ho spesso approfondito questo argomento parlando di riabilitazione e di trattamenti infiltrativi più o meno avanzati. Quando allora bisogna davvero operarsi? Esistono due condizioni che fanno scegliere il paziente e il suo ortopedico per l’intervento. La prima è la presenza di una radiografia fatta bene che mostra una cartilagine completamente finita. La seconda è una compromissione importante della qualità della vita che non migliora con i trattamenti conservativi (senza intervento).

Contatto osso su osso alla radiografia sotto carico

Le radiografie sono uno strumento fondamentale per inquadrare un’artrosi bilaterale o monolaterale di ginocchio. Devono però essere eseguite correttamente. In pronto soccorso ad esempio è inutile andare. Si rischia di perdere una giornata, si toglie il posto a persone che hanno bisogno urgente di cure e si esce con un esame completamente inutile in quanto vengono eseguite lastre per le fratture e non per l’artrosi. Le lastre corrette vengono fatte sotto carico, cioè stando in piedi. Solo così si riesce a visualizzare correttamente quanto sono consumate le cartilagini. A seconda di dove fa male poi possono essere chieste diverse “proiezioni”. Le proiezioni non sono altro che le pose di quando si scatta una foto. Per avere un’idea precisa del viso di una persona si scatta una foto di fronte e una di profilo. Così si costruisce un indentikit perfetto. La stessa regola si applica alle radiografie. Una radiografia che mostra sotto carico un consumo osso su osso della cartilagine ha indicazione all’intervento. Ma non è il solo criterio. Il medico chirurgo non opera radiografie, ma persone. Passiamo dunque al secondo criterio necessario per operarsi.

Riduzione inaccettabile della qualità della vita

A volte ci sono persone che convivono bene con l’artrosi. Non farò mai un intervento a queste persone anche se le radiografie sono distrutte. Se una persona con lastre distrutte deve rinunciare a qualcosa che gli piace, convivere con il dolore o riuscire a muoversi prendendo farmaci antinfiammatori ogni giorno, allora conviene operarsi. Altrimenti no. Consideriamo sempre il rischio di distruggersi lo stomaco con pillole di antinfiammatori ogni giorno. I nostri ospedali sono pieni di persone che hanno ulcere o gastriti croniche per abuso di farmaci antinfiammatori. Piuttosto che arrivare a quello, molto meglio operarsi per risolvere il problema.

Artrosi bilaterale con qualità della vita compromessa

Quando si arriva a soddisfare entrambi i criteri precedenti e i dolori sono identici da entrambi i lati è possibile risolvere il problema contemporaneamente in un unico intervento. A volte è proprio consigliato di farlo. A volte invece è il paziente che preferisce per avere un’unica riabilitazione. Vediamo quali sono i criteri per operare contemporaneamente un’artrosi bilaterale di ginocchio.

Vantaggi di una protesi bilaterale simultanea di ginocchio

Trattamento delle gravi deformità

Quando le ginocchia si sono molto stortate per l’artrosi, dopo operati il ginocchio malato può danneggiare quello appena operato perchè si appoggia su di esso durante il cammino. Questo è particolarmente vero nelle gambe a X dette tecnicamente ginocchia valghe.

Risparmio di tempo

Unico intervento per artrosi bilaterale di ginocchio significa unico ricovero, unica fisioterapia, unico recupero. Si elimina il problema una volta per tutte. Questo elemento è solitamente un vantaggio per chi ancora ha attività lavorativa intensa e ogni giorno di assenza comporta una perdita economica.

Risparmio economico

Una protesi bilaterale costa di meno. Tutto ciò che si acquista o noleggia per il recupero post-operatorio serve per entrambe le ginocchia. Anche le sedute fisioterapiche sono uniche. Il costo di un solo ricovero a pagamento si riduce.

Svantaggi di una protesi di ginocchio bilaterale simultanea

Maggiore invasività

Questo è certo. Due ginocchia insieme affaticano molto di più il fisico. Si tratta pertanto di un intervento che può essere gestito solo in centri di riferimento con protocolli avanzati di gestione medica perioperatoria. Devono essere applicate tutte le precauzioni per: avere un intervento rapido, limitare le perdite di sangue, non immobilizzare mai il paziente. Il percorso deve seguire quindi le logiche del FAST TRACK. Proprio per questo motivo selezioniamo accuratamente in base ad età e salute generale i pazienti adatti alla procedura. Caso per caso si valuterà poi se i rischi maggiori valgono la pena di essere corsi o no.

Non c’è un arto buono su cui appoggiarsi

Questo è un falso mito. Quando proponiamo un intervento bilaterale è perchè le ginocchia sono distrutte bilateralmente. Non operiamo mai ginocchia che non causano una grave limitazione al paziente (vedi sopra). Chi ha eventuale indicazione alla simultaneità di intervento, non avrebbe nessuna gamba buona su cui appoggiarsi in nessun caso. Nemmeno operandole una alla volta.

Candidato ideale alle protesi di ginocchio bilaterale simultanea

Si tratta di pazienti giovani generalmente sotto i 60 anni di età. Sono pazienti con un consumo osso su osso della cartilagine alla radiografia. Sono pazienti con dolore intenso e grave compromissione della qualità della vita che conivolge entrambe le ginocchia in ugual misura.

Sono ideali i casi in cui una sola parte del ginocchio è malata e c’è dunque indicazione alla protesi monocompartimentale di ginocchio. In questo caso infatti l’invasività dell’intervento è più che dimezzata e i rischi di una bilaterale simultanea sono sovrapponibili a quelli che si corrono operando un solo lato alla volta.

Non bisonga avere avuto o soffrire di malattie importanti che compromettano il cuore, il respiro o la funzionalità di organi vitali come fegato o reni. Non bisogna soffrire di diabete scompensato o altre gravi patologie metaboliche.

Se pensate di appartenere a questa categoria di pazienti parliamone in ambulatorio e discutiamone il reale vantaggio in termini pratici.

Il conflitto femoro-acetabolare dell’anca

Dolore all’anca in giovane età: può trattarsi del conflitto femoro-acetabolare.

L’articolazione dell’anca è costituita da una testa femorale sferica e una coppa acetabolare nel bacino. Non si è molto parlato fino ai tempi recenti di un problema che può riguardare i giovani adulti specialmente che praticano sport che comporta estrema flessione e intra-rotazione dell’anca: il conflitto femoro-acetabolare dell’anca. In realtà il conflitto femoro-acetabolare è comune nei giovani pazienti che lamentano un dolore inguinale a volte trafittivo nei movimenti di flessione estrema o nei cambi improvvisi di direzione. Sono spesso pazienti a cui viene fatta fare una radiografia che apparentemente viene refertata senza alcun problema.

L’origine del dolore inguinale entra in diagnosi differenziale tra differenti malattie. Può essere confuso con il dolore che deriva da ernie inguinali, magari microscopiche. Spesso viene interpretato specialmente negli sportivi come una pubalgia o una forma di tendinite degli adduttori. Molto raramente invece è diffusa nell’ambiente ortopedico la conoscenza del conflitto femoro-acetabolare.

artroscopia anca milano per il conflitto femoro-acetabolare

 

 

 

 

 

Il conflitto femoro-acetabolare è entrato a far parte prepotentemente nella pratica clinica di tutti i giorni. Consiste nel contatto anomalo tra il collo femorale e il bacino del paziente. Questo contatto può essere determinato da una deformità sul collo femorale oppure da uno scorretto orientamento della coppa acetabolare.

Quale che sia l’origine del problema questo contatto anomalo avviene principalmente in una posizione di flessione associata a rotazione interna. Tale movimento è particolarmente comune in pratiche sportive come nel portiere di Hockey su ghiaccio (poco comune nelle nostre aree), ma anche in tutti gli sport con movimenti in flessione estrema come lo sci, oppure in chi per lavoro sta molto tempo seduto (autisti o piloti professionisti).

Il problema in parole povere

L’articolazione non è libera di avere tutta la sua escursione per un eccesso di osso o sul bacino o sul femore. Da cosa dipenda non si sa: alterazione congenita probabilmente. Certo è che questo continuo contatto è una delle probabili cause scatenanti dell’artrosi in età avanzata. In parole povere: se trascurato può portare a lungo termine all’evoluzione verso l’artrosi.

Ecco in una bella animazione del “The Hip and Groin Clinic” Irlandese che illustra il primo tipo di Conflitto dovuto alla formazione di una “Camma” sul collo femorale. Si vede chiaramente come il problema alimenti la comparsa di consumo e artrosi a livello dell’anca.

Come diagnosticarlo

artroscopia anca milano per la diagnosi di conflitto femoro-acetabolareUna visita accurata e una radiografia in accuratamente eseguita possono mostrare il problema legato al conflitto femoro-acetabolare. L’approfondimento per lo studio dell’articolazione è la risonanza magnetica che ci aiuta ad evidenziare un eventuale danno cartilagineo.

Il trattamento

La risoluzione del problema è l’eliminazione del contatto asportando l’osso in eccesso dal bacino o dal femore. Talvolta correggendo anche eventuali danni cartilaginei o del labbro acetabolare. Oggi è possibile eseguire il tutto in artroscopia, con una telecamera, attraverso piccoli fori attorno all’articolazione. Interventi di artroscopia anca vengono da me effettuati a Milano e Firenze.

Le forme meno gravi possono avvantaggiarsi di un protocollo di fisioterapia per correggere la posizione del bacino aiutando a liberare l’escursione di movimento dell’anca, rinforzare i muscoli, allungare le fasce. Alcuni casi con iniziale condropatia possono avvantaggiarsi di un trattamento infiltrativo con Acido Jaluronico eco-guidato.

Artrosi anca e ginocchio

Principi base sull’artrosi di anca e ginocchio

L’artrosi è una malattia nelle nostre articolazioni che si manifesta con la perdita della superficie della cartilagine che normalmente riveste le nostre articolazioni. Artrosi di anca e ginocchio sono molto comuni.

Generalità sulla cartilagine

La superficie cartilaginea serve a far scorrere in maniera fluida un osso sull’altro senza che percepiamo dolore e senza che  percepiamo una difficoltà nel movimento. Infatti la cartilagine è una superficie molto liscia non innervata che permette lo scorrimento libero di uno sull’altro. Col passare del tempo questa superficie perfetta può perdere le sue caratteristiche diventando ruvida, irregolare, inadatta al movimento.

Le cause che determinano questa problematica che viene comunemente chiamata artrosi possono essere di natura diversa. Possono dipendere da un trauma avvenuto in giovane età, dalla rimozione di un menisco nel ginocchio, da un asse alterato di carico negli arti inferiori.

Come mai l’artrosi provoca dolore

Quale che sia la causa una volta sviluppata l’artrosi non permette le comuni attività che normalmente vengono svolte senza dolore. La degradazione successiva della cartilagine determina la liberazione di piccoli frammenti dell’articolazione che provocano una risposta infiammatoria della membrana interna dell’articolazione con gonfiore, dolore, perdita di funzione.

Nelle forme più avanzate di artrosi si può anche notare una riduzione della possibilità di movimento: estensione o flessione incompleta o difetti di rotazione sono le caratteristiche più comuni. Spesso l’artrosi si fa sentire maggiormente ai primi movimenti: quando ci si alza la mattina, dopo che si è stati seduti a vedere un film al cinema o quando si riprende la propria attività dopo un periodo di riposo. Questo avviene perché il liquido che lubrifica le articolazioni viene a mancare dopo un periodo di riposo e dopo alcuni movimenti si distribuisce compensando all’irregolarità articolari dovuti al consumo.

L’artrosi quindi rientra in quelle patologie degenerative che comportano una perdita di funzione dolorosa delle articolazioni.

Perchè le articolazioni con l’artrosi si deformano

osteofita in artrosi ginocchioUn altro segno di artrosi avanzata è la progressiva deformità delle articolazioni.

Spesso infatti l’artrosi specialmente nelle ginocchia porta la gamba a deformarsi diventando progressivamente vara o valga. Sarebbe opportuno accorgersi di queste variazioni di forma della gamba prima che siano molto avanzate, dato che una grave difformità nell’articolazione rende più difficile l’intervento di sostituzione protesica se necessario.

Un altro segno di artrosi avanzata è la presenza di quelli che si chiamano osteofiti. Gli osteofiti  non sono altro che il tentativo delle nostre articolazioni di ridurre la pressione articolare. Infatti con questo stratagemma il nostro organismo cerca di allargare la base di appoggio dalle due ossa per ridurne la pressione per unità di superficie. È un po’ come il principio delle racchette da neve quando si cammina sulla neve fresca: allargando con le ciaspole la superficie d’appoggio  si riduce la pressione evitando l’affondamento della neve.

Trattare l’artrosi senza intervento

Il trattamento dell’artrosi è conservativo cioè senza intervento nelle prime fasi della malattia.

Il trattamento conservativo per l’artrosi dell’anca e ginocchio si basa sulla ginnastica per mantenere il movimento elasticità, sulle applicazioni strumentali in centri di fisioterapia e sulla viscosupplementazione del ginocchio. La ginnastica deve essere impostata da un fisioterapista in maniera tale da trovare il corretto equilibrio tra l’esercizio dell’infiammazione del ginocchio.

Normalmente la migliore ginnastica prevede l’uso dell’acqua in piscine riscaldate e in termini più generali tutta quell’attività che non sia ad alto impatto sulle articolazioni: sono sconsigliate infatti le attività con un salto corsa e in generale tutto quello che prevede un impatto sul terreno. Vanno bene invece bicicletta nuoto e ginnastica dolce.

Per quanto riguarda le terapie fisiche dedicheremo una piccola parte a questa problematica. La viscosupplementazione è invece una tecnica con cui si introduce all’interno dell’articolazione una sostanza a base di acido jaluronico e serve a lubrificare l’articolazione, nutrirla e a ridurne l’infiammazione. Anche per questa procedura abbiamo scritto un articolo dedicato.

Artrosi dell’anca: possibili cause favorenti

Quando parliamo di artrosi dell’anca bisogna considerare alcune peculiarità di questa articolazione. Mentre per il ginocchio le cause più comuni di artrosi consistono in deviazioni di asse e esiti di traumi, nell’artrosi dell’anca esiste un’ ulteriore condizione predisponente dovuta alla forma propria dell’articolazione che è fatta come una sfera in una coppa.

Si tratta di una giuntura molto congruente che ha bisogno di grande stabilità ma allo stesso tempo di ampia possibilità di movimento. Se l’articolazione diventa troppo congruente, si parla di conflitto femoro acetabolare. Il conflitto è riconosciuto come una causa predisponente di artrosi di anca perché provoca un attrito dove non dovrebbe esserci.

Il conflitto può dipendere dal bacino orientato non correttamente e prende il nome di “Pincer” oppure dal collo del femore e prende il nome di “CAM”. Quale che sia il conflitto, l’artrosi dell’anca si sviluppa gradualmente nel tempo e può verificarsi più precocemente in caso di presenza di questo fattore predisponente.

Come accorgersi dell’artrosi dell’anca

L’artrosi dell’anca si manifesta essenzialmente con due sintomi: la riduzione del movimento e il dolore inguinale. La riduzione dell’elasticità del movimento nell’artrosi dell’anca limita prima di tutto le rotazioni. Tipico dell’artrosi dell’anca è la difficoltà di legarsi le scarpe o mettersi un calzino in quanto si fa fatica a raggiungersi il piede. Nelle forme più avanzate anche solo stare seduto provoca un dolore.

Il dolore inguinale è il secondo campanello d’allarme. Infatti l’artrosi dell’anca si irradia all’inguine costantemente nel movimento e nel carico. Tipico delle fasi inizali è confondere questo dolore per un’ernia inguinale nell’uomo o per un problema ginecologico nella donna. Talvolta il dolore inguinale scende nell’interno coscia e fa confondere l’artrosi dell’anca con un problema di ginocchio. Attenzione dunque ai sintomi iniziali che un ortopedico può facilmente insegnarvi a riconoscere.

Quando bisogna preoccuparsi dell’artrosi? Il trattamento chirurgico

Tutte le volte che la presenza di dolore nell’articolazione specialmente ai primi movimenti provoca un discorso forte nella vita quotidiana bisognerebbe rivolgersi a uno specialista per eseguire gli esami strumentali più opportuni (di solito una semplice radiografia)  per accertare lo stato di salute dell’articolazione.

Quando la radiografia dimostra che l’artrosi dell’articolazione è troppo avanzata per essere trattata con una terapia conservativa, allora il trattamento diventa chirurgico.

Per alcune categorie di pazienti che sono ancora giovani e con l’articolazione poco consumata alcune tecniche di ridistribuzione del carico come le osteotomie possono essere indicate.  Il principio di queste procedure si basa sulla correzione dei difetti dell’asse dell’arto inferiore per far passare il carico nel punto meno usurato dell’articolazione. Sono interventi che comportano una frattura dell’osso che viene poi sintetizzata con dei mezzi di fissazione.

In pazienti più anziani e quando vi sia un consumo completo dell’articolazione, quel consumo che noi definiamo osso sull’osso, allora l’unica soluzione è sostituire l’articolazione con una protesi.

La protesi non è altro che un impianto solitamente in titanio o cromo cobalto che viene fissato sull’osso e che fa scivolare un’articolazione sull’altra tramite l’utilizzo di una plastica estremamente dura chiamata polietilene. Un paziente con un’artrosi “osso su osso” sarà sicuramente molto soddisfatto dell’impianto di una protesi. Questo intervento non è libero da complicanze che sono peraltro piuttosto rare,  ma che devono essere conosciute dal paziente prima di affrontare l’intervento.

Nell’area Video Tutorial esistono contenuti registrati che spiegano passo passo tutte le principali implicazioni legate ad un intervento di protesi.

Conclusioni

In conclusione: l’artrosi è una malattia degenerativa delle articolazioni che comporta la perdita progressiva della superficie liscia che permettere lo scivolamento di un osso sull’altro chiamata cartilagine.

Questa degenerazione può essere di livello diverso e pertanto a trattamenti diversi per ogni stadio di malattia. Le forme precoci possono essere trattate senza chirurgia con una buona fisioterapia e con l’uso della acido jaluronico. Si può rallentare l’evoluzione del consumo nei giovani tramite degli interventi chiamati osteotomie. Per le forme di artrosi avanzata la soluzione definitiva consiste nella sostituzione protesica dell’articolazione.

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