Spalla lussata: quali strategie nel paziente anziano?

Una spalla lussata è un evento traumatico che riguarda pazienti normalmente giovani. Qualche volta però la fragilità della cuffia dei rotatori determina una particolare suscettibilità di questo episodio anche nei pazienti anziani. Spesso la scelta di cosa fare per risolvere un’instabilità nell’anziano non è facile.

L’intervento di Trillat si pone talvolta come valida alternativa per gli esiti di una spalla lussata nell’anziano.

Spalla lussata nell’anziano: come può succedere?

Una spalla lussata nell’anziano succede dopo un trauma. Questo trauma può essere più o meno ad elevata energia. Una semplice caduta sul braccio può causarla. Normalmente i piccoli traumi sono attutiti dalla presenza degli stabilizzatori dinamici, cioè dalla cuffia dei rotatori. L’anziano spesso ha dei tendini molto esili e anche un piccolo trauma può causare una spalla lussata.

Cosa fare subito

Come prima cosa è necessario recarsi in un pronto soccorso. Una lussazione infatti può nascondere anche una frattura ossea che deve essere esclusa prima di qualsiasi manovra. In pronto soccorso verrà eseguita una radiografia per questo e poi la spalla lussata verrà rimessa a posto. Il braccio verrà immobilizzato in un tutore per circa 2 settimane. Poi sarà possibile rieducare la spalla.

Le lesioni dei tendini della cuffia dei rotatori dopo una spalla lussata

La cosa più probabile nell’anziano è che i tendini della cuffia dei rotatori siano lacerati durante la lussazione. E’ di fondamentale importanza pertanto valutarne lo stato mediante accertamenti che inizialmente possono essere anche semplici. Un’ecografia infatti può bastare per escludere grossolane lesioni e mettersi al riparo da sorprese a distanza.

Prospettive di recupero per un anziano con la spalla lussata

Se non ci sono state fratture e la cuffia dei rotatori (i tendini della spalla) sono integri, con la fisioterapia si raggiungerà con elevata probabilità un recupero completo. Generalmente una volta guariti i tessuti e recuperati i muscoli non si dovrebbero verificare nuovi episodi di fuoriuscita.

Se invece i tendini sono lesionati potrebbe essere faticoso recuperare la forza nel movimento. Talvolta poi la lesione è talmente grave che la spalla può tornare a fuoriuscire con facilità estrema. E’ come se l’associazione tra ampia lesione della cuffia dei rotatori e la perdita dei legamenti costituissero insieme una pericolosa condizione di instabilità.

Possibili trattamenti

La prima procedura in una spalla lussata che associ una lesione massiva della cuffia dei rotatori è sicuramente la riparazione della lesione tendinea. Qualche volta però tale procedura non è possibile per la presenza di una grave lesione cronica retratta. In questi casi, prima di ricorrere ad una protesi di spalla, è possibile eseguire in artroscopia un intervento detto di Trillat.

L’intervento di Trillat per trattare gli esiti di una spalla lussata

L’intervento si basa sull’avvicinamento alla parte anteriore della spalla di un osso, detto coracoide, con i tendini del braccio. Attraverso una parziale osteotomia della coracoide si produce un fattore di stabilizzazione importante alla spalla.

È come se avvicinassimo all’omero un paracadute che interviene solo nel caso la spalla voglia nuovamente uscire. L’intervento può essere svolto in artroscopia con una stabilizzazione tramite ancora e bottone.

L’intervento è un vero salvataggio per quelle spalle instabili con lesioni irreparabili dei tendini in cui una protesi sarebbe un intervento troppo aggressivo per l’assenza di un’artrosi di spalla.

In conclusione: la spalla lussata non riguarda solo i giovani, ma può porre gravi problemi di trattamento nelle persone più anziane per l’associazione di una lesione tendinea con una lesione legamentosa. In quei casi in cui i tendini non siano più riparabili e l’artrosi non sia presente, un intervento poco invasivo in artroscopia può consentire una risoluzione dell’instabilità.

Questo intervento è l’intervento di Trillat. Questo intervento costituisce una valida alternativa a trattamenti più invasivi come la protesi di spalla per la risoluzione dei sintomi.

Lesione di Bankart: artroscopia o Latarjet?

La lesione di Bankart è il danno più frequente dopo una lussazione anteriore di spalla. Dopo anni di riparazione in artroscopia di questo danno, i risultati della letteratura sembrano incoraggiare verso una maggiore riflessione riguardo al trattamento. Non sempre infatti l’artroscopia sembra essere il trattamento ideale. L’intervento di Latarjet dovrebbe invece essere considerato come opzione in alcune categorie di pazienti.

Lesione di Bankart: come mai si chiama così?

La spalla che esce può diventare un vero problema anche nelle attività quotidiane e non deve essere sottovalutata. Dopo il primo episodio di lussazione traumatica anteriore, i legamenti vengono danneggiati. Il danno è generalmente un distacco dalla parte anteriore della scapola. Il primo chirurgo che descrisse questo danno fu il dottor Arthur Bankart nel 1923. Da allora questa lesione ha preso il nome di lesione di Bankart. Si tratta quindi semplicemente del nome della prima persona che ha descritto il fenomeno.

Lesione di Bankart: perchè non va trascurata

I motivi sono vari. Innanzitutto psicologicamente non potersi fidare della propria spalla diventa un problema grave nella vita quotidiana, anche per i piccoli gesti di vita quotidiana. Esistono pazienti che si lussano girandosi nel letto, sbadigliando o giocando con i propri figli. La seconda considerazione da fare è che la fuoriuscita continua della spalla provoca lesioni croniche di osso, cartilagine e legamenti sempre più gravi. Partendo quindi da un semplice danno legamentoso, possiamo arrivare nelle lussazioni multiple a danni ossei e cartilaginei. Non da ultimo chi pratica sport in solitaria ha un grave rischio a non trattare una lesione di Bankart. Immaginiamo un atleta di windsurf che si lussa in mare aperto oppure un alpinista che si lussa arrampicando. E’ facile immaginare le conseguenze estreme di una lussazione di spalla.

Se vi fosse appena capitata una lussazione di spalla, leggete le 5 cose da fare subito dopo una lussazione per non incorrere in una instabilità cronica.

Le procedure di riparazione della lesione di Bankart

Storicamente due sono gli approcci riparativi per le lesioni di Bankart della spalla in esito di lussazione. La riparazione in artroscopia (che ha soppiantato l’intervento di Bankart originario che prevedeva un intervento classico con il taglio) e la riparazione tradizionale secondo Latarjet. Da anni però ci si sta interrogando sui risultati della riparazione artroscopica della lesione di Bankart, chiedendosi quando sia meglio ricorrere alla Latarjet come alternativa chirurgica.

Fattori di rischio per la riparazione artroscopica della lesione di Bankart

Sono stati dunque identificati sulla base dei risultati degli interventi eseguiti alcune categorie di pazienti che hanno un tasso di fallimento maggiore di altri. Un famoso chirurgo francese ha descritto anche un punteggio che cerca di guidare la scelta dell’intervento da eseguire. Vediamo quali sono i criteri da considerare.

L’ètà del soggetto influenza la recidiva dopo riparazione della lesione di Bankart

L’età sembra essere uno dei fattori cruciali per la recidiva. Tanto più si è giovani, tanto più c’è un rischio di fallimento. Lo spartiacque sembrano essere i 20 anni di età. Questo è un criterio generale e vale anche per il rischio di recidiva dopo un primo episodio di lussazione traumatica della spalla.

Il tipo di sport e il livello a cui si pratica incidono sulla guarigione

Questo criterio è intuibile. Se una persona pratica sport di contatto e se lo fa a livello elevato avrà più rischio di recidiva dopo riparazione della lesione di Bankart in artroscopia. Gli stress e le forze applicate all’articolazione saranno senza dubbio maggiori rispetto allo sportivo amatoriale e agli sport che non prevedono un contatto fisico con l’avversario.

La lassità legamentosa influenza la lesione di Bankart

Questo è un concetto un po’ meno facile. La lassità è una condizione parafisiologica che porta ad avere un’elasticità maggiore del collagene. Si tratta di individui molto snodati che riescono ad assumere posizioni estreme. Questi soggetti anche una volta riparati correttamente in artroscopia continueranno a essere elastici. Questa elasticità potrebbe logorare la riparazione della lesione di Bankart e favorire nel tempo ulteriori episodi.

Presenza di difetti ossei: lesione di Hill-Sachs (difetto osseo di omero) o lesione di Bankart ossea (difetto osseo di glena)

Abbiamo detto che le lesioni croniche o quelle ad alto trauma possono logorare anche l’osso oltre ai legamenti. Se manca la stabilità ossea allora anche la riparazione migliore di una lesione di Bankart è destinata al fallimento. In questi casi è necessario se il difetto è marcato ricostruire l’osso prima di riparare i legamenti, oppure fare in modo che una lesione di Hill-Sachs omerale non sia più in grado di nuocere con il Remplissage.

Nel video qui sotto si vede la tecnica di Latarjet per ricostituire il difetto osseo di glena (scapola). Non è l’intervento di Latarjet originale che io eseguo, ma rende bene l’idea del perché serva a compensare un danno osseo.

Lesione di Bankart: come scegliere il trattamento?

In conclusione dunque la scelta dipende da molteplici fattori e va adattata da caso a caso. Volendo semplificare il tasso di fallimento della riparazione artroscopica della lesione di Bankart si riduce drasticamente sotto il 10% se il paziente ha piu di 20 anni, non pratica sport di contatto, ha un’elasticità normale e non presenta alcuna lesione ossea. In questo caso l’artroscopia è il trattamento ideale perchè poco invasivo e statisticamente risolutivo nella maggior parte dei casi. Quando invece ci troviamo di fronte a pazienti che hanno danneggiato l’osso, sono iper-elastici e praticano sport ad elevato livello il tasso di fallimento può diventare inaccettabile oltre il 35%. Diventa quindi fondamentale passare ad una tipologia di intervento drasticamente differente come la Latarjet che consente risultati a lungo termine largamente superiori al prezzo di una ovvia maggiore invasività.

Bibliografia: Thomazeau H et al, Can we improuve the indication for Bankart arthroscopic repair? Orthop Traumatol Surg Res 2010, 96(8):77-83

Lussazione posteriore spalla: una trappola diagnostica

Una lussazione posteriore della spalla è molto più rara rispetto alla lussazione anteriore. Ed è possibile che venga disconosciuta ad una prima analisi. Vediamo quali sono le cause che possono determinarla e come è possibile diagnosticarla e curarla.

Lussazione posteriore spalla: meccanismi del trauma

La causa più comune di lussazione posteriore della spalla consiste in un trauma diretto da avanti a dietro con la spalla chiusa flessa ed intra-ruotata. Tipicamente una caduta durante lo sport può determinarla. Un differente meccanismo traumatico meno frequente, ma altrettanto tipico può essere identificato nelle convulsioni epilettiche oppure in caso di folgorazioni.

Come può sfuggire alla diagnosi una lussazione posteriore di spalla?

Certamente un trauma importante non può passare inosservato, ma a volte si pensa che il dolore sia dovuto semplicemente alla botta presa. La radiografia tradizionale che viene eseguita normalmente in pronto soccorso potrebbe non mostrare nulla di alterato. Il braccio poi dopo un trauma viene normalmente immobilizzato in un tutore e il gioco è fatto: la lussazione posteriore di spalla sfugge alla diagnosi.

Quando ci si accorge di una lussazione posteriore di spalla?

La cosa più evidente che si può notare è la mancanza di movimento in rotazione esterna. Un omero lussato posteriormente infatti si blocca nelle rotazioni che sono impossibili. Questo è il principale criterio di sospetto per una lussazione posteriore. Inoltre la porzione della scapola detta coracoide, normalmente poco visibile anteriormente, diventa particolarmente prominente. Nei soggetti magri poi può essere percepita una salienza posteriore della testa omerale.

I test di immagine necessari se si sospetta una lussazione posteriore di spalla

La lussazione posteriore della spalla può essere evidenziata anche radiograficamente con proiezioni specifiche. Immagini di secondo livello come TAC o Risonanze Magnetiche possono avere la loro utilità specialmente nella valutazione degli esiti cronici. La TAC forse è superiore in un momento acuto perchè è in grado di escludere facilmente lesioni associate come le fratture.

Il trattamento di una lussazione posteriore spalla

Il trattamento deve essere personalizzato sul tipo di paziente e sull’entità del danno. Un paziente molto anziano e compromesso come salute generale può anche essere seguito conservativamente se mantiene un’elevazione sufficiente senza dolore. Una persona giovane senza marcati danni ossei può essere trattato mediante una riduzione della lussazione in narcosi. E’ imprescindibile una sedazione completa in queste manovre in quanto manovre traumatiche con paziente sveglio hanno un rischio troppo alto di provocare fratture.

Interventi chirurgici per lussazione posteriore spalla

La chirurgia delle lussazioni posteriori di spalla può essere necessaria per un danno osseo o per danni legamentosi. Il danno osseo può essere colmato con innesti a livello della testa omerale o della scapola. In alcuni casi per marcate deformità della testa omerale anche un impianto protesico può essere considerato.

Conclusioni

Una lussazione posteriore di spalla è un evento traumatico che può essere misconosciuto in una prima analisi. Una deformità della spalla unita alla impossibilità ad extraruotare il braccio sono i sintomi più evidenti. Il meccanismo del trauma o una crisi epilettica possono essere elementi anamnestici di sospetto. Il trattamento è variabile ma come spesso accade la tempestività è fondamentale per ottenere un risultato migliore.

Lussazione di spalla: cosa fare subito

Lussazione di spalla: come comportarsi la prima volta?

La lussazione di spalla è un evento molto disorientante quando succede per la prima volta. Sia nel momento acuto del trauma sia dopo che si è usciti dal pronto soccorso. Spesso rimangono molte domande nella testa una volta usciti dall’ospedale.

In caso di lussazione di spalla cosa possiamo fare per non commettere errori sul suo trattamento? Cerchiamo di chiarirlo in questo articolo.

Prima azione: risolvere con celerità la lussazione di spalla

Trovandosi di fronte a qualcuno a cui esce la spalla la cosa migliore è non tentare di rimetterla al suo posto da soli. Esistono diversi modi in cui la spalla può incarcerarsi dopo essere uscita. Non è facile capire in che modo tirare la spalla per rimetterla in sede. Inoltre a seconda del trauma possono anche verificarsi delle fratture. Queste potrebbero provocare danni maggiori al malcapitato se tirate malamente.

In ultima analisi, in pronto soccorso è possibile avere una sedazione. Oltre a non far sentire dolore all’infortunato, consente una manovra meno traumatica dato che anche i muscoli si rilassano. Primo messaggio: fuggire il fai da te e recarsi celermente in pronto soccorso per ricevere le prime cure.

Seconda azione: orientarsi dopo la dimissione dal pronto soccorso

Il trattamento di una lussazione di spalla proposto la maggior parte delle volte consiste nel tenere il braccio immobilizzato per circa 3 settimane. Questo non è sempre e per tutti il trattamento migliore. Ci sono alcuni criteri statistici che regolano il comportamento dopo la prima lussazione di spalla. Sono spesso complessi da capire per il paziente. Talvolta non sono molto chiari a chi non si occupa specificamente di chirurgia della spalla.

Tre criteri essenziali spingono verso un trattamento con la sola immobilizzazione del braccio: età avanzata, basse richieste sportive, assenza di danni ossei alla radiografia. Un metodo semplice per avere un’idea da non esperti è leggere il referto della radiografia. Cercare frasi come: “non sono evidenti lesioni di Hill Sachs”. Oppure “non frammenti ossei della glena”. Nei casi in cui rimangano dei dubbi conviene eseguire accertamenti di secondo livello per guidare il trattamento terapeutico.

Terza azione: gli accertamenti di secondo livello

C’è dunque un vantaggio per alcune categorie ad eseguire immediatamente un esame di secondo livello per una lussazione di spalla. In particolare modo per i giovani sportivi che hanno un tasso elevatissimo di ri-lussazioni a breve termine (in alcune categorie si lussano una seconda volta in più del 50% dei casi). Conviene dunque in questi pazienti sapere prima il tipo di danno che hanno riportato con la prima lussazione.

In particolar modo con una risonanza magnetica si possono evidenziare i danni legamentosi (lesione di Bankart antero inferiore), farsi un’ idea di eventuali danni ossei sull’omero (lesione di Hill Sachs) o sulla glena (lesione Bony Bankart). Alcuni lavori hanno anche evidenziato come alcuni danni capsulo legamentosi evidenziati in risonanaza possano avere un vantaggio ad essere immobilizzati in rotazione esterna del braccio invece che con il braccio chiuso al torace (come comunemente viene fatto in pronto soccorso).

Quarta azione: decidere se operarsi subito

Un ragazzo giovane sportivo con un danno legamentoso importante associato ad un difetto osseo di omero o di glena (scapola), in particolar modo se costituzionalmente molto elastico di legamenti ha un’indicazione netta all’intervento chirurgico anche dopo un solo episodio di lussazione.

Tale atteggiamento ha inoltre un vantaggio netto in termini riabilitativi, evitando di sottoporsi a lunghi periodi di fermo per un trattamento conservativo (senza intervento) destinato statisticamente a tassi di fallimento molto elevati. In sostanza la riabilitazione per il trauma si sovrappone a quella per l’intervento in un unico periodo di fermo, abbassando statisticamente la percentuale di rischio di nuove lussazione (NB anche operandosi c’è un rischio di recidiva che può arrivare al 15-20% in alcune statistiche).

Quinta azione: scegliere il trattamento corretto

Qualsiasi sia la scelta, trattamento senza intervento o con intervento, l’obiettivo è solo uno: muoversi nella maniera giusta. Per quanto riguarda la scelta non chirurgica è fondamentale: una corretta immobilizzazione da mantenere un tempo ragionevole (3 settimane nella maggior parte dei casi possono andare bene). Poi iniziare un trattamento riabilitativo che aiuti i tessuti a guarire correttamente e favorisca il recupero del corretto controllo della propria articolazione. Il terapista esperto saprà guidare il paziente in un percorso di recupero funzionale adeguato caso per caso alle sue necessità.

Per la chirurgia invece la scelta è tra il trattamento artroscopico che consiste nella riparazione della lesione capsulare e legamentosa riproducendo fedelmente l’anatomia normale dei legamenti che si sono staccati, oppure il trattamento con incisione tradizionale (a cielo aperto) secondo Latarjet.

Il lettore più attento potrà trovare nelle pagine di chirurgiarticolare ulteriori approfondimenti riguardanti la tecnica chirurgica di una riparazione di lussazione. Generalmente il vantaggio dell’intervento in acuto è che è possibile la riparazione anatomica in artroscopia, meno invasiva della Latarjet, nella maggior parte dei casi.

 

Dolore persistente alla spalla: cosa fare?

Un dolore persistente alla spalla può essere sintomo di una lesione del tendine sovraspinato

Molto spesso chi lamenta dolore alla spalla sono persone giovani e attive, al contrario di quello che si possa pensare: non è dunque un problema legato al progredire dell’età.

Il più delle volte si tratta di una tendinite della cuffia dei rotatori, l’infiammazione dei tendini che rendono possibile l’uso del braccio quando si solleva sopra la testa. La soluzione? Una terapia mirata per l’infiammazione e talvolta un’integrazione lubrificante per il tendine giungono alla soluzione. Il percorso ideale? Uno studio diagnostico di base ecografico e radiologico danno un quadro generale escludendo rotture che meritano un approccio chirurgico invece che semplicemente riabilitativo.

Ma qualche volta un paziente con dolore alla spalla, correttamente inquadrato con accertamenti di base, ben trattato per l’infiammazione e riabilitato, continua ad avere dolore. Questa situazione è frustrante tanto per il paziente quanto per il medico. Di fronte ad un fallimento bisogna ripercorrere le motivazioni che l’hanno determinato. La causa più comune nel giovane adulto è tipicamente una diagnosi mancata di una lesione parziale del sovraspinato. Spesso infatti un danno da lesione parziale del tendine è causa di un dolore recalcitrante alla guarigione. Cerchiamo di capire meglio questa problematica.

In questo articolo vedremo in particolare come riconoscere e curare una lesione parziale dei tendini della spalla, cosa fare quando il tendine è solo sfilacciato e qual é la cura quando il tendine invece si rompe del tutto.

lesione parziale tendine sovraspinato

Come riconoscere il dolore di un tendine lesionato: i sintomi

I sintomi tipici di una lesione del sovraspinato sono tipicamente il dolore nella parte anteriore e laterale del braccio durante l’attivazione. In pratica quando si prova a sollevare il braccio si innesca un dolore davanti. Qualche volta il dolore  si attiva solo ad un determinato grado di sollevamento diciamo tra i 50 e i 100 gradi di elevazione. A volte il dolore è poco a salire e si accentua a scendere. Può succedere che durante il giorno il tendine lesionato si faccia sentire poco, mentre il dolore compare la notte durante il sonno causando il risveglio. Difficilmente una lesione parziale determina una perdita di forza, più che altro magari si ha paura a fare forza perché si teme il dolore. In termini tecnici si chiama inibizione antalgica al movimento.

Il dolore della spalla è un dolore meccanico e generalmente se si tratta di un tendine è ben riproducibile con un movimento che è sempre lo stesso.

Una lesione nascosta del sovraspinato

Il sovraspinato è il tendine più importante della spalla e quindi anche quello che si lesiona più frequentemente. Chiaramente una lesione completa ha dei sintomi lampanti, che oltre al dolore causano una netta perdita di forza alla visita medica. Inoltre con i comuni accertamenti di base una lesione completa del tendine viene facilmente diagnosticata.

Ma la vita non è sempre fatta di bianco o di nero. Ci sono innumerevoli sfumature. Cosa succede se il tendine ha una cosiddetta lesione parziale? Qualche volta il tendine per un trauma o semplicemente per alcune particolari condizioni legati all’uso scorretto della spalla, può iniziare a cedere senza rompersi del tutto. E magari un ecografista può non segnalare la presenza di lesioni così piccole, specialmente se l’ecografo che viene usato non è ad alta definizione.

Si tratta di sfilacciamenti del tendine che se localizzati nel posto sbagliato possono essere vivamente dolorosi. E non rispondere al trattamento.

La lesione parziale del sovraspinato: possibili trattamenti

Qualche volta dunque non si risponde ai comuni trattamenti per l’infiammazione. Questo perché si cerca di trattare qualcosa che non è la vera causa del problema. Quali dunque i trattamenti per le lesioni parziali della cuffia dei rotatori?

Il trattamento iniziale è conservativo, senza intervento chirurgico. Si prova ad alleviare il dolore con una riabilitazione specifica per sollevare il tendine parzialmente lesionato da un eccessivo carico di lavoro. Inoltre è possibile eseguire procedure infiltrative mirate per arrivare a trattare la sede specifica del dolore, guidando la posizione di inserimento dell’ago con l’ecografia.

Quando e come operare una lesione parziale della cuffia dei rotatori

Quando tutto fallisce allora si apre lo spazio della chirurgia. A seconda del tipo di lesione l’approccio è differente: si può semplicemente grattare la lesione per favorirne la guarigione spontanea oppure ripararla in una maniera vera e propria fissandola all’osso con mini-viti dette ancore in artroscopia.

Lesione parziale del sovraspinato: tanti aspetti diversi

Il tendine sfilacciato come si cura

Questa categoria del tendine sfilacciato include tutte quelle lesioni che sono in realtà delle degenerazioni tendinee. Quando è sfilacciato il tendine non ci sono lesioni complete o parziali ben identificabili. In questo caso si tratta di un consumo generale del tessuto tendineo che si presenta usurato. La cura e i trattamenti di questo problema sono quelli rigenerativi. Dobbiamo infatti procedere con tutti quei trattamenti che favoriscono guarigione e riparazione spontanea del tendine.

Tendine spalla sfilacciato: cosa fare? Gli integratori alimentari sono il primo gradino

Il primo approccio da seguire è l’integrazione alimentare. Siamo sicuri di assumere davvero tutte le sostanze che servono al tendine sfilacciato per rigenerarsi? Negli anni l’industria ha prodotto complessi vitaminici molto completi che possono fornire al nostro fisico tutti gli elementi necessari per riparare le degenerazioni tendinee.

Una possibile cura rigenerativa del tendine sfilacciato: le infiltrazioni di acido jaluronico

Il secondo aspetto è quello della viscosupplementazione. Spesso la cura di un tendine usurato può avvantaggiarsi della instillazione di prodotti rigenerativi e lubrificanti. Da molto tempo infatti si usa acido jaluronico per le articolazioni che soffrono di artrosi. Solo recentemente la ricerca si è concentrata sulle formulazioni possibili per ottenere un risultato sui tendini. Abbiamo oggi acidi jaluronici a bassa densità che penetrano nel tessuto tendineo favorendone il nutrimento e la rigenerazione.

Le terapie biologiche per il tendine sfilacciato: gli estratti di piastrine

Un terzo aspetto è utilizzare estratti di piastrine per fornire una spinta rigenerativa al tendine. Si tratta di quando comunemente chiamato PRP: un concentrato dei fattori di crescita contenuti nelle piastrine e usate dal nostro organismo per riparare le ferite. Tali sostanze estratte e concentrate possono essere infiltrate sui tendini per favorirne la guarigione.

Tendine lesionato: la lesione parziale come si cura?

Il tendine con una vera e propria lesione non ha più la capacità di auto ripararsi o rigenerarsi. Si entra quindi in questo caso quando tutte le terapia sono fallite nell’ambito chirurgico. Bisogna pertanto entrare nell’articolazione con una telecamera (artroscopia) per visualizzare la lesione, ravvivarla e riattaccarla saldamente all’osso. Vediamo come si cura la lesione tendinea.

La tecnica dall’interno detta anche “in situ”

Questa è la tecnica che amo di più ed è anche la più raffinata. Tutto il tendine ancora sano viene preservato, mentre dall’interno si va a fare sanguinare il tessuto e si introducono piccolissime ancore che sono fatte tutte di filo. Si tratta di mini punti di sutura di 1,8mm che vengono poi fatti passare attraverso al tendine con degli aghi da siringa. Per capirsi meglio si tratta di un intervento di vera chirurgia miniaturizzata che consente di prendere il meglio di tutte le tecniche conservative e riparative. Alla fine non si distingue più la lesione e il tendine risulta completamente aderente all’osso dove farà una cicatrice valida.

La tecnica dall’esterno con completamento della lesione

Una lesione parziale può essere associata ad una gravissima degenerazione del tessuto tendineo residuo. Questo residuo a volte diventa cotonoso e innstabile. In questi casi invece che eseguire una riparazione in situ conviene asportare tutto il tessuto malato e reinserire il tendine nella sua posizione originale attaccandosi sul buono. Si procede pertanto alla rimozione di tutto il residuo con uno strumento motorizzato per poi eseguire la tecnica classica di reinserzione con ancore come se fosse una lesione completa.

I gesti accessori durante l’artroscopia: l’acromionplastica e la borsectomia

Quando si interviene su una lesione parziale del tendine, il lavoro chirurgico consiste principalmente nel curare il tendine inserendolo nuovamente da dove si è staccato mediante delle ancore. Esistono anche due gesti accessori che si accompagnano generalmente alla riparazione tendinea che sono l’acromionplastica e la borsectomia.

L’acromionplastica viene eseguita per tutte quelle lesioni che si verificano sulla parte superficiale del tendine. Infatti c’è un nesso specifico tra l’ulcerazione della parte superficiale del tendine e il conflitto sottoacromiale. Spesso infatti in questi casi l’osso della scapola al di sopra dei tendini assume delle forme aggressive a uncino che possono via via usurare la superficie tendinea. Una volta riparato il tendine si deve eliminare la protuberanza dell’osso limandola con uno strumento che assomiglia ad una piccola fresa da dentista. Questo gesto prende il nome di acromionplastica dal nome di questa parte della scapola che si chiama acromion.

La borsectomia invece consiste nell’eliminare il tessuto borsale che invece può con la sua infiammazione contribuire a generare il dolore della spalla anche a tendini sani.  Si tratta di ripulire il tendine dal tessuto infiammato sovrastante in modo da ottenere un movimento fluido e senza dolore. Tra l’altro l’eliminazione della borsa consente anche la visualizzazione migliore dei tendini per l’esecuzione della loro riparazione.

Per approfondimenti riguardo all’intervento chirurgico:

Patologia della cuffia dei rotatori: il vademecum dell’intervento

Lussazione di spalla: ecco perché non va trascurata

L’immobilizzazione a volte non basta. Come affrontare in modo corretto una lussazione di spalla.

Vi è mai capitato di assistere ad una lussazione di spalla? L’evento è traumatico soprattutto per chi lo vive, ma anche per chi soccorre o assiste il malcapitato.

Storicamente conusciuto come fenomeno anche nell’antichità, la lussazione spesso rende necessaria una visita al pronto soccorso. Qui la spalla viene riportata in sede (tecnicamente si parla di “riduzione della spalla”) e l’arto immobilizzato.

Troppo spesso, nonostante la gravità dei sintomi e la necessità di cure avanzate, è frequente che le persone che hanno subito una lussazione non si preoccupano più di eseguire una visita specialistica per valutare la condizione dell’articolazione. Ci si preoccupa solo se dopo un trauma del genere ci si trova nuovamente di fronte a un problema.

Guarigione senza intervento

Nella migliore delle ipotesi dopo un trauma da lussazione, la spalla guarisce con piccoli danni che permettono una vita normale, magari solo con qualche piccolo difetto dovuto all’instabilità relativa durante le attività più pesanti. Ma questa non è la regola.

Un articolo pubblicato su una delle riviste ortopediche più autorevoli (Robinson CM JBJS Am 2006) ha confrontato il numero di nuove lussazioni dopo un primo episodio trattato solo con immobilizzazione dividendo i pazienti in base all’età. Il risultato già in parte conosciuto è impressionante. Un ragazzino adolescente dopo una prima lussazione ha un rischio di lussarsi nuovamente la spalla pari all’86% nei due anni successivi.

Non possiamo quindi trascurare un episodio di lussazione in un adolescente perché è praticamente certo che la spalla uscirà di nuovo, con tutto quello che comporta una recidiva. Infatti ogni volta che l’omero lascia la sua sede normale oltre a lasciare delle cicatrici indelebili sui legamenti, può danneggiare osso e cartilagini. E’ come se nell’uscire l’osso del braccio, appoggiandosi sulla scapola, subisse delle fratture da compressione alterando in maniera irreversibile l’anatomia normale.

Potrebbe per esempio succedere che una spalla ancora stabile grazie a cicatrici sui legamenti, diventi instabile perché manca un appoggio osseo, una superficie congruente che di per sé contenga l’articolazione. Non solo. Un difetto osseo dovuto a lussazioni ripetute o a singoli episodi molto gravi può rendere impossibile una riparazione tradizionale in artroscopia. Si rende così indispensabile un intervento più complesso.

Come evitare danni maggiori

Un percorso statisticamente virtuoso è possibile. Sei un paziente adulto con un minimo danno legamentoso o osseo e basse attitudini allo sport? Allora la scelta è un percorso riabilitativo che ritorni a fare lavorare correttamente l’articolazione compensando i piccoli danni subiti.

Sei un giovane adolescente sportivo con un episodio traumatico? Allora la chirurgia è la scelta e può essere eseguita anche immediatamente dopo la lussazione. Questo permetterebbe di avere un’unica riabilitazione che faccia coincidere quella del trauma e quella della chirurgia.

E nel mezzo? Nel mezzo ci sono le sfumature, che sono quelle che rendono il lavoro del chirurgo stimolante e fondamentale nel guidare le scelte del paziente.

Il percorso ideale dopo una lussazione di spalla

Qual è dunque il percorso ideale? Dopo il passaggio obbligato in pronto soccorso per rimettere dentro la spalla ed escludere fratture con una radiografia, un esame di secondo livello anche quando ancora la spalla è immobilizzata diventa molto importante per l’indicazione successiva.

Aspettare il termine della guarigione potrebbe non essere una scelta premiante. Una visita dallo specialista di spalla diventa dunque un momento per discutere le scelte migliori alla luce della letteratura scientifica.

Approfondimenti

Intervento di Latarjet per operare i casi complessi di lussazioni multiple della spalla

La lussazione Acromion-Clavicolare: cosa è e come si tratta.

Una guida pratica alle opzioni terapeutiche nel trattamento della lussazione di clavicola.

Vi è mai capitato di sentire parlare della lussazione Acromion-Clavicolare? Se non vi è mai successo non vi preoccupate: è un’articolazione molto piccola situata alla sommità della spalla.

Difficilmente state leggendo questo articolo se non avete già la sensazione che il problema vi riguardi. Questa articolazione si “lussa” cioè esce di sede, perde la sua normale posizione, quando si cade sulla spalla o si ha un trauma diretto. L’immagine frequentemente riportata è quella della caduta sul braccio aperto. Specialmente succede agli sportivi da contatto (rugby particolarmente) e a chi cade di bicicletta o dalla moto.

Le cause della lussazione di clavicola possono essere diverse. Un semplice allentamento della capsula, l’involucro dell’articolazione, oppure per una più grave rottura dei legamenti che la tengono al suo posto: i cosiddetti legamenti coraco-clavicolari.

Il trattamento della lussazione acromion-clavicolare

Il primo trattamento è quasi sempre conservativo, cioè senza intervento. Specialmente per le piccole lesioni che non coinvolgono i legamenti. Si tratta di portare un tutore che sorregga il braccio e di controllare il dolore con antinfiammatori.

Solo alcuni casi molto gravi e quelli che rimangono dolorosi nel tempo possono avvantaggiarsi dall’intervento chirurgico.

Le forme acute della lesione dei legamenti acromion-clavicolare possono trovare soluzione in una stabilizzazione meccanica che favorisca la guarigione dei legamenti, senza gesti ricostruttivi. Nelle forme croniche invece il legamento deve essere ricostruito: esistono diverse tecniche che sfruttano il trasferimento di legamenti vicini o la loro ricostruzione con tendini presi da lontano.

Tutte le tecniche necessitano comunque di un periodo in tutore prolungato di almeno 6 settimane per permettere la guarigione del legamento ricostruito.

La lussazione acuta: operarsi o no?

Normalmente il paziente con un trauma tale da determinare una lussazione acromion-clavicolare si reca in pronto soccorso. In questa sede viene eseguita una visita e una radiografia che non mostra fratture, ma solo un osso “spostato” rispetto alla sua normale posizione. Tale perdita di contatto dell’articolazione prende il nome di lussazione.

Esiste una classificazione di tale lussazione. Solo i gradi estremi devono essere trattati in acuto, quelli in cui lo spostamento è tale da avere un indubbio vantaggio ad essere trattato.

clavicola lussataEsiste poi un terreno di confine, in cui lo spostamento è evidente, ma non così marcato. In questo caso la chirurgia deve essere ben ponderata.

Quali sono gli elementi da prendere in considerazione? Generalmente l’età e il tipo di attività che il paziente compie quotidianamente. Tanto più il paziente è giovane e tanto più elevata è la richiesta funzionale del paziente, tanto più vale la pena di operare in acuto.

Il vantaggio di un immediato intervento di chirurgia è che tale intervento non richiede normalmente una ricostruzione legamentosa, ma solo una stabilizzazione o un piccolo rinforzo. Si sfrutta così la potenzialità di riparazione spontanea del paziente stesso.

In tutti gli altri casi invece conviene fare cronicizzare la lussazione e decidere soltanto in seconda battuta di ricostruire i legamenti solo se la lesione rimane sintomatica. Il sintomo in questo caso è il dolore: se l’articolazione rimane dolorosa vale la pena procedere ad una chirurgia di stabilizzazione, e in questo caso la cronicità del danno richiede una ricostruzione legamentosa.

Come avviene la ricostruzione dei legamenti?

Ricostruzione legamentiLa clavicola è mantenuta stabile nella sua sede dalla presenza dei legamenti coraco-clavicolari. Tali legamenti originano dalla coracoide che è una piccola protuberanza ossea che fa parte della scapola. Nel trauma tali legamenti si rompono.

La ricostruzione avviene tramite una tecnica simile a quella della ricostruzione del crociato nel ginocchio. Diverse tecniche sono state descritte per ripristinare la stabilità non solo sul piano verticale ma anche su quello verticale.

In sostanza si tratta di prelevare un tendine dal paziente stesso e di farlo passare tra coracoide e clavicola nella maniera più simile a quella dell’anatomia normale. Le ossa sono piuttosto piccole e devono essere rispettate delle distanze sufficienti tra i tunnel ossei per non romperle. Nelle lesione croniche bisogna anche provvedere ad una stabilizzazione provvisoria che consenta la guarigione dell’innesto utilizzato.

Nel post-operatorio il nemico più grande della riparazione è il peso del braccio. Il peso tende a lussare nuovamente l’articolazione rendendo difficile la guarigione. Questo è il motivo per cui un tutore che sostenga in maniera solida il braccio è obbligatorio per un periodo di 6-8 settimane.

Le lussazioni Acromion-Clavicolari in breve

Le lussazioni di clavicola sono una patologia traumatica comune. La maggior parte dei casi non devono essere operate, vengono trattate con immobilizzazione in tutore.

Solo i casi più gravi e quelli che riguardano pazienti che hanno richieste funzionali estremamente elevate devono essere operati in acuto immediatamente dopo il trauma. Tutti gli altri casi vengono operati cronicamente solamente se rimane dolore a distanza di tempo dal trauma.

La riparazione del danno cronico necessita della ricostruzione dei legamenti lesionati. Diverso invece è il caso delle lussazioni della spalla che vengono affrontate con un approccio totalmente differente.

Nella lussazione recidivante di spalla il segreto del successo è il tipo di intervento.

Una recente pubblicazione scientifica parla del successo dell’operazione di Latarjet a cielo aperto nell’instabilità di spalla.

Il termine tecnico è quello di instabilità o lussazione gleno-omerale recidivante. Significa che una volta fatta la strada il nostro omero riesce a fuoriuscire dalla sua sede molto facilmente. Generalmente lo fa con un trauma minimo. A volte basta anche uno starnuto. In seguito a episodi ripetuti di “fuoriuscita della spalla” è opportuno cominciare a considerare la possibilità di un intervento chirurgico.

Le tecniche principali di intervento in caso di lussazione o instabilità recidivante di spalla sono l’intervento di Latarjet a cielo aperto (con la classica incisione) e l’Artroscopia (con una piccolissima incisione e l’utilizzo di un artroscopio).

Un’importante pubblicazione scientifica di origine francese mette a confronto le due tecniche chirurgiche, evidenziando i significativi successi dell’intervento a cielo aperto rispetto a quello in Artroscopia. Scopriamo perchè.

Perché operarsi per una lussazione recidivante di spalla.

Ad ogni lussazione, vale a dire ogni volta che la spalla esce dalla propria sede, è possibile che peggiorino i danni per l’articolazione. L’osso si può infatti ammaccare, le cartilagini possono erodersi causando una vera e propria artrosi di spalla. Senza considerare il rischio per chi fa sport in solitaria come Sci Alpino, Arrampicata, Deriva, Windsurf. In caso di lussazione potrebbe infatti mettersi in una vera e propria condizione di pericolo.

Artoscopia e Latarjet: quale tipo di intervento scegliere?

Due interventi sono considerati i capisaldi della chirurgia nelle cosiddette instabilità o lussazioni anteriori recidivanti di spalla: la riparazione in Artroscopia e l’intervento di Latarjet classicamente eseguito a cielo aperto (con il taglio).

Ma quali sono i criteri che guidano la scelta dell’intervento? Dipendono dalla formazione e dalla preferenza personale del chirurgo, oppure ci sono criteri che ci indirizzano verso una delle due scelte?

Fino a poco tempo fa non c’erano pubblicazioni scientifiche esaustive in merito. Nel mese di Marzo 2014 sul Clinical Orthopaedics and Related Research, la Bibbia dell’Ortopedia, è stato pubblicato uno studio dal gruppo di Pascal Boileau di Nizza. Questo studio fornisce chiari criteri di scelta basati sui risultati delle singole procedure. Sono stati valutati 180 pazienti circa operati con l’una e l’atra tecnica seguiti per almeno 4 anni (alcuni anche per 10 anni).  Il risultato in sintesi è stato che l’intervento di Latarjet, antico e stra-collaudato, offre risultati migliori rispetto all’artroscopia in termini di stabilità.

Cosa cambia tra Artroscopia e Latarjet?

L’intervento in Artroscopia consiste nel riparare i legamenti e la capsula lesionati riattaccandoli all’osso da cui si sono staccati. Si tratta quindi di una chirurgia riparativa. Chiaramente può essere eseguita quando c’è qualcosa da riparare. Generalmente è l’intervento ideale per chi ha avuto pochi episodi di lussazione di spalla e vuole avere una riparazione anatomica anche a rischio di una superiore possibilità di recidiva.

L’intervento a cielo aperto di Latarjet consiste invece nell’innesto di un frammento osseo prelevato dalla stessa spalla del paziente. Tale frammento fornisce un triplice effetto di stabilizzazione: ampliamento della superficie ossea, effetto-tutore del tendine congiunto e riparazione capsulare. Questo lo rende l’intervento ideale
grafico latarjet dal punto di vista della stabilità ed indipendente dal fatto che ci sia o meno un valido tessuto capsulo-legamentoso per la riparazione. Diventa quindi intervento ideale per chi non accetta compromessi in termini di stabilità specialmente nei casi di innumerevoli episodi di lussazione dove non c’è materiale valido per una riparazione anatomica.

I risultati del lavoro del gruppo Francese dimostrano questi concetti. I fallimenti con recidiva di instabilità sono il 22% per l’Artroscopia e il 10% per la Latarjet, con una tendenza alla
perdita del risultato nel tempo dell’Artroscopia rispetto ad un mantenimento stabile del risultato nella Latarjet. Fattori di rischio per il fallimento dell’Artroscopia rimangono: l’età inferiore ai 20 anni, sportivi professionali di alto livello, iperlassità congenita.

Dal punto di vista soggettivo non è stata registrata alcuna differenza tra i gruppi.

Il percorso diagnostico-terapeutico

Risulta chiaro pertanto che la scelta chirurgica dipende da molti fattori differenti. Per un corretto percorso è necessario un esame clinico accurato, la visualizzazione degli esami, la raccolta della storia clinica. L’obiettivo è come sempre raggiungere una soluzione adatta al singolo paziente: come sempre la chirurgia che si adatta al paziente e non il paziente che si adatta alla chirurgia.

Per approfondire l’argomento

Visita la pagina del sito dedicata all’instabilità di spalla.

Guarda il video su YouTube che illustra la tecnica artroscopica per la riparazione legamentosa.

Leggi e guarda le immagini dell’articolo del dott. Gilles Walch, riferimento internazionale per l’intervento di Latarjet, che spiega molto tecnicamente l’intervento di Latarjet.

 

Prevenire gli infortuni nello sport: il basket

La pallacanestro è nata nel 1891 dalla mente del dottor James basketNaismith che ebbe l’idea di utilizzare un pallone da calcio e due cesti sfondati per la raccolta delle pesche. Oggi il basket per la sua alta velocità assomiglia appena al gioco originale. Proprio nella velocità estrema del gioco risiede il rischio di infortuni. Si stima che ogni anno si verifichino più di 1,6 milioni di infortuni durante l’attività sportiva legata al basket.

Quali sono gli infortuni più frequenti durante il gioco del Basket?

Distorsioni di caviglia

Il metodo più comunemente usato è il Riposo-Ghiaccio-Compressione-Elevazione. Caso per caso può essere valutata la necessità di ricorrere ad un esame radiografico (di aiuto sono i Criteri di Ottawa) sulla base di gonfiore, ematoma e dolore. Una valutazione medica per escludere danni che necessitino un trattamento ulteriore è comunque spesso indicata.

Dita insaccate

Succede quando la palla impatta sulla punta delle dita provocando gonfiore e dolore di una singola articolazione. Ghiaccio e legatura del dito insieme al dito vicino determinano un sollievo dei sintomi e spesso rendono possibile il ritorno in campo immediato dell’atleta. Se il problema persiste può essere necessario RX e consulto medico.

Lussazioni di spalla

Una lussazione vera e propria richiede il ricorso al pronto soccorso per la riduzione e l’esame radiografico. Spesso il trattamento proposto è l’immobilizzazione fine se stessa. Nell’atleta spesso è opportuna una valutazione rapida con una RMN per valutare l’entità del danno e proporre modifiche al trattamento standard. Un capitolo apposta sulle instabilità è presente nel sito. Sublussazioni e microtraumatismi ripetuti richiedono invece un trattamento specifico e un’attenta visita medica per essere inquadrati.

Distorsioni di ginocchio

Il basket richiede un continuo cambio di direzione e di velocità con uno stress notevole per legamenti e menischi. Danni al collaterale mediale sono comuni e possono essere trattati con successo in maniera conservativa. Cosa diversa sono le lesioni del legamento crociato anteriore possibili nei cambi di direzione e nell’atterraggio dopo il salto. Una lesione completa del crociato determina la necessità della chirurgia.

Come si possono prevenire gli infortuni?

  1. Eseguire una visita medica con il proprio Ortopedico di fiducia che può correggere e prevenire situazioni di rischio per l’atleta.
  2. Fare attenzione ad una corretta idratazione: non aspettate di sentire la sete per bere
  3. Fate attenzione alle condizioni ambientali: caldo e umido eccessivi possono causare colpi di calore
  4. Eseguite sempre una scrupolosa preparazione fisica prima dello sport: spesso sono proprio gli sportivi occasionali a farsi i danni peggiori.
  5. Dopo un periodo di inattività ritornate allo sport di contatto attraverso un percorso di esercizio aerobico, rinforzo muscolare e miglioramento dell’elasticità.
  6. Evitate danni da sovraccarico funzionale prolungato: gli sportivi più longevi sono quelli che si prendono delle pause. Evitate il sovraccarico e la spinta all’allenamento sportivo intenso a cui le società spesso sottopongono gli atleti anche molto giovani. Ascoltate il vostro corpo e riducete tempo e intensità di allenamento se avete dolore o fastidio durante l’attività.

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