Edema della spongiosa ossea subcondrale

Edema della spongiosa ossea significato

Cosa significa quando si legge sul risultato di una Risonanza magnetica (RMN) di ginocchio edema della spongiosa ossea subcondrale?

Quante parole incomprensibili popolano i nostri esami diagnostici. Affrontiamo alcuni termini molto frequenti per provare a capirci qualcosa. Magari prima della irrinunciabile visita medica con lo specialista. Il tema di questo approfondimento è la frase edema della spongiosa ossea subcondrale che può generare alcuni dubbi in chi legge.

Edema della spongiosa ossea subcondrale

Proviamo a scomporre in termini questa frase. Scomponendo in piccole parti tutto diventa più semplice.

Cosa significa edema?

Edema significa gonfiore, ristagno di liquido. Una manifestazione di edema sono le caviglie gonfie in chi ha difetti di circolazione. Ma cosa c’entra l’edema nel ginocchio? E soprattutto nell’osso?

Cosa è la spongiosa ossea?

L’osso è fatto di tre parti: metafisi, epifisi e diafisi. Senza complicare troppo le cose ognuna di queste parti ha funzioni diverse. Vicino all’articolazione l’osso è fatto come una spugna. Prende infatti il nome di osso spongioso o semplicemente spongiosa. E’ ancora una volta una questione di distribuzione dei carichi. La spugna è fatta di trabecole ossee, si tratta di una specie di impalcatura con un intreccio di osso che segue le linee di forza lungo le quali si distribuisce il carico.

Cosa significa subcondrale?

Semplicissimo. Sotto alla cartilagine. Stiamo parlando dello strato di tessuto localizzato appena al di sotto della cartilagine. L’osso spongioso subcondrale è il primo a ricevere e distribuire tutti i carichi derivanti dall’articolazione.

L’interpretazione del referto di risonanza magnetica (RMN)

Torniamo al nostro referto di radiografia. Se nelle righe leggiamo edema della spongiosa ossea subcondrale significa che c’è un ristagno di liquido, un gonfiore all’interno dell’osso appena sotto alla cartilagine. Per capirci è una condizione di sofferenza dell’osso appena al di sotto della cartilagine che può dipendere da cause differenti. Un trauma per esempio. Quando si ha una distorsione di ginocchio le cartilagini entrano violentemente in contatto causando un trauma dell’osso subcondrale. Si tratta della fase prima di una vera frattura. Nella risonanza magnetica l’osso invece di essere grigio scuro diventa una nuvoletta bianca (vedi immagine principale del post). Se non c’è stato un trauma si può trattare di un caso di sovraccarico dell’osso subcondrale da artrosi. Oppure a volte avviene un fenomeno detto algodistrofia che si manifesta in maniera simile.

Edema della spongiosa ossea
Edema della spongiosa ossea subcondrale

Edema della spongiosa ossea subcondrale: cosa fare in pratica?

Ogni volta che su un referto viene scritto: edema della spongiosa ossea subcondrale è necessaria una visita medica perché bisogna capire la causa che l’ha determinato. In caso di trauma bisogna accertare lo stato di legamenti e menischi. In caso di riscontro senza trauma bisogna capire quale delle tante cause sia la responsabile. La terapia è spesso medica ma deve essere seguita attentamente da un medico ortopedico per valutare anche altre opzioni di trattamento che in alcuni rari casi possono in seconda battuta diventare interventi chirurgici.

 

Per approfondimenti un interessante articolo scientifico.

Distensione fluida della borsa gastrocnemio-semimembranoso

Cosa significa quando si legge sul risultato di una Risonanza magnetica (RMN) o di una ecografia di ginocchio distensione fluida della borsa gastrocnemio-semimembranoso (Cisti di Baker)?

Quante parole incomprensibili popolano i nostri esami diagnostici. Affrontiamo alcuni termini molto frequenti per provare a capirci qualcosa. Magari prima della irrinunciabile visita medica con lo specialista.

Il tema di questo approfondimento è la frase distensione fluida della borsa gastrocnemio-semimembranoso, altre volte scritta come Cisti di Baker che può generare alcuni dubbi in chi legge.

Distensione fluida della borsa gastrocnemio-semimembranoso (cisti di Baker)

Proviamo a scomporre in termini questa frase. Scomponendo in piccole parti tutto diventa più semplice.

Cosa significa distensione fluida?

Il nostro corpo non ammette spazi vuoti. Guardando ecografie e risonanze magnetiche, tutti i tessuti sono in continuità l’uno con l’altro. Quando un tessuto si infiamma generalmente produce del liquido. Il liquido occupa le zone meno resistenti riempiendole. Quando queste zone sono riempite di fluido sono ben visibili negli esami perchè sono distese. Questo chiarisce il termine distensione fluida: è liquido infiammatorio in uno spazio virtualmente non presente nel ginocchio normale.

Cosa è una borsa?

Le borse sono strutture sierose morbide che si interpongono tra piani di scorrimento. Tutte le volte che muscoli o tendini devono scorrere l’uno sull’altro liberamente senza attriti, in quel punto c’è una borsa. Essendo molto soffice e scorrevole è il punto dove più facilmente si può accumulare del liquido infiammatorio.

Cosa significa gastrocnemio-semimembranoso?

Sono due muscoli che scorrono l’uno sull’altro nella parte posteriore del ginocchio. E’ il punto dove si trova la borsa che può riempirsi di liquido. In parole semplici è uno spazio tra il polpaccio e i muscoli della coscia.

borsa gastrocnemio-semimembranoso-disegno

L’interpretazione del referto di RMN o ecografia

Torniamo al nostro referto di radiografia. Se nelle righe leggiamo distensione fluida della borsa gastrocnemio-semimembranoso (oppure più semplicemente cisti di Baker) significa che c’è un’infiammazione del ginocchio che provoca formazione di liquido che si sfoga nel punto di minore resistenza. Si tratta di uno spazio lasso presente tra due muscoli posteriori e interni del ginocchio che si riempie di liquido.

Cisti di Baker: cosa fare in pratica?

Ogni volta che su un referto viene scritto distensione fluida della borsa gastrocnemio-semimembranoso (cisti di Baker) significa che qualcosa nel ginocchio non sta funzionando bene causando un’infiammazione. Le cause più comuni sono: un menisco degenerato che determina infiammazione cronica al ginocchio; condropatia o artrosi del ginocchio; malattie infiammatorie di origine reumatica.

Quale che sia la causa, di per sé la cisti di Baker non deve essere trattata a meno che non dia grossi fastidi al ginocchio. Per esempio una grave distensione fluida della borsa gastrocnemio-semimembranoso potrebbe impedire un piegamento completo del ginocchio. In questo caso c’è la possibilità di aspirare la cisti sotto guida ecografica per svuotarla completamente. Spesso il trattamento non è definitivo, ma quanto meno generalmente ci vuole del tempo prima che la recidiva della cisti di Baker avvenga in una maniera così importante come prima.

I casi più gravi possono essere trattati anche chiudendo la cisti in artroscopia con un intervento. Si tratta di casi molto rari e anche la chirurgia può fallire tornando lo stesso problema. Dove si riconosca una causa intrarticolare importante il trattamento del danno determina la risoluzione del problema: per esempio una lesione franca del menisco o un’artrosi importante del ginocchio.

Sclerosi dei tetti acetabolari anca

Cosa significa quando si legge sul risultato di una RX (radiografia) di anca: sclerosi dei tetti acetabolari?

Quante parole incomprensibili popolano i nostri esami diagnostici. Affrontiamo alcuni termini molto frequenti per provare a capirci qualcosa. Magari prima della irrinunciabile visita medica con lo specialista.

Il tema di questo approfondimento è la frase sclerosi dei tetti acetabolari che può generare alcuni dubbi in chi legge.

Vuoi sapere subito cosa fare? Ecco l’infografica: se trovi almeno due problemi che ti riguardano meglio rivolgersi subito all’ortopedico.

sclerosi tetti acetabolari

Sclerosi dei tetti acetabolari

Proviamo a scomporre in termini questa frase. Scomponendo in piccole parti tutto diventa più semplice.

Cosa significa sclerosi?

La sclerosi è un indurimento. Tutti i tessuti hanno una loro specifica densità normale. La densità dei tessuti è direttamente corrispondente alla loro funzione. Il tessuto morbido sotto il tallone serve ad ammortizzare. Quello duro delle ossa serve a sorreggere. La densità dei menischi serve ad ammortizzare e stabilizzare. Anche le articolazioni hanno una loro densità. L’osso appena al di sotto della cartilagine si chiama osso subcondrale. Questo è il primo strato di osso che trasmette il carico dell’articolazione al resto dello scheletro. Stiamo parlando dunque di uno strato di tessuto molto soggetto al peso del corpo. Quando l’articolazione è normale, la cartilagine, spessa alcuni millimetri specialmente nelle anche, provvede a distribuire il carico a tutto l’osso subcondrale senza che si concentri in alcun punto specifico. La sclerosi subcondrale è dunque un primo esempio di coxoartrosi.

Come si vede la sclerosi ossea in radiografia

La sclerosi ossea è questo indurimento dell’osso sotto la cartilagine dovuto a un sovraccarico dell’articolazione. Nella radiografia la sclerosi si manifesta con l’addensamento dell’osso che appare come una linea rinforzata. L’osso normale nella coxartrosi bilaterale dell’anca si presenta in radiografia con una graduale scala di grigi. Invece, quando comincia ad addensarsi, risulta come una linea bianca più spessa al di sotto dello spazio articolare. In un modo ancora più semplice la sclerosi ossea viene segnalata dal radiologo nel referto della radiografia ogni volta che è visibile nella lastra.

La sclerosi subcondrale ossea come primo segnale di artrosi dell’anca (coxartrosi)

Quando la cartilagine comincia a mancare il carico si concentra in pochi punti. L’osso sub-condrale subisce quindi un carico concentrato. La reazione dell’osso ad un carico concentrato provoca un cambiamento della sua densità. L’addensamento dell’osso si vede sulle radiografie e il radiologo scrive sul referto frasi come:

  • sclerosi dell’osso subcondrale;
  • sclerosi localizzata in zona di carico;
  • sclerosi dei tetti acetabolari;
  • aree di sclerosi articolare.

Abbiamo dunque capito che la sclerosi è una reazione di difesa del nostro osso in risposta ad un sovraccarico dovuto alla perdita parziale della cartilagine.

La coxartrosi bilaterale può manifestarsi con una sclerosi dei tetti acetabolari

Un quadro iniziale di coxartrosi (artrosi dell’anca) può manifestarsi bilateralmente provocando fastidi ad entrambe le anche. Molto spesso ci troveremo di fronte a un quadro lievemente differente tra le due articolazioni. Infatti ognuno di noi ha un lato dominante che utilizza preferenzialmente. La cosa più comune è trovare da un lato un’artrosi di I o II grado secondo Kellgren Lawrence e sull’altro lato una sclerosi dei tetti acetabolari. Solo nei quadri molto iniziali le due anche saranno identiche.

Cosa sono i tetti acetabolari?

Gli acetaboli sono parte dell’articolazione dell’anca. Sono come delle coppe scavate nel bacino che accolgono la testa del femore per costituire l’articolazione dell’anca. I tetti acetabolari sono la parte dell’acetabolo (del bacino) soggetta alla maggior parte del carico. Si tratta del tetto dell’articolazione dove passa tutto il peso del corpo. È chiaro dunque che sotto il peso del corpo questa sia la prima parte soggetta a sclerosi in caso di perdita di cartilagine.

Tetti acetabolari: quando preoccuparsi?

Di fatto la sclerosi dei tetti acetabolari è un qualcosa di benigno e molto iniziale nella manifestazione dell’artrosi dell’anca. Gli aspetti del tetto acetabolare che devono preoccupare maggiormente sono piuttosto la presenza di calcificazioni, la presenza di un tetto acetabolare sfuggente e la presenza di osteofiti acetabolari.

Calcificazioni acetabolari

Le calcificazioni sono sempre un segno di sofferenza infiammatoria dell’articolazione. Si tratta di presenza di calcio in tessuti che normalmente devono essere morbidi. La trasformazione calcifica dei tessuti provoca una rigidità che è causa di frequenti infiammazioni dolorose. Non esiste una vera e propria terapia delle calcificazioni acetabolari, ma si possono fare cure mirate al controllo dell’infiammazione e al mantenimento dell’elasticità del movimento.

Tetto acetabolare sfuggente

Questa caratteristica è tipica di una displasia dell’anca. Abbiamo detto che l’acetabolo è come una coppa accogliente che ospita l’articolazione dell’anca. La mancanza di un’adeguata copertura la testa del femore tende a uscire verso l’alto dal suo alloggiamento. Chiaramente le strutture capsulari e legamentose sono così forti che non provocano una lussazione dell’anca, ma si crea una condizione di sublussazione e carico eccentrico che provocano usura. Questa condizione nota come displasia dell’anca o sfuggenza del tetto acetabolare va seguita molto attentamente nel tempo. Se presente in età giovanile può essere trattata nei casi più gravi con osteotomie di bacino, in età adulta conviene procedere con una protesi d’anca prima che il consumo sia tale da rendere altamente complesso questa soluzione.

Osteofiti acetabolari

Quando si parla di osteofiti siamo sempre in un quadro avanzato di artrosi. L’osteofita è una protuberanza dell’osso che il nostro corpo crea per distribuire più largamente le pressioni in assenza di cartilagine. Questo sforzo potenzialmente positivo, genera una situazione controproducente per il movimento che viene di fatto incarcerato e bloccato da queste formazioni ossee. Gli osteofiti sono la prima causa di rigidità dell’anca con artrosi limitando gravemente il movimento di rotazione e rendendo di fatto molto difficile raggiungere il piede per vestirsi, mettere un calzino o allacciarsi le scarpe.

Come si diagnostica la sclerosi dei tetti acetabolari?

La radiografia del bacino sotto carico è in grado di evidenziare questo problema. Si tratta di una lastra comune. L’unica accortezza come sempre è che venga eseguita con il peso del corpo cioè con il paziente in piedi. Infatti nelle radiografie la valutazione dell’entità della cartilagine residua è valutabile in maniera indiretta. Infatti la cartilagine si dice che è radiotrasparente, cioè non si vede un una radiografia normale. Al contrario si vedono bene le ossa. Chiaramente in assenza di carico cioè se non si sta in piedi, lo spazio che si vede in radiografia tra un osso e l’altro potrebbe essere dovuto ad una articolazione rilassata e non alla effettiva presenza di cartilagine. Viceversa se la radiografia viene eseguita “sotto carico” cioè con il paziente in piedi lo spazio che resta tra il femore e il bacino nell’articolazione dell’anca (coxofemorale) sarà con certezza dovuto alla presenza di cartilagine, a prescindere o meno dalla presenza della sclerosi subcondrale dei tetti acetabolari.

L’interpretazione del referto di radiografia

Torniamo al nostro referto di radiografia. Se nelle righe leggiamo sclerosi dei tetti acetabolari significa che c’è una sofferenza della cartilagine dell’anca. Generalmente non si tratta di un consumo completo che verrebbe descritto con parole diverse. Si impone però una valutazione ortopedica per la visione diretta delle immagini. Una valutazione diretta delle immagini quantifica il grado di usura presente e determina un trattamento.

Evitiamo le preoccupazioni inutili

Un referto radiologico è la descrizione di un’immagine. Tale descrizione si presta pertanto ad una interpretazione soggettiva della realtà. Se chiedessimo a 3 critici di arte di descriverci la Gioconda di Leonardo molto probabilmente ognuno si fermerebbe in maniera molto diversa a descriverne i dettagli. Allo stesso modo può succedere ai radiologi nella descrizione di una sclerosi dei tetti acetabolari di trovare termini molto diversi per parlarne, talvolta anche esagerando nella loro descrizione. La valutazione di un problema ortopedico come ricordiamo sempre non può prescindere da due cose fondamentali: la visita medica e la visualizzazione diretta dell’immagine da parte dell’ortopedico. Prima di preoccuparci inutilmente vediamo dunque nella pratica cosa fare nell’ultimo capitolo.

Sclerosi dei tetti acetabolari: cosa fare in pratica?

Ogni volta che su un referto viene scritto: sclerosi dei tetti acetabolari bisogna cominciare a preoccuparsi per un’artrosi dell’anca. Generalmente però in questa fase il trattamento è conservativo, senza intervento chirurgico. Una combinazione di rinforzo muscolare, terapia infiltrativa e condroprotettori.

Metodo pratico per decidere se eseguire una visita dallo specialista

Se avete avuto la diagnosi di sclerosi dei tetti acetabolari o di una coxartrosi su un referto radiografico se rispondete di si ad almeno 2 di queste domande vale la pena di eseguire una visita specialistica ortopedica per affrontare il problema.

  • Ho dolore all’inguine mentre cammino e sollevo la gamba. Tipicamente fa male quando entro ed esco dalla macchina o dopo che ho camminato per 500 metri. Se faccio di più la notte mi fa molto male
  • Ho difficoltà a raggiungere il piede per vestirmi o infilare un calzino
  • Prendo più di 2-3 volte al mese un antinfiammatorio per ridurre il dolore che sento
  • Ho smesso di fare cose che prima facevo per via del dolore: non faccio più sport, non esco con gli amici, evito alcune attività in casa
  • Ho notato che la gamba che mi fa male è diventata più corta dell’altra: è come se quando cammino sul lato che fa male mi mancasse del terreno sotto al piede e le persone cominciano a dirmi che zoppico mentre cammino

Se vi riconoscete in queste parole una visita specialistica ortopedica è necessaria per chiarire l’origine del problema e affrontarla con terapie conservative o chirurgiche adeguate allo stadio della vostra malattia.

Approfondimenti per chi lo desidera sulla coxartrosi di anca

Per chi volesse approfondire l’aspetto delle immagini radiografiche può visualizzare questa radiografia di bacino che può aiutare a rendersi conto di come appare una radiografia dell’anca sana e malata.

La protesi di anca deve essere riservata solo alle artrosi con completa scomparsa della rima articolare.

Se hai una diagnosi di coxartrosi di anca e ti hanno detto che devi operarti puoi trovare cosa significa per noi la chirurgia mini-invasiva secondo il protocollo fast track che eseguiamo presso la clinica IFCA Villa Ulivella di Firenze dove esercitiamo la nostra professione.

Artrosi gleno-omerale con risalita della testa omerale

Cosa significa artrosi gleno-omerale con risalita della testa omerale?

Leggendo il risultato di una radiografia di spalla, può capitare di imbattersi in parole poco comprensibili. Affrontiamo dunque alcuni termini molto frequenti per provare a capirci qualcosa, arrivando magari più preparati all’irrinunciabile visita medica con lo specialista.

Il tema di questo approfondimento è la frase: artrosi gleno-omerale con risalita della testa omerale che può generare alcuni dubbi in chi legge.

Proviamo a scomporre in termini questa frase. Dividendo in piccole parti tutto diventa più semplice.

Cosa significa artrosi?

L’artrosi, affrontata molte volte in queste pagine, è la malattia da invecchiamento della cartilagine. Comporta la perdita del rivestimento liscio che fa scorrere le articolazioni senza dolore. Esistono diverse cure volte a rallentare l’evoluzione dell’artrosi, ma nessuna è veramente in grado, al momento, di guarirla completamente. Nella spalla si tratta spesso di uno sbilanciamento dei tendini dovuto a una rottura che provoca il consumo anomalo.

Cosa significa gleno-omerale?

Gleno-omerale è l’articolazione principale della spalla. L’unione tra la scapola e il braccio. È l’articolazione responsabile della maggior parte dei movimenti della spalla, quindi anche quella che si ammala con maggiore facilità.

La parte della scapola che si articola con il braccio si chiama glena: è una superficie piatta che consente un’enorme libertà di movimento.

La parte del braccio è l’omero che invece è una superficie tonda. Per questo dunque si chiama di articolazione Gleno-Omerale.

Cosa significa risalita della testa omerale?

Per capire come può un osso risalire, dobbiamo prima capire come funziona la spalla.

La spalla è stabile solo per l’azione della cuffia dei rotatori. La cuffia dei rotatori è un insieme di tendini che avvolgono la sfera omerale, stabilizzandola. In poche parole l’azione combinata di questi tendini permette alla testa omerale di rimanere centrata sulla superficie piatta della glena, mentre il deltoide tira per sollevare il braccio. È come se ci fosse bisogno di avere un fulcro stabile per ottenere la funzione del braccio. L’artrosi nella spalla spesso si verifica proprio per un fallimento della cuffia dei rotatori. La mancata stabilizzazione dovuta ai tendini determina la risalita della testa omerale.

L’interpretazione del referto di radiografia

Torniamo al nostro referto di radiografia. Se nelle righe leggiamo artrosi gleno-omerale con risalita della testa omerale significa che c’è un quadro degenerativo con perdita della cartilagine articolare dovuta ad una rottura cronica dei tendini della spalla.

Artrosi gleno-omerale con risalita della testa omerale: cosa fare in pratica?

Ogni volta che su un referto viene scritto Artrosi gleno-omerale con risalita della testa omerale bisogna cominciare a preoccuparsi per un’artrosi della spalla.

Il tipo di trattamento dipende dall’effettiva gravità del consumo rilevato dalle immagini della radiografia e può variare da una terapia conservativa senza intervento chirurgico (una combinazione di infiltrazioni, fisioterapia e norme di vita salutari) fino alla necessità di un intervento di protesi inversa di spalla, solitamente riservato a pazienti con un consumo avanzato dell’articolazione.

Per chi volesse approfondire l’aspetto delle immagini radiografiche può visualizzare questa radiografia di spalla che può aiutare a rendersi conto di come appare una radiografia alterata per artrosi.

La protesi di spalla deve essere riservata solo alle artrosi con completa scomparsa della rima articolare.

Riduzione della rima articolare femoro-tibiale

Cosa significa quando si legge sul risultato di una RX (radiografia) di ginocchio riduzione della rima articolare femoro-tibale?

Quante parole incomprensibili popolano i nostri esami diagnostici. Affrontiamo alcuni termini molto frequenti per provare a capirci qualcosa. Magari prima della irrinunciabile visita medica con lo specialista.

Il tema di questo approfondimento è la frase riduzione della rima articolare femoro-tibiale che può generare alcuni dubbi in chi legge.

Riduzione della rima articolare femoro-tibiale

Proviamo a scomporre in termini questa frase. Scomponendo in piccole parti tutto diventa più semplice.

Cosa significa rima articolare?

La rima articolare è lo spazio articolare. Le articolazioni sono l’incontro di due ossa che devono avere un movimento. Per avere un movimento senza dolore bisogna che le ossa siano ricoperte da cartilagine. La cartilagine non si vede nelle radiografie perchè non è dura. Pertanto quando si fa una radiografia dell’articolazione rimane uno spazio apparentemente vuoto tra le due ossa. Questo spazio in termini tecnici si chiama rima. Se la radiografia viene eseguita sotto carico, cioè mentre si sta in piedi con il peso del corpo sopra, la rima rappresenta la quantità di cartilagine presente in un’articolazione.

Cosa è una riduzione della rima articolare?

Quando la rima articolare si riduce significa che diminuisce lo spessore della cartilagine. La malattia che comporta una riduzione dello spessore della cartilagine si chiama artrosi. L’artrosi avviene per usura nelle persone più anziane o nei giovani in seguito a traumi. Non tutte le artrosi descritte come riduzione della rima articolare sono davvero gravi. Dipende da quanto è ridotta la rima. Per averne un’idea serve la valutazione diretta delle immagini da parte di un ortopedico. Una piccola riduzione deve essere trattata senza operazione con infiltrazioni di ginocchio. Solo quando la rima articolare scompare si può parlare di una protesi.

Cosa significa femoro-tibiale?

Sono i nomi delle ossa che compongono l’articolazione. Il ginocchio è l’insieme di tre compartimenti che formano l’articolazione. I più importanti sono il femore e la tibia. Femore e tibia hanno una parte esterna ed una parte interna. Il consumo generalmente avviene nella porzione più soggetta a carico dell’articolazione. Ci sono due tipologie di alterazioni di carico a seconda che il ginocchio sia varo o valgo. Il ginocchio varo è quello che allontana tra loro le ginocchia. Sono le ginocchia tipiche dei fantini o dei giocatori di calcio. Il ginocchio varo consuma la parte interna dell’articolazione. Il ginocchio valgo invece è più tipico delle donne o dei soggetti in sovrappeso. Comporta esteriormente le ginocchia ad X, che si avvicinano tra loro allontanando invece i piedi. Il ginocchio valgo consuma la parte esterna dell’articolazione e la femoro-rotulea.

L’interpretazione del referto di radiografia

Torniamo al nostro referto di radiografia. Se nelle righe leggiamo riduzione della rima articolare femoro-tibiale interna o esterna significa che c’è una sofferenza della cartilagine del ginocchio in una delle sue parti più importanti perchè soggette a carichi importanti. Generalmente non si tratta di un consumo completo che verrebbe descritto con parole diverse. Si impone però una valutazione ortopedica per la visione diretta delle immagini. Una valutazione diretta delle immagini quantifica il grado di usura presente e determina un trattamento, che molto spesso può anche essere conservativo.

Riduzione della rima articolare femoro-tibiale: cosa fare in pratica?

Ogni volta che su un referto viene scritto: riduzione della rima articolare femoro-tibiale bisogna cominciare a preoccuparsi per un’artrosi del ginocchio. Generalmente però in questa fase il trattamento è conservativo, senza intervento chirurgico. Una combinazione di rinforzo muscolare, terapia infiltrativa e condroprotettori.

Per chi volesse approfondire l’aspetto delle immagini radiografiche può visualizzare questa radiografia di ginocchio che può aiutare a rendersi conto di come appare una radiografia del ginocchio malata.

La protesi di ginocchio deve essere riservata solo alle artrosi con completa scomparsa della rima articolare.

Riduzione della rima articolare coxo-femorale

Cosa significa quando si legge sul risultato di una RX (radiografia) di anca: riduzione della rima articolare coxo-femorale?

Quante parole incomprensibili popolano i nostri esami diagnostici. Affrontiamo alcuni termini molto frequenti per provare a capirci qualcosa. Magari prima della irrinunciabile visita medica con lo specialista.

Il tema di questo approfondimento è la frase riduzione della rima articolare coxo-femorale che può generare alcuni dubbi in chi legge.

Riduzione della rima articolare coxo-femorale

Proviamo a scomporre in termini questa frase. Scomponendo in piccole parti tutto diventa più semplice.

Rima articolare cos’è?

La rima articolare è lo spazio articolare. Le articolazioni sono l’incontro di due ossa che devono avere un movimento. Per avere un movimento senza dolore bisogna che le ossa siano ricoperte da cartilagine. La cartilagine non si vede nelle radiografie perchè non è dura. Pertanto quando si fa una radiografia dell’articolazione rimane uno spazio apparentemente vuoto tra le due ossa. Questo spazio in termini tecnici si chiama rima articolare. Se la radiografia viene eseguita sotto carico, cioè mentre si sta in piedi con il peso del corpo sopra, la rima rappresenta la quantità di cartilagine presente in un’articolazione.

Riduzione della rima articolare cos’è?

Quando la rima articolare si riduce significa che diminuisce lo spessore della cartilagine. La malattia che comporta una riduzione dello spessore della cartilagine si chiama artrosi. L’artrosi avviene per usura nelle persone più anziane o nei giovani in seguito a traumi. Non tutte le artrosi descritte come riduzione della rima articolare sono davvero gravi. Dipende da quanto è ridotta la rima. Per averne un’idea serve la valutazione diretta delle immagini da parte di un ortopedico. Una piccola riduzione deve essere trattata senza operazione con infiltrazioni di anca. Solo quando la rima articolare scompare si può parlare di una protesi.

Cosa significa coxo-femorale?

Sono nomi latini. Coxo deriva dal latino e significa coscia letteralmente. Il termine descrive scientificamente l’articolazione dell’anca tra il femore e il bacino.

L’interpretazione del referto di radiografia

Torniamo al nostro referto di radiografia. Se nelle righe leggiamo riduzione della rima articolare coxo-femorale significa che c’è una sofferenza della cartilagine dell’anca. Generalmente non si tratta di un consumo completo che verrebbe descritto con parole diverse. Si impone però una valutazione ortopedica per la visione diretta delle immagini. Una valutazione diretta delle immagini quantifica il grado di usura presente e determina un trattamento.

Riduzione della rima articolare coxo-femorale: cosa fare in pratica?

Ogni volta che su un referto viene scritto: riduzione della rima articolare coxo-femorale bisogna cominciare a preoccuparsi per un’artrosi dell’anca. Generalmente però in questa fase il trattamento è conservativo, senza intervento chirurgico. Una combinazione di rinforzo muscolare, terapia infiltrativa e condroprotettori.

Per chi volesse approfondire l’aspetto delle immagini radiografiche può visualizzare questa radiografia di bacino che può aiutare a rendersi conto di come appare una radiografia dell’anca sana e malata.

La protesi di anca deve essere riservata solo alle artrosi con completa scomparsa della rima articolare.

Corno posteriore del menisco mediale: segnale alterato in RMN

Cosa significa quando si legge sul risultato di una risonanza magnetica di ginocchio la frase: alterato segnale del corno posteriore del menisco mediale?

Quante parole incomprensibili popolano i nostri esami diagnostici. Affrontiamo alcuni termini molto frequenti per provare a capirci qualcosa. Magari prima della irrinunciabile visita medica con lo specialista.

Il tema di questo approfondimento è la frase alterato segnale del corno posteriore del menisco mediale che può generare alcuni dubbi in chi legge.

Alterato segnale del corno posteriore del menisco mediale

Proviamo a scomporre in termini questa frase. Scomponendo in piccole parti tutto diventa più semplice.

Cosa significa alterato segnale in risonanza?

La risonanza magnetica indaga i tessuti del corpo umano mediante un forte campo mangetico che altera il loro stato e ne valuta la composizione. Quello che viene interpretato dalla risonanza magnetica si chiama segnale. Un segnale alterato è qualcosa di non normale certamente. La composizione del tessuto meniscale non risulta normale quando viene colpita dal campo magnetico.

Cosa è il menisco?

Il menisco è una specie di ammortizzatore fatto di fibrocartilagine. Come consistenza assomiglia un po’ al padiglione auricolare schiacciandolo tra le dita. La forma del menisco è come una ciambella aperta a sezione triangolare. Nella risonanza appaiono proprio con questo aspetto triangolare aperto verso il centro del ginocchio.

Cosa è il corno posteriore?

Una ciambella aperta ha due estremità che sono un po’ appuntite. Queste estremità prendono il nome di corni del menisco. I corni sono due, uno anteriore meno soggetto ad usura e uno posteriore molto più sollecitato. I due corni sono congiunti da una porzione intermedia detta corpo del menisco.

L’interpretazione del referto di risonanza magnetica

Torniamo al nostro referto di risonanza. Se nelle righe leggiamo alterato segnale del corno posteriore del menisco mediale significa che c’è una degenerazione del tessuto meniscale. Generalmente l’alterazione del segnale così riportata non significa rottura. Quando non c’è una rottura si tratta di una manifestazione legata all’invecchiamento del tessuto. La degenerazione potrebbe correlarsi solo parzialmente al dolore al ginocchio e non esserne la vera causa.

Alterato segnale del corno posteriore del menisco mediale: cosa fare in pratica?

Ogni volta che su un referto viene scritto: alterato segnale, degenerazione, non sicuri segni di rottura del menisco non è praticamente mai indicata la chirurgia in quanto si tratta di un naturale invecchiamento del tessuto, non una franca rottura. Il trattamento il più delle volte è conservativo, senza intervento chirurgico. Una combinazione di rinforzo muscolare, terapia infiltrativa e condroprotettori.

Per chi volesse approfondire l’aspetto delle immagini di risonanza può consultare il sito Imaios.com che può aiutare a rendersi conto di come appare l’immagine in risonanza.

L’artroscopia sulle lesioni meniscali deve essere riservata solo alle lesioni traumatiche meccanicamente rilevanti.

Lesione subtotale del sovraspinato

Cosa significa quando si legge sul risultato di una RMN (risonanza magnetica) di spalla lesione subtotale del sovraspinato

Quante parole incomprensibili popolano i nostri esami diagnostici. Affrontiamo alcuni termini molto frequenti per provare a capirci qualcosa. Magari prima della irrinunciabile visita medica con lo specialista. Il tema di questo approfondimento è la frase lesione subtotale del sovraspinato che può generare alcuni dubbi in chi legge.

Lesione subtotale del sovraspinato

Proviamo a scomporre in termini questa frase. Scomponendo in piccole parti tutto diventa più semplice.

Cosa significa una lesione in medicina?

Lesione è molto semplice: qualcosa si è rotto e non va bene. Tutte le cose rotte vanno sistemate. La differenza è che alcune si riattaccano da sole, altre invece no. E ancora a qualcuno può andare bene tenersi qualcosa di rotto ad altri no. L’esempio tipico è quello dell’automobile: quante persone corrono dal carrozziere per un graffio alla portiera. Per alcuni è importante, per altri no. Se il guasto non fa accendere il motore allore è ovvio che tutti dal meccanico ci andiamo. Resta assolutamente certo però che nel caso del sovraspinato la lesione non può riattaccarsi o risarcisi da sola.

Cosa significa subtotale in medicina?

Subtotale. Su questo potrebbe non esserci accordo completo. Subtotale significa non completa. Un passo prima di rompersi del tutto. Qui spesso nasce la confusione. Per qualcuno se non è rotto tutto potrebbe non sembrare grave. Torniamo all’esempio dell’auto. Per un graffio sulla portiera nessuno parlerebbe di un danno subtotale. Caso mai si potrebbe parlare di un danno parziale, di poco conto. Quindi subototale significa che si vede ancora qualcosa che resiste di quello che si è rotto, ma è ben poca cosa. Questo aggettivo dunque non è una bella cosa da leggere: significa letteralmente lesione quasi totale.

Cosa è il tendine sovraspinato?

Sovraspinato. Il sovraspinato è un tendine della spalla. Si tratta di un tendine della cuffia dei rotatori. E’ il tendine più frequentemente coinvolto nella degenerazione della spalla. E’ difficile stare davvero bene senza quel tendine a meno di non avere una vita molto sedentaria.

La cuffia dei rotatori è un insieme di tendini e muscoli che mantengono la spalla stabile durante i movimenti di sollevamento del braccio. Il tendine sovraspinato è uno di questi.

L’interpretazione del referto di risonanza magnetica

Torniamo al nostro referto di risonanza. Se nelle righe leggiamo lesione subtotale del sovraspinato significa che c’è una rottura molto ampia di uno dei tendini più importanti della spalla. Quel tendine che ci permette di sollevare il braccio in alto con forza.

Lesione del sovraspinato: cosa fare in pratica?

Ogni volta che su un referto viene scritto “lesione subtotale del sovraspinato”, “lesione completa del sovraspinato”, “non più riconoscibile il tendine del sovraspinato”, “assenza del sovraspinato” è opportuno rivolgersi allo specialista ortopedico di spalla per un consulto. Nella maggior parte dei casi, dove sia ancora possibile il tendine della spalla deve essere riparato per tornare alla normalità.

Per chi volesse approfondire l’aspetto delle immagini di risonanza può consultare il sito Imaios.com che può aiutare a rendersi conto di come appare l’immagine in risonanza.

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